Italia
Prevedere il tipo, il tempo, il luogo e l’impatto di una prossima eruzione non è un argomento di facile soluzione in vulcani come l’Etna, nei quali l’attività eruttiva si manifesta sia dalla sommità che lungo i suoi fianchi, in settori anche molto distanti tra loro.
E tuttavia, l’individuazione e la quantificazione delle aree a rischio di nuove eruzioni è un aspetto di fondamentale importanza per scongiurare vittime umane e limitare danni materiali.
Questi sono i fondamentali temi pubblicati sulla prestigiosa rivista internazionale Journal of Geophysical Research in un articolo dal titolo “Predicting the impact of lava flows at Mount Etna, Italy“, realizzato da un pool di ricercatori coordinati da Gino M. Crisci, prof. ordinario dell’Università della Calabria (Maria V. Avolio, Donato D’Ambrosio, Salvatore Di Gregorio, Valeria Lupiano, Rocco Rongo, William Spataro) e dall’Istituto Nazionale di Geofisica di Vulcanologia – INGV (Boris Behncke, Marco Neri).
“In questo lavoro – parla il ricercatore Marco Neri dell’INGV – è presentata una nuova mappa di suscettibilità all’invasione lavica riguardante alcuni settori molto antropizzati del vulcano, elaborata sulla base di un affidabile modello di calcolo realizzato per la simulazione di flussi di lava dell’Etna”.
“La nuova mappa consente – continua Neri – di estrarre scenari riguardanti specifici settori del vulcano, attingendo a un database utilizzato per le simulazioni computerizzate. Ciò consente, ad esempio, di affrontare in modo totalmente nuovo la pianificazione e l’uso del territorio etneo, anche in termini di Protezione Civile, quantificando in tempo reale l’impatto di un’eruzione imminente e valutando l’efficacia delle possibili misure di protezione da adottare“.
Dott. Neri, nell’articolo parlate di un data base rimpinguato di dati su simulazioni numeriche su un’ampia serie di colate di lava: di quali parametri avete tenuto conto ?
“L’Etna è un vulcano antropizzato da millenni, per cui esiste un record storico delle eruzioni abbastanza ampio ed affidabile, almeno per gli ultimi 400 anni. Pertanto, i dati di cui abbiamo tenuto conto sono numerosi, quali ad esempio la durata delle eruzioni, la posizione e la struttura delle bocche, i tassi e gli stili eruttivi, le quantità di prodotti emessi. Tutti i dati vulcanologici, poi, sono stati elaborati statisticamente ed inseriti in un modello di calcolo computerizzato al quale da anni lavorano i colleghi dell’Università della Calabria coordinati da G. M. Crisci e che consente di simulare l’espansione di nuovi flussi lavici che scaturiscono da ipotetiche bocche eruttive laterali”.
Dalle oltre 40.000 elaborazioni numeriche è stata estratta la mappa della suscettività all’invasione lavica, cioè la probabilità con cui un determinato territorio può essere raggiunto dalla lava.
Nell’articolo citate anche le poche colate arrivate al mare nella storia eruttiva recente dell’Etna; questo dato storico è stato forse un limite per la vostra ricerca? Perché?
“Più che un limite è un dato di fatto. A livello probabilistico, significa che colate di lava tanto lunghe da raggiungere il mare sono piuttosto rare, ma certamente non sono impossibili. Lo dimostra il fatto che lungo ampi tratti della costa orientale dell’Etna affiorano colate di lava, anche se la loro età risale a migliaia (fino a centinaia di migliaia) di anni or sono. Si tratta, quindi, di eventi eruttivi poco probabili se raffrontati alla quasi continua attività eruttiva sommitale del vulcano, ma che uno studio statistico deve tenere in opportuna considerazione“.
Questo articolo rappresenta anche uno dei migliori prodotti scaturiti dalla collaborazione tra i ricercatori dell’Università della Calabria e quelli dell’INGV, sviluppati nell’ambito dei progetti finanziati dalla Protezione Civile (2005-2007: V3_6-Etna; 2008-2009: V3-Lava).