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Il mucchio selvaggio

BIBLIOTECH


Mondadori, Milano 2006
Pagine 333
ISBN 8804539526
Prezzo 16.00

 

Tutti insieme, da Bolzano a Trapani, isole comprese. La storia epica e disperata della televisione privata in Italia ha inizio a metà degli anni Settanta. Da Napoli a Biella parte una guerra di trincea e di infinita pazienza che farà delle reti locali le nuove piazze d’Italia, contro un sistema nazionale monopolista, rituale, in bianco e nero.

 

Decine di imprenditori-avventurieri, spesso in condizioni di piena illegalità, cominciano ad allacciare cavi e a piantare antenne di notte sui tetti. Il “big bang” vero e proprio della televisione libera è il 28 luglio 1976, quando la Corte costituzionale sancisce l’illegalità del monopolio Rai. Da quel momento nulla sarà più come prima: un esercito di personaggi degni della migliore commedia all’italiana inizia a popolare gli schermi del nostro paese. Da Guido Angeli e il suo “provare per credere” a Wanna Marchi, da Concetta Mobili, l’Aiazzone al femminile dei mobilifici meridionali, a Peppo Sacchi ed Enzo Tortora assediati dalla polizia negli studi bunker di Telebiella. Da Pierino Brunelli, l’imperatore dell’immaginario “Regno di Magna Romagna, Ambasciatore di Dio presso gli uomini”, che dalla sua “Tv Imperiale Universale” annuncia in diretta il suo incontro al vertice con il papa e i presidenti di Usa e Urss, a Gaetano Gennai che su Telelibera a Firenze conduce “Il notiziario dei becchi”, caccia aperta ai cornuti di Firenze e della Toscana, segnalati con tanto di bandierine piantate sulle mappe. E ancora, Pierre la Sultana, cartomante capitolina, all’anagrafe Pietro Imperatore, che va in onda dalla sua casa studio, affollata di enormi clisteri, Giancarlo Cito, virulento sindaco di Taranto, che manda in diretta sulla sua emittente i funerali della madre di un boss locale, e infine lo speaker della foggiana Tele Radio R che in una torrida sera d’estate, complice il colpo di sonno del cameraman, viene inquadrato per alcuni interminabili minuti mentre legge il telegiornale in mutande.

 

Giancarlo Dotto e Sandro Piccinini sono stati dei loro e, come scrivono nell’introduzione, “non abbiamo mai smesso di esserlo”. Per questo possono raccontare la storia e le storie di quegli anni strabilianti, quando accendendo la televisione non si sapeva davvero che cosa sarebbe potuto accadere. In una mostruosa carrellata di figure da commedia dell’arte, ci raccontano le mirabili imprese di fantasiosi imbroglioni e professionisti superbi, di ciarlatani impressionanti e di imprenditori geniali, tutti in corsa per inventare una cosa che solo dieci anni prima nessuno avrebbe mai osato immaginarsi: un altro canale oltre alla Rai.
(dalla quarta di copertina)

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