La Federal Trade Commision statunitense ha realizzato una ricerca per individuare i punti del web che rendono più facile l`individuazione degli indirizzi eMail, che vengono poi bersagliati dallo spam.
Secondo l`indagine il luogo più insidioso sono le chat: passano mediamente 8 minuti dal momento in cui si digita l`indirizzo eMail per la registrazione alla ricezione di spam sulla casella di posta elettronica.
Anche i gruppi di discussione e le semplici pagine web possono, però, nascondere dei trabocchetti per trafugare i dati degli ignari utenti: in entrambi i casi l`86% degli indirizzi introdotti è oggetto di spamming.
Sulla base dei dati raccolti nell`inchiesta, la Federal Trade Commission cosiglia degli espedienti per rendere più sicura la navigazione: prima di tutto, quando si inserisce il proprio indirizzo in un qualsiasi sito, sarebbe opportuno mascherarlo così che possa essere riconosciuto da una persona ma non da un programma di raccolta automatica.
Quando si chatta, poi bisogna usare un nick name non associato al proprio indirizzo eMail o un account apposito diverso da quello privato “ufficiale”.
Per difendersi dai software a generazione causale il trucco è quello di registrare un indirizzo formato da lettere e numeri.
Nel 2001 anche la Commissione europea aveva condotto uno studio simile, quantificando la spesa media annuale per utente a 30 euro. La spesa era stata calcolata in base al prezzo di un collegamento a Internet a media velocità.
Il disturbo maggiore, quello che ognuno di noi prova quando si accorge che l`indirizzo di posta elettronica è intasato solo da mail-spazzatura, quello, però, non è quantificabile e sono in molti a pensare che i consigli, si, sono utili, ma per arginare uno dei fenomeni più fastidiosi dell`era digitale servirebbe una forte azione legislativa e un po più di responsabilità da parte delle aziende.