Italia
Cittadini virtuali. Se si paragonasse la crescita dei social network a quella di un bambino, osservandone le dimensioni raggiunte in così poco tempo, verrebbe il legittimo dubbio che il piccolo abbia fatto uso di steroidi o che, per lo meno, sia affetto da gigantismo.
Questo paragone trova riscontro nel dato annunciato da Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, il social network più popolare al mondo che in soli sei anni ha riunito 400 milioni di utenti attivi, creando uno “Stato virtuale“, secondo per popolazione solo alla Cina e all’India. A differenza delle reali nazioni di appartenenza, i cittadini dei social network hanno (teoricamente) più di 13 anni, risiedono in tutto il mondo, hanno culture, lingue e costumi diversi tra loro, non sono suddivisi per censo, caste o posizioni sociali e lavorative, esercitano i propri diritti attraverso un computer, un mouse e una tastiera e hanno un unico scopo: comunicare e condividere informazioni.
Fanno parte di questo Stato virtuale ovviamente anche gli italiani: secondo l’ultima rilevazione dell’Eurispes sono il 44,2% dai 18 anni in su. Un dato che segna una crescita del 13,5% rispetto al 2009 (30,7%). Ma la popolarità della creazione di Zuckerberg ha scavalcato anche i confini del virtuale, consacrando il social network come “fenomeno del millennio”: se nel 2009 il 31,2% degli intervistati dichiarava di non sapere che cosa fosse, nel 2010 la percentuale si è abbassata vertiginosamente, arrivando a toccare appena l’1,1%.
Sono soprattutto i più giovani a utilizzare Facebook, il 68% dei 25-34enni e il 66,9% dei 18-24enni. Il carattere sostanzialmente “giovane” del social network trova conferma anche nei dati rilevati dall’Eurispes e dal Telefono Azzurro in occasione del 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza (novembre 2009): il 71,1% degli adolescenti infatti possiede un profilo su Facebook e lo utilizza principalmente perché consente di rimanere sempre in contatto con gli amici (28,7%), di ritrovare vecchi contatti (23,6%), di instaurare nuove relazioni (14,9%) o di passare il proprio tempo divertendosi con test e giochi (10,4%).
D’altra parte il social network riscuote successo anche tra i 45-64enni che dichiarano di avere un profilo nel 25,3% dei casi (+10,9% rispetto al 2009). Ancora più sorprendente è il dato relativo alla fascia degli over65: se nel 2009 il 65% di essi dichiarava di non sapere che cosa fosse Facebook, quest’anno tale percentuale si è abbassata notevolmente attestandosi al 7,8 % (-57,2%) e, allo stesso tempo, il 31,1% dichiara di essere registrato al portale.
Facebook si rivela un mezzo ampiamente utilizzato anche in maniera trasversale rispetto all’area politica di appartenenza: nel centro-destra sono il 48,1%, seguiti dal 47,5% dell’area di sinistra e dal 40,9% di destra. I meno “social” risultano essere gli appartenenti all’area di centro che raggiungono quota 38,1%. Anche tra chi non si ritiene vicino a nessuna area politica la percentuale di iscrizione al popolare social network è alta (43,5%).
Superando le tradizionali distinzioni tra Nord e Sud che storicamente caratterizzano il nostro Paese, il popolare social network riunisce indistintamente iscritti in tutta la Penisola, senza evidenziare notevoli differenze: ha un profilo su Facebook il 41,7% dei residenti al Sud e il 41,9% nelle Isole, contro il 49,5% degli abitanti del Nord-Ovest. La percentuale più bassa di iscritti si registra invece nel Nord-Est (39,4%).
Facebook, in sostanza, anche all’interno dei nostri confini nazionali, conferma la sua dimensione di fenomeno globale che riesce a coinvolge le persone in maniera trasversale.
Facebook si configura, dunque, come il luogo dell’amicizia per definizione, la bandiera dei moderni “social-isti”, frequentatori compulsivi di social network, amanti della frammentazione di profili, generi e stili. Al pari della telefonia cellulare, dove gli italiani sono notoriamente riconosciuti come amanti del telefonino al punto da possederne anche più di uno a testa, così nel mondo dei social network l’appartenenza di più profili ad un unico individuo non costituisce più l’eccezione, bensì la regola, al di là del limite (parziale) del nome e cognome (imposto, in particolare, da Facebook).
La socialità in Rete riveste un carattere prevalentemente ludico, spesso velatamente voyeuristico ed è proprio da questi comportamenti e modalità relazionali che si originano molti dei nuovi fenomeni e comportamenti. Un tempo erano i forum a catalizzare l’attenzione dei navigatori, poi venne il tempo delle chat, generaliste e divise in stanze, nelle quali prevaleva un senso di anonimato assoluto e di personalità sdoppiate all’occorrenza ed, oggi, soppiantate dai siti dedicati alla ricerca dell’amico perfetto o del partner dei sogni. Ma i social network, successivi in ordine di tempo, si collocano ad un livello superiore e con un indice di popolarità, un ruolo multi generazionale e un’accezione tendenzialmente positiva, che né i forum, tantomeno le chat hanno mai generato in passato.
Social network e regole: welcome to the jungle. La rivoluzione dei social network, tuttora in atto, risulta per molti aspetti “totalitaria” dal momento che coinvolge non solo i siti di riferimento, ma contribuisce ad estendere la sua azione su realtà finora considerate prevalentemente “verticali”. L’esempio più significativo è senza dubbio rilevabile nel giornalismo. I siti delle principali fonti di informazione, stampa, agenzie e Tv, hanno subìto l’influsso dell’importanza che i social network hanno acquisito nel tessuto sociale della Rete. Le news sono diventate social network friendly, a differenza degli editori, ancora divisi sulle potenzialità ed alla ricerca di modelli di revenue sostitutivi o complementari. La trasformazione del giornalismo, inesorabilmente in atto, si alimenta del contributo dei social network e si caratterizza sempre più “orizzontalmente” grazie all’azione diffusa degli utenti.
