Italia
La mobilità volontaria dei dipendenti pubblici italiani è praticamente inesistente: il 99,4% dei dipendenti pubblici non ha mai cambiato “posto di lavoro”. Solo sei lavoratori su mille si sono spostati da una amministrazione a un’altra dello stesso comparto, mentre sono addirittura solo otto su diecimila gli impiegati che hanno cambiato comparto. Non a caso, dunque, la norma che fa più discutere nella Riforma Renzi – Madia (di cui aspettiamo i primi testi ufficiali) è quella sulla mobilità. Alle soglie dei primi testi ufficiali della Riforma della PA delineata in Consiglio dei Ministri lo scorso 13 giugno, la ricerca “Pubblico impiego: una rivoluzione necessaria“, rende disponibile una fotografia della PA italiana, zoomando su dipendenti pubblici e dirigenti.
Per il secondo anno consecutivo FORUM PA realizza uno studio approfondito sullo stato del pubblico impiego in Italia, arricchendolo di un’analisi compartiva con il sistema pubblico di altri due Paesi europei: Francia e Gran Bretagna.
Oltre al dato sulla mobilità, la Ricerca ci consegna la fotografia di una forza lavoro caratterizzata da bassa scolarizzazione, scarsa flessibilità, età avanzata e una dirigenza pagata, in proporzione al reddito medio nazionale, molto più che altrove in Europa.
Contrariamente a Paesi, quali Francia e UK, che hanno ripensato il proprio settore pubblico con una coraggiosa riforma strutturale, cercando di “fare di più con meno”, soprattutto a seguito della forte crisi strutturale della finanza, in Italia c’è stato finora un arroccamento delle posizioni.
Alcuni dati:
- In Italia solo il 10% degli impiegati pubblici ha meno di 35 anni. In Francia e in UK i dati sono ben diversi: i dipendenti entro i 35 anni sono rispettivamente il 27% e il 25%, quelli entro i 25 anni, sono cinque volte di più, 5,4% in Francia e 4,9% in UK;
- I laureati sono poco rappresentati sul totale dei dipendenti pubblici (30,5% contro il 45% in UK e il 50,7% in Francia) e l’istruzione è “debole” anche in ruoli che richiederebbero un titolo di studio superiore (il 49% degli impiegati pubblici amministrativi che si trovano in un posto che richiederebbe una laurea non sono laureati, contro il 4% nel mercato privato);
- Mentre il personale stabile nella PA italiana si è ridotto del 5,6% dal 2001 al 2012, il lavoro flessibile si è ridotto del 30% passando da 438.144 unità nel 2001 a 307.278 unità nel 2012;
- I contratti di collaborazione coordinata e continuativa e assimilati si sono ridotti del 54% dal 2007 al 2012 (registrando un calo netto di 44mila unità), ma al blocco si è sopperito in parte con un contemporaneo aumento degli incarichi libero professionali e di consulenza passati nel 2012 a 70.884 contro i 45.747 del 2007 (+55%; + 25mila unità);
- Il numero di impiegati per ogni dirigente nella PA nel complesso è diminuito nel corso degli anni da 12,3 nel 2004 a 11,7 nel 2012;
- Un dirigente apicale in guadagna 12,63 volte il reddito medio nazionale, mentre in Gran Bretagna la proporzione si ferma a 8,48 volte, in Francia 6,44 e in Germania 4,97.Un dirigente di prima fascia guadagna in Italia 10,17 volte il reddito medio, negli altri Paesi rispettivamente 5,59; 5,21; 4,44;
- Nel 2012 sono stati licenziati 528 dipendenti, pari allo 0,016% del totale.
“La nostra Pubblica amministrazione – spiega Carlo Mochi Sismondi, Presidente FORUM PA introducendo la Ricerca – dopo più di due decenni di riforme, si trova ad aver dato un importante contributo in termini di risparmi attraverso una sostanziale diminuzione della massa salariale e una spasmodica e a volte autolesionista ricerca degli sprechi da tagliare, ma di non aver risolto i suoi squilibri strutturali e quindi di essere non tanto inefficiente quanto inefficace a rispondere ai bisogni attuali“.
La Ricerca “Pubblico impiego: una rivoluzione necessaria” è scaricabile integralmente sul sito www.forumpa.it