Rapporto Annuale Federculture 2012

di Flavio Fabbri |

Cultura e sviluppo. La scelta per salvare l'Italia

REPORT

Di Federculture
Pubblicato: giugno 2012
Pagine: 272
Prezzo: 29,00

L’Italia e l’Europa sono a un bivio. La grave e prolungata fase di crisi economica internazionale ha messo in risalto le profonde debolezze di un modello di sviluppo non più adeguato e sostenibile. Di fronte al prevalere dei meccanismi finanziari che hanno determinato gli scenari attuali, occorre riaffermare nuovi paradigmi di crescita, centrati sulla vocazione culturale del Paese, su un’economia reale e quindi sul benessere dei cittadini. Il nostro futuro si gioca adesso.

Sarà necessario recuperare valori durevoli come il merito e la creatività, diffondere la conoscenza, rafforzare i principi della convivenza civile e dell’equità. Serve, insomma, una rivoluzione culturale. In questa prospettiva, e nell’ottica di individuare le scelte decisive per lo sviluppo, dobbiamo aggiornare i temi dell’identità e della competitività, che sono essenziali per valorizzare i beni e le attività culturali, sostenere l’industria creativa, migliorare la qualità della vita nelle nostre città.

Il Rapporto Annuale Federculture 2012, Cultura e sviluppo. La scelta per salvare l’Italia” (edito dalla casa editrice 24 Ore Cultura), affronta queste problematiche attraverso autorevoli interventi e analisi evidenziando, in un serrato confronto, le politiche governative, le strategie e gli interventi tra recessione e crescita nello scenario internazionale, il ruolo degli operatori, delle imprese e della società civile. Per costruire insieme un orizzonte nuovo.

Le famiglie italiane nel 2011 hanno speso per ricreazione e cultura 70,9 miliardi di euro, impegnando in questo settore il 7,4% della loro spesa annua complessiva. Un valore, negli ultimi anni, costantemente in crescita, anche nel più recente periodo di congiuntura negativa e di generale contrazione dei consumi: tra il 2008 e il 2011 l’incremento è stato del 7,2%, mentre nel 2011 ha segnato un +2,6% rispetto all’anno precedente. Nell’arco dell’ultimo decennio (2001-2011) invece, la spesa per ricreazione e cultura è aumentata del 26,3%. In questo settore le famiglie italiane sono disposte a spendere più che in altri: nel 2011, infatti, la spesa per vestiario e calzature è cresciuta dell’1,3%, quella per gli alimentari dell’1,2%. 

su un campione di 15 Comuni (tra cui Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Roma, Torino) dimostra come tra il 2008 e il 2011 la spesa culturale delle amministrazioni comunali, in particolare per la parte relativa agli investimenti, sia diminuita mediamente del 35%. L’incidenza della voce cultura sui bilancio comunali, nelle amministrazioni considerate, scende al 2,6%. Proiettando questi valori sul  totale della spesa in cultura dei Comuni (circa 2,3 miliardi di euro fino al 2009) si può parlare di una perdita per il settore di circa 500 milioni di euro.

Sul fronte dei privati le sponsorizzazioni, verso tutti i settori, negli ultimi tre anni sono andate progressivamente diminuendo. Dal 2008 si registra un calo del 25,8%. Per il 2012 si prevede un’ulteriore contrazione del 5%.

Ma ben più penalizzate sono le sponsorizzazioni destinate alla cultura che nel 2011 sono state pari a 166 milioni di euro, l’8,3% in meno rispetto al 2010, mentre dal 2008 al 2011 hanno subito un crollo del 38,3%. Una drastica discesa dovuta non solo per la minore disponibilità economica delle imprese, ma anche allo scenario di incertezza e al calo dell’intervento pubblico che scoraggia l’impegno dei privati.

La dinamica per la quale il minore impegno del pubblico allontana i privati è confermata anche dall’indagine realizzata da Federculture su alcune aziende culturali tra le più rappresentative del panorama italiano (tra queste Fondazione Cinema per Roma, Fondazione Musei Senesi, Fondazione Torino Musei, Fondazione MAXXI, Triennale di Milano, Azienda Speciale Palaexpo, Fondazione Musei Civici di Venezia). Da questa emerge, infatti, che negli ultimi quattro anni (2008-2011) i contributi pubblici sono scesi in media del 43% e parallelamente quelli dei privati si sono ridotti del 40%. A ciò è corrisposto da parte delle aziende un fortissimo impegno per aumentare le entrate provenienti da attività proprie (biglietteria, servizi aggiuntivi, ecc.) che hanno visto un incremento medio del 70%. Queste realtà sono state quindi in grado di generare un notevole autofinanziamento, che è infatti passato da un valore del 47,8% del 2008 al 64,7% del 2011.

La cultura, nell’ampia accezione di arte, paesaggio, tradizione, beni culturali, è uno straordinario brand, un patrimonio di visibilità, di reputazione nel mondo, molto forte nell’immaginario internazionale.

L’Italia, infatti, anche nel 2011 è al primo posto nella classifica del Country Brand Index per l’attrattività legata alla cultura. Ma siamo solo decimi, pur in risalita di due posizioni, nella classifica sulla capacità generale di attrazione dell’immagine-paese.

La nostra capacità di creare valore a partire dalla cultura è, però, ancora evidente nell’ambito dell’industria culturale.

Stando ai più recenti dati UNCTAD (United Nation Conference on Trade and Development), nel 2010 il valore dell’export italiano di beni creativi è stato di oltre 23 miliardi di dollari, in crescita dell’11,3% rispetto al 2009. In questo settore abbiamo ancora quote di mercato significative: 17% dell’export europeo ed il 6% di quello mondiale.

L’Italia mantiene una posizione di leadership: siamo il 4° paese al mondo per esportazioni di beni creativi, mentre in particolare per il design siamo 1° paese esportatore tra le economie del G8.

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