#Odiens è una rubrica a cura di Stefano Balassone, autore e produttore televisivo, già consigliere di amministrazione Rai dal 1998 al 2002, in collaborazione con Europa.
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Pubblicato su Odiens, Europa il 14 ottobre 2014
Per distinguerne i movimenti in campo è spesso necessaria la lente di ingrandimento. È la lillipuziana gara dei canalini. Che si svolge all’esterno dello spazio occupato dal duopolio (Rai&Mediaset) e da La7.
Protagonista del campo è innanzitutto Sky, che di canalini ne trasporta moltissimi: alcuni escono dalla sua stessa fabbrica di programmi; altri invece gli corrispondono un tot per transitare sulle sue parabole e i suoi decoder. Insomma, ‘lo squalo’ se ne nutre sia come clienti paganti sia perché gli italiani, a vedere tanto ben di dio, si dotino della pay tv satellitare.
Il grappolo di canaletti più interessanti per capire la via canalettistica alla tv è quello che fa capo al Gruppo Discovery, di proprietà del ricchissimo americano di turno (John Malone), che è arrivato a rastrellare, canalino dopo canalino, più del 5% della platea quotidiana.
Intanto, i programmi di Discovery te li ritrovi dappertutto: nel decoder Sky, sulla tv terrestre, sul web; sul televisore, sull’Ipad, sullo smartphone.
Non ti sfuggono e non gli sfuggi.
Uno che ti interessa dovresti trovarlo comunque, perché Discovery, come apprendiamo dal suo sito web, ha accuratamente analizzato l’umano Uno e Molteplice: donne propense, va da sé, all’”intrattenimento femminile” (e cioè «casa e cucina, due temi che tutte le donne vivono da vicino con grande passione» come «il cambio look, la cucina, il make-up, i matrimoni, il fai da te e la salute») cui, in omaggio al noto realismo del sesso gentile, si dedica il canalino Real Time; uomini, notoriamente propensi a «docu-realities e reportage su temi quali motori, extreme food, ink, crazy auctions, magia, wild boys, current affairs» affidati alle cure del canale D-Max (da notare il “Max”, perché, detto tra uomini, “size matters”); bambini, che trovano la tata nel canale K2 (con bimbeschi cartoon, telefilm e show); adolescenti che, in attesa di diventare gli adulti accuditi da Real Time e D-Max (vedi sopra), si affidano ai programmi di Frisbee e al suo «nuovo look gommoso, morbido e dai colori fluo che esprime al meglio la vitalità e l’originalità delle giovani spettatrici»; mentre i compagni di scuola delle medesime sfogano il testosterone con GXT che (ai canali 146 e 147) propone “azione, adrenalina, divertimento, sfide e sport estremi”.
Ma, lo diciamo per gli spettatori meno “fisici”, ce n’è anche per chi cerca l’”Intelligent Entertainment”, di taglio maschile («motori, ingegneria, tecnologia, disastri, inchieste, scienza e pop science, spazio, wild life, avventura e sopravvivenza al limite»); e poi, immancabili, le donne, che apprezzano la adrenalina visceral-cerebrale del canale GIALLO.
Questa è l’umanità tagliata a fette per fare business con quel tanto di tribale (di genere, di età, di condizione socio-culturale) che c’è in ognuno di noi e gestendo le nostre estraneità e differenze anziché le similarità e convergenze.
Insomma, nei canalini l’acqua comunitaria è bassa, ma gli basta e avanza. Ovviamente la televisione “comunitaria”, volgarmente detta “generalista”, quella che anziché trattenerti nel “tuo” mondo dovrebbe riuscire a farti affacciare su quelli altrui, è tutto un altro paio di maniche. Maniche indispensabili, culturalmente, politicamente, socialmente. Difficili, non impossibili, da cucire.
Il problema editoriale del servizio pubblico (cosa significa oggi?) sta tutto qui.