BIBLIOTECH
Franco Angeli, Roma 2003
Pagine 272
ISBN 88-464-4693-3
Prezzo 19.50
Nella prima metà dell’Ottocento una profonda trasformazione investe il mondo delle lettere e della cultura. Così come in tutta l’Europa, anche in Italia – con tempi e ritmi diversi – il mercato si affaccia per la prima volta su un ambito nel quale sembrava destinato a giocare un ruolo marginale. Il libro diventa a tutti gli effetti il prodotto di un’industria editoriale, le cui regole non sono dissimili da quelle di ogni altro ramo della produzione. Così, l'”uomo di lettere” diviene a sua volta la necessaria manodopera di un particolare settore, mentre all’orizzonte si profila già lo spettro delle figure professionali nelle quali riconoscersi: dal romanziere al giornalista, dal redattore al traduttore, dal critico al divulgatore.
Questa problematica riduzione del lavoro del pensiero ad attività produttiva (riduzione che viene sancita anche dalla teoria economica) si accompagna però al tentativo, da parte dei letterati, di costruire uno spazio autonomo, ossia un ambito nel quale difendere la singolarità del proprio lavoro e sottrarre quest’ultimo alla stretta dell'”industrialismo”. Il diritto d’autore appare come lo strumento per conquistare, nell’epoca del mercato delle lettere, una possibile nuova libertà del lavoro.
Il libro espone e interpreta le tappe di questa trasformazione, dall’esordio del principio della proprietà letteraria nella Repubblica cisalpina fino alla sanzione del diritto d’autore nell’Italia unita.
(dalla quarta di copertina)
Maurizio Borghi è assegnista di ricerca all’Università Bocconi di Milano, dove svolge attività d’insegnamento presso il Corso di laurea in Economia per l’arte, la cultura, la comunicazione (CLEACC).