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Verizon Communications ha reso noto che ricorrerà in appello contro la decisione della Corte federale della Columbia che la obbligava a rivelare il nome di un utente colpevole di aver scambiato su Internet oltre 600 file musicali.
I legali del Gruppo considerano la decisione incostituzionale e sostengono che sarebbe un grave errore creare un precedente – sulla base della rigida interpretazione del Digital Millenium Copyright Act del 1998 – che ignori in modo così palese le basilari leggi sul rispetto della privacy.
Secondo l”interpretazione del giudice Bates della legge creata per difendere il diritto d”autore su Internet, dice il vice presidente di Verizon John Thorne, “stranieri, truffatori, venditori, creditori, chiunque, insomma, potrà ottenere l”identità degli utenti”.
In pratica, Verizon accusa il giudice di essersi lasciato troppo influenzare dalle pressioni della RIIA – l”associazione dei discografici americani – che starebbe cercando in ogni modo un capro espiatorio per il calo delle vendite dei compact-disc, inarrestabile da quasi quattro anni.
Già dal 1998, comunque, appena fu varata la digital copyright law, i fornitori d”accesso ad Internet hanno adottato una sorta di codice di autoregolamentazione col quale si impegnavano a non rendere accessibili i siti di scambio peer-to-peer, ma – accusano le major – gl”ISP hanno trascurato di mantenere la promessa di disconnettere chiunque avesse cercato di scaricare musica illegalmente. E così gl”investigatori appositamente incaricati dalla RIIA sono passati all”azione rintracciando, attraverso un software automatico, gli indirizzi numerici dei trafugatori e chiedendo al tribunale di obbligare i fornitori d”accesso a rivelare i nomi degli utenti corrispondenti a quei codici.
La RIIA ha anche attivato una campagna di sensibilizzazione verso il problema, inviando centinaia di lettere alle scuole e alle aziende perché l”aiutassero a monitorare gli utenti che navigano su siti di file sharing, intendendo implicitamente che se non avessero collaborato avrebbero potuto essere giudicate corresponsabili di attività illegale.
I dirigenti di Verizon hanno anche dichiarato che la RIIA avrebbe chiesto il permesso di entrare direttamente nei computer del Gruppo “per facilitare l”estrazione dei nomi degli utenti”. La risposta, ovviamente, è stata negativa ed è stata applaudita dalle associazioni dei consumatori e per la difesa della privacy.
I responsabili dell”associazione dei discografici – che riunisce Warner Music, Sony Music, BMG, Universal Music e EMI – non hanno rilasciato commenti sulla vicenda.