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La posta elettronica è uno degli strumenti di Internet che più utilizziamo durante la giornata, sia per salutare un amico, sia per lavoro. Eppure, come per qualsiasi altro mezzo di comunicazione, le eMail sono oggetto di attenzioni anche da parte di malintenzionati che, conoscendo le potenzialità della piattaforma, non esitano ad utilizzarla per fini illeciti e lesivi della privacy e della sicurezza altrui.
Eppure è di ieri la decisione della Corte di Cassazione che stabilisce la non equiparazione delle eMail, contenenti messaggi offensivi, al reato di molestie come previsto dall’art. 660 del Codice Penale. La sentenza, inoltre, riferendosi ad un caso specifico avvenuto a Cassino, ha ribaltato il giudizio di primo grado che ravvedeva una sostanziale parità di reato tra gli insulti via telefono e via posta elettronica.
In quel caso l’imputato è stato ritenuto colpevole e condannato a risarcire la vittima con 200 euro, ma ora, con la nuova sentenza della Corte di cassazione, questo potrebbe non succedere più. Secondo i giudici, infatti, nonostante la velocità di un messaggio di posta elettronica, non è detto che il destinatario abbia l’effettiva possibilità di interagire immediatamente con il contenuto della missiva, diversamente da una conversazione telefonica.
Se ne deduce che il problema sia non nell’insulto, ma nel mezzo con cui si offende qualcuno. Se telefoniamo a qualcuno insultandolo commettiamo reato, via posta elettronica no. Questo perché i giudici misurano il reato sull’invasività del mezzo, evidentemente, non dagli effetti deleteri sull’individuo. Una mail non è una telefonata, è vero, ma è altrettanto vero che ormai siamo connessi in tempo reale e in ogni luogo alla rete, con mezzi multifunzionali e immediati, tanto da essere reperibili ovunque, molto più facilmente e velocemente che da una semplice telefonata.