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Corte di Giustizia Ue: il sito web fa la differenza. Confermata possibilità di far causa a venditore straniero nel proprio paese di residenza

Europa


Un consumatore europeo, truffato da un commerciante che sia ubicato fisicamente al di fuori del suo Stato, può chiamare in giudizio tale commerciante nel suo Paese di residenza se questi eserciti la propria attività commerciale o professionale nello Stato membro di residenza del consumatore ovvero che, con qualsiasi mezzo (ad esempio attraverso l’utilizzo di Internet), questi diriga le sue attività verso tale Stato membro.

 

Lo ha stabilito la Corte di Giustizia europea sottolineando che il diritto dell’Unione  mira a tutelare il consumatore, quale parte contraente più debole, nelle controversie transfrontaliere, agevolandone l’accesso alla giustizia, in particolare, mediante una prossimità geografica con il giudice competente.

 

Il caso è stato sollevato dalla Corte suprema austriaca che si è rivolta alla Corte di giustizia su un’azione proposta dinanzi ai giudici austriaci dalla sig.ra Mühlleitner, residente in Austria, contro l’Autohaus Yusufi, impresa con sede in Amburgo (Germania), specializzata nella vendita di automobili, per chiedere se la possibilità di adire i giudici nazionali presupponga che il contratto tra il consumatore ed il professionista sia stato concluso a distanza.

La sig.ra Mühlleitner, che aveva trovato l’offerta grazie alle sue ricerche effettuate su Internet, si era recata ad Amburgo per sottoscrivere il contratto di acquisto e prendere possesso dell’automobile ma rientrata n Austria, scopriva che il veicolo presentava taluni vizi di carattere sostanziale.

Dal momento che i proprietari della concessionaria si rifiutavano di provvedere alla riparazione del veicolo, la sig.ra Mühlleitner presentava ricorso dinanzi ai giudici austriaci, dei quali i convenuti contestano la competenza giurisdizionale internazionale.

 

Con questa sentenza, dunque, la Corte risponde che la possibilità per un consumatore di convenire in giudizio, dinanzi ai giudici del suo Stato membro, un commerciante residente in un altro Stato membro non è subordinata alla condizione che il contratto sia stato concluso a distanza.

Se è pur vero che la normativa europea esigeva sino al 2002  che il consumatore dovesse aver compiuto nello Stato membro di residenza gli atti necessari per la conclusione del contratto, la normativa attuale  non prevede più detta condizione. Con tale modifica, il legislatore dell’Unione ha inteso assicurare una migliore tutela dei consumatori.

 

Il requisito essenziale cui è subordinata l’applicazione di tale normativa è quello connesso all’attività commerciale o professionale diretta verso lo Stato di residenza del consumatore. Al riguardo, sia l’avvio di contatti a distanza, sia l’ordine di un bene o di un servizio a distanza o, a fortiori, la conclusione a distanza di un contratto stipulato con un consumatore costituiscono indizi di riconducibilità del contratto ad un’attività di tal genere.

 

Pertanto, qualora a) il commerciante residente in un altro Stato membro eserciti la propria attività commerciale o professionale nello Stato membro di residenza del consumatore ovvero, con qualsiasi mezzo, diriga le sue attività verso lo Stato membro medesimo  e b) il contratto controverso rientri nell’ambito di detta attività, il consumatore può convenire il commerciante dinanzi ai giudici del proprio Stato membro, anche quando il contratto non sia stato concluso a distanza in quanto sottoscritto nello Stato membro del commerciante.

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