Italia
Il mercato siderurgico ha toccato il fondo, lunga la strada per risollevarsi. Dopo un 2009 di profonda crisi, soltanto a partire dal 2011 si potranno cogliere segnali di miglioramento, seppur ancora tenui. Le pesanti frenate di molti settori utilizzatori di acciaio hanno portato al crollo della domanda di prodotti siderurgici ed alle conseguenti numerose fermate produttive di molte acciaierie europee.
Questo, in sintesi, il quadro di mercato che è stato delineato durante il 17° Steel Market Outlook (organizzato dal portale Siderweb.com) che si è tenuto venerdì scorso nella sede di Villa Michelangelo ad Arcugnano (Vi).
«Credo che vivremo un 2010 ancora difficile ed un 2011 solo discreto – ha detto Antonio Gozzi, amministratore delegato del Gruppo Duferco -. In Europa, infatti, esiste una eccessiva capacità produttiva installata. Ecco perché sarà cruciale da un lato verificare le evoluzioni dell’offerta, affinché si evitino rischi di overcapacity, e dall’altro analizzare le dinamiche di controllo dei costi».
Esiste, tuttavia, un fattore che potrebbe anticipare i tempi della ripresa. «Queste tempistiche – ha spiegato Gozzi – potrebbero essere accelerate dalla potenza della crescita dei Paesi Emergenti come Cina, Medio Oriente e Nord Africa, la cui economia non drogata dagli eccessi della finanza è ancora in crescita ed ha saputo reggere l’urto della crisi globale».
«Il sistema si trova in un momento di estrema difficoltà perché non riesce ad interpretare ciò che è successo – è intervenuto Rinaldo Baldi, direttore vendite e marketing del Gruppo Lucchini -. Siamo reduci da due anni di violenti cambiamenti e non siamo stati in grado di prevedere il momento di difficoltà che stiamo attualmente vivendo». Questo perché «l’Italia gioca ancora un ruolo marginale e ha lacune intellettuali – ha continuato -. Siamo influenzati da logiche internazionali sulle quali non possiamo intervenire. Le nostre aziende non sono globalizzate e questo genera un limite di accessibilità che provoca un senso di impotenza».
«Nel 2010 – ha continuato – in Europa l’utilizzo delle capacità produttive del settore siderurgico sarà compreso tra il 65% e l’80% a seconda dei prodotti, sospinto da un progressivo processo di ricostituzione scorte. L’outlook sarà globalmente soddisfacente per i prodotti legati all’edilizia, in recupero l’auto e ancora negativo per l’ingegneria meccanica e la produzione di macchinari pesanti».
Che la strada per uscire dall’empasse della crisi sia lunga e contorta è opinione anche di Gianfranco Tosini, responsabile del settore economia dell’Associazione industriale bresciana, secondo cui «il mondo continuerà a restare diviso in due: la “vecchia” economia occidentale su cui gravano previsioni di PIL scarni, e la “nuova” economia di alcuni dei Paesi Emergenti».
«Nel 2009, i Paesi più sviluppati accuseranno una contrazione del PIL del 3,8%, con punte del -6% come nel caso del Giappone. I Paesi emergenti, invece, chiuderanno il 2009 con un PIL in crescita dell’1,5%, con le locomotive Cina e India a +7,5% e +5,4%».
«Tale dualismo si riproporrà anche nel 2010, il quale sarà «un anno di sostanziale stagnazione economica per l’Europa e di crescita modesta per USA e Giappone». In particolare il Vecchio Continente dovrà fare i conti «con un rapporto euro – dollaro che sfavorirà il commercio estero e con una maggiore selettività nell’erogazione del credito». L’Italia, colpita dalla profonda crisi del comparto manifatturiero, riconferma l’anello debole dell’Europa. «Dopo un PIL già in flessione dell’1% nel 2008 – ha spiegato -, nel 2009 calerà di un ulteriore 5%, per poi stagnare a -0,1% nel 2010»
«Guardando al mercato delle materie prime, materie prime, «dal settembre 2008 – ha detto Achille Fornasini, analista tecnico ed amministratore delegato di Isfor2000 -, si notano tre diversi andamenti: una caduta verticale nella seconda metà dello scorso anno, un recupero e poi uno storno dai massimi».
«Questo andamento, ed in particolar modo l’incremento di inizio 2009, non è stato provocato da un aumento della domanda di acciaio – ha spiegato -, ma dalla colossale liquidità immessa sul mercato che, invece di essere destinata al diretto sostegno delle imprese, si è riversata sui mercati mobiliari e su quelli delle commodity». Gli operatori occidentali «stanno ripetendo gli stessi errori che hanno provocato questa immensa crisi». E la conferma di ciò «si può vedere nel mercato dei metalli, dove si è assistito ad una crescita dei prezzi nonostante l’impennata delle scorte al London Metal Exchange».