Concepito come una piazza virtuale in cui scambiare pensieri, emozioni, foto e video con amici e conoscenti, Facebook è divenuto quindi un’effettiva (ed alternativa) fonte di informazione per i media, basti pensare ad alcuni dei più recenti fatti di cronaca, quando le foto o le informazioni sulle vittime o sugli autori di reati efferati vengono prelevate proprio dai profili e diffuse da Tv e stampa.
A volte però il social network perde la sua veste di canale di informazione, trasformandosi in notizia stessa, ne sono un esempio i sempre più frequenti “suicidi annunciati a mezzo social”, la creazione di gruppi shock che trovano in messaggi razzisti, violenti, antisociali, ecc. motivo di coesione tra gli utenti.
Le potenzialità comunicative di questo strumento e allo stesso tempo la mancanza di un controllo efficace sui contenuti pubblicati, l’indispensabile tutela della privacy, hanno portato recentemente l’opinione pubblica a confrontarsi sulla necessità di una regolamentazione più specifica e aggiornata per la Rete e in particolare per i social network. Contemporaneamente però da più parti si avverte il timore che in nome di una maggiore tutela si metta in pericolo la libertà di espressione, da sempre caratteristica fondamentale della vita in Rete.
Se storicamente le società hanno impiegato secoli per trovare e condividere collettivamente una forma di autoregolamentazione, i social network, che potremmo definire vere e proprie società odierne, stanno registrando nell’arco di pochissimi anni un’espansione senza precedenti. Ciò comporta la necessità, invocata da più parti, di dotarsi di nuove norme capaci di regolarne il funzionamento.
In particolare, la tutela della privacy e dei minori è uno dei temi che sta animando maggiormente il dibattito internazionale, attirando anche l’attenzione della Commissione Europea che ha istituito da due anni il “Safer Internet Day“, un’iniziativa nata per incoraggiare i siti di socializzazione ad adottare accorgimenti che garantiscano una maggiore protezione per i minori. L’anno scorso hanno aderito al progetto della Commissione 20 diversi social network, che si sono impegnati a semplificare le procedure per bloccare gli utenti indesiderati, eliminare i commenti, rimuovere i profili dei minori dai motori di ricerca e poter decidere se rendere visibili i contenuti pubblicati a chiunque o solo alla propria rete di amici.
Particolarmente sensibile verso il tema della privacy si è dimostrato, inevitabilmente, lo stesso Facebook, che nell’aprile del 2009 ha indetto un referendum tra i propri iscritti per stabilire nuove regole a riguardo. Nonostante non sia stato raggiunto il quorum prefissato (avrebbe dovuto votare in una sola settimana il 30% degli iscritti, circa 60 milioni di persone), la maggioranza dei votanti ha approvato il nuovo sistema di tutela proposto dallo staff di Facebook, che comprende, ad esempio, la possibilità di condividere contenuti solo con determinate persone, la limitazione delle informazioni pubbliche relative al proprio profilo, ma anche la segnalazione dei post e gruppi ritenuti “scorretti”.
L’attenzione degli italiani verso questo tema è confermata dall’indagine condotta dall’Eurispes in merito all’utilizzo dei social network: il 41,8% dei partecipanti ritiene che l’utilizzo di questi debba essere maggiormente regolamentato, mentre il 24,5% esprime una posizione diametralmente opposta, sostenendo che i social network debbano essere completamente liberi e senza censure. Il 10,5% pensa che i siti di aggregazione sociale siano dannosi per la privacy, solo il 3,5% ritiene che questi possano favorire nuove forme di illegalità e, infine, il 7,1% ritiene i social network pericolosi in quanto possibili veicoli di messaggi fortemente ideologici o violenti. Rilevante è anche la percentuale (12,6%) di chi ha dichiarato di non sapere o di non poter rispondere al quesito posto, segno della complessità del tema che contrappone la libertà di espressione alla sicurezza individuale e collettiva.
Tra i più giovani si tende a non vedere nei social network un pericolo: solo il 4,7% li ritiene una nuova via per l’illegalità, l’8,1% li identifica come strumenti per diffondere messaggi violenti e l’11,5% pensa che siano dannosi per la propria privacy.
A favore di una maggiore regolamentazione si pronuncia la metà degli intervistati vicini al centro-destra (51,3%) e di centro (48,5%), mentre la percentuale maggiore di chi è contrario alla censure e ai controlli online si trova tra gli intervistati di sinistra (36,4%). Trasversalmente a tutti gli schieramenti politici, sono sempre in pochi a vedere nei social network un pericolo per la propria privacy: il dato varia infatti dal 12% degli intervistati di centro-sinistra al 7,6% di quelli di destra.
Tra chi sostiene che l’utilizzo dei social network deve essere completamente libero e senza censure, si riscontrano notevoli differenze nel Settentrione del Paese: il Nord-Ovest detiene la percentuale più alta (28,3%) mentre il Nord-Est quella più bassa (19,9%). Invece tra chi auspica una maggiore regolamentazione, percentuali simili si ritrovano in tutte le macro-aree geografiche, con una variazione minima tra il Nord-Ovest (43,4%) e il Nord-Est (39,8%). Sempre le due aree del Nord detengono la percentuale maggiore (Nord-Est, 6,1%) e minore (Nord-Ovest, 1,6%) di chi crede che i social network possano aprire nuove vie all’illegalità.
Per ulteriori informazioni visitare il sito www.eurispes.it