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La lotta contro lo spam è riuscita a unire due aziende da sempre acerrime rivali: America On Line (AOL) e Microsoft. I due colossi statunitensi hanno, infatti, deciso di congiungere le loro forze per tentare quello che singolarmente non sono riusciti a fare, cioè fermare la diffusione delle eMail indesiderate – il più fastidioso problema dell¿era Internet.
AOL e Microsoft chiederanno alle autorità federali una legislazione più efficace e mirata per stanare gli spammer, molto spesso aziende senza scrupoli che chiaramente minacciano la privacy e la sicurezza degli utenti.
Il fenomeno si allarga a macchia d¿olio: si calcola che sia cresciuto di cinque volte negli ultimi 18 mesi, creando un forte disagio ai consumatori, le cui caselle di posta elettronica sono continuamente intasate da messaggi commerciali non richiesti. AOL blocca ogni giorno oltre 780 milioni di ¿junk mail¿ (mail spazzatura), 100 milioni in più di quelle che invia ai propri utenti. ¿Anch¿io ricevo di queste mail– dice il CEO di AOL Jonathan F. Miller ¿ e sono stufo, come tutti i nostri clienti¿. I dirigenti Microsoft ¿ che bloccano almeno 22 mail al giorno per utente – credono che la causa sia da ricercarsi nei bassi costi di invio, che ne fanno un business profittevole anche se a rispondere è una vittima su 100.000.
Visto che gli strumenti anti-spam finora commercializzati non hanno ottenuto i risultati sperati, le due aziende – tra i maggiori ISP mondiali – hanno deciso di chiedere aiuto alle autorità governative, chiedendo pene che includano anche la prigione per gli spammer che continueranno ad abusare della rete per inviare le proprie proposte commerciali. AOL e MSN di Microsoft chiedono, inoltre, di poter accusare i trasgressori di furto e uso illecito di indirizzi elettronici e di comminare multe tanto salate da ridurre gli spammer sul lastrico.
Larry Grothaus, lead product manager di MSN, dice: ¿Crediamo che la combinazione tra strumenti tecnologici, iniziative industriali e normative più rigide possa dare risultati positivi. Una parte importante sarà fatta dalla cooperazione tra le aziende, che cominciano a unire le proprie forze¿.
Lo scorso autunno Microsoft e AOL avevano svelato software per la lotta allo spam definiti ¿rivoluzionari¿, ma ora ammettono di aver perso la battaglia, come sostengono anche i dati diffusi dalle ultimericerche: secondo un rapporto di Forrester Research, per esempio, gli internauti ricevono in media 110 eMail indesiderate alla settimana. Il 39% dei navigatori usa dei filtri per ovviare al problema, ma soltanto un terzo è soddisfatto dei risultati, a dimostrazione che questi strumenti non sempre lavorano come dovrebbero.
Combattere il fenomeno dello spam è essenziale per la soddisfazione degli utenti, che sempre più spesso abbandonano i grandi fornitori d¿accesso proprio per evitare il fenomeno e ¿¿il modo migliore per farlo è allearsi, non farsi la concorrenza¿, dice il portavoce di AOL Nicholas Graham.
In un messaggio inviato da AOL ai propri clienti si legge: ¿Siamo indignati che i nostri bambini siano esposti a messaggi pornografici non richiesti. Siamo stufi dello spam e lo ODIAMO quanto voi!…Gli spammer stanno trovando nuovi metodi illegali per infrangerei filtri e invadere le vostre caselle elettroniche¿crediamo che questa gente non debba trovarsi davanti a uno schermo, ma dietro le sbarre¿.
Molto freddo il commento del terzo ISP americano, EarthLink Inc., che si dice sicuro che una simile richiesta alle autorità non avrà nessun impatto. Per cui l¿azienda punta, per il momento, a combattere ancora sul campo dei filtri, ottimizzando il proprio ¿Spamminator¿, capace di bloccare oltre il 90% delle mail indesiderate.
EarthLink ¿ che ha quasi 5 milioni di utenti ¿ e Yahoo, avvertono gli addetti ai lavori, sono più sicuri rispetto ad AOL e Microsoft, semplicemente perché hanno meno utenti, non perché sono effettivamente più scrupolose o efficaci nei controlli.
Il modello legislativo ideale è quello della Virginia che possiede uno statuto anti-spam e anti-frode che potrebbe essere esteso a tutto il territorio nazionale. Occorrono, comunque, altre leggi più incisive che rafforzino quelle vigenti e che, almeno, costringano il mittente a fornire la propria identità in modo da poter risalire a chi invia messaggi ingannevoli o a chi usa indirizzi privati per scopi illeciti.