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Nella Finanziaria 2004, come gi&#224 accaduto in quella del 2003, &#232 stato inserito un provvedimento che stabilisce un sussidio di 75 euro per abitazione per l¿acquisto o il noleggio di un decoder digitale. Questo provvedimento ha lo scopo di accelerare l¿introduzione del digitale terrestre, con l¿obiettivo di consentire al Governo di spegnere le trasmissioni analogiche per il 2006, come previsto dalla legge 66/2001 e ribadito nel disegno di legge di riordino del sistema radiotelevisivo (c.d. legge Gasparri) in via di approvazione.
Con oltre 20 milioni di abitazioni munite di televisore, le previsioni di spesa ammontano a circa 1,5 miliardi di euro. La Rai, in collaborazione con Nokia e Philips, sta lavorando allo sviluppo di ricevitori digitali economici (c.d. ¿zapper¿), a partire da 100 euro circa.

Date le incertezze legislative e di mercato, l¿azienda radiotelevisiva di Stato ha ritenuto, fino all¿insediamento dell¿attuale cda, piuttosto irrealistico l¿obiettivo del 2006, prediligendo il pi&#249 accessibile 2010. Il nuovo vertice ha invece dato notevole impulso all¿introduzione della tecnologia digitale, anche per ottemperare agli obblighi previsti dal disegno di legge sul riordino del sistema radiotelevisivo che prevede, per l¿azienda radiotelevisiva pubblica, la copertura del 50% della popolazione entro gennaio 2004.

Le autorit&#224 italiane sono state le uniche fino a oggi ad aver previsto l¿introduzione di misure finanziare mirate a facilitare e incoraggiare il passaggio al digitale. Sia i consumatori ¿ nell¿acquisto di ricevitori digitali ¿ che gli operatori ¿ per aggiornare i loro impianti trasmittenti ¿ riceveranno un aiuto finanziario. Questo pu&#242 avere delle implicazioni per quanto riguarda la concorrenza, in quanto si favorisce una specifica tecnologia di comunicazione, quella digitale terrestre. Difficilmente, infatti, i ricevitori pi&#249 economici permetteranno un accesso multi-piattaforma. Il sussidio di 1,5 miliardi di euro per convertire le trasmissioni televisive rischia di favorire un mercato di massa per i ricevitori, che potrebbe creare economie di scala di cui beneficerebbero anche altri Paesi UE.

Fino al 2002, l¿investimento per aggiornare il network di trasmissione terrestre in digitale veniva ritenuto troppo elevato da RaiWay, l¿azienda che gestisce la rete di ripetitori della Rai. Per questo, nel 2002 RayWay aveva deciso di vendere il 49 per cento alla Crown Castle International per 400 milioni di euro. Ma l¿operazione &#232 stata bocciata dal ministero delle Comunicazioni.

RaiWay contestava la tempistica e i programmi di copertura stabiliti dal Governo. Secondo i dati forniti dall¿azienda nel 2002, infatti, la crescita dei costi sarebbe esponenziale: 15 milioni di euro per coprire il 20% della popolazione, 50 milioni di euro per il 40%, 250 milioni per l¿80% e 750 milioni di euro per la copertura universale. Queste cifre sono state parzialmente ridimensionate nel corso del 2003, quando la Rai ha iniziato ad acquistare dalle emittenti private le frequenze necessarie al servizio digitale. Il mercato delle frequenze si &#232 dimostrato pi&#249 vivace del previsto e i le frequenze sono state cedute e prezzi inferiori a quanto inizialmente stimato.

DATI

Abitazioni munite di tv: 22.800.00

Percentuale dei sistemi di ricezione (analogico + digitale)

Italia

Media UE

Terrestre

87,5%

50%

Cavo

1%

29%

Satellite

11,5%

21%

Consulta:I DATI COMPLETI

Mercato e operatori

Free To Air

L¿Italia ha la pi&#249 grande offerta di canali commerciali, su scala nazionale e locale, al mondo. Questo all¿interno di un sistema sostanzialmente duopolistico, composto da Rai e Mediaset. La Rai, televisione di Stato, controlla tre canali terrestri (Uno, Due e Tre), la radio pubblica e la rete di broadcasting terrestre con RaiWay. La Rai ha anche sviluppato una decina di canali satellitari tematici che trasmettono con un segnale digitale in chiaro e all”interno del bouquet a pagamento di Sky.
Il gruppo Mediaset, controllato dalla Holding Fininvest, &#232 l¿editore di riferimento per gli altri tre canali terrestri principali: Rete 4, Canale 5 e Italia 1. Sono tutti canali commerciali la cui autorizzazione &#232 stata rinnovata nel 1999. Altri canali a copertura nazionale sono quelli detenuti dal Gruppo Telecom Italia Media: La 7 e Mtv (75% della popolazione).
Secondo la legge 249/97, Tele+ e Mediaset devono entrambi dismettere uno dei loro canali analogici terrestri entro il 31 dicembre 2003. Al contempo la Rai deve trasmettere il terzo canale senza pubblicit&#224.Questa data era suscettibile di variazioni, secondo il congruo sviluppo delle alternative via cavo, satellitari e digitali terrestri, ma una sentenza della Corte Costituzionale ha ribadito il termine ultimo del 31 dicembre 2003 per lo spostamento di Rete 4 (Mediaset) sul satellite. L¿approvazione del Ddl Gasparri prima della scadenza stabilita dalla Corte Costituzionale potrebbe annullare questo provvedimento, cos&#236 come quello riguardante la terza rete Rai. Ma alcuni costituzionalisti avanzano dubbi in proposito.

Per quanto riguarda Tele+, la fusione con Stream e la nascita di Sky hanno comportato, come conditio sine qua non da parte dell¿antitrust europeo, la cessione di tutte le frequenze terrestri entro il 31 dicembre 2003. In effetti, a ottobre 2003 le frequenze sono state cedute alla societ&#224 che fa capo al finanziere Tarak Ben Ammar; l¿operazione &#232 attualmente al vaglio delle autorit&#224 europee.


Cavo

Numerosi ostacoli legislativi e di mercato hanno bloccato lo sviluppo delle trasmissioni via cavo: l¿attivit&#224 &#232 stata liberalizzata soltanto con la legge 249/97. Prima l¿unico operatore via cavo autorizzato era quello pubblico.

L¿offerta di programmi free to air terrestri in Italia &#232 la pi&#249 grande in Europa, con ben 8 canali generalisti nazionali e molti canali commerciali su scala locale. Questo ha fornito ai consumatori italiani un¿offerta praticamente multi-channel, rendendo di fatto poco appetibili le alternative via cavo.

L¿ex monopolista Telecom Italia aveva cominciato a stendere la rete in cavo ottico nel 1995. Tuttavia, i successivi provvedimenti legislativi che imponevano dismissioni e un generale ridimensionamento del Gruppo hanno disincentivato la prosecuzione dell¿opera. Dopo la privatizzazione del ¿98, la strategia &#232 stata ri-orientata verso la televisione digitale satellitare e all¿accesso broadband basato sull¿ADSL.

L¿operatore Fastweb (di propriet&#224 di e.Biscom) ha steso circa 1.800 km di fibre ottiche a Milano e ha avviato i suoi servizi nelle citt&#224 di Torino, Genova, Bologna, Roma, Napoli e Venezia. Al 30 settembre Fastweb aveva oltre 290mila abbonati, la maggior parte dei quali residenziali. L¿operatore dichiarava che oltre il 60% dei nuovi abbonati in fibra ottica e ADSL aveva sottoscritto l¿opzione Tv, un dato che per i clienti ADSL da marzo 2003 &#232 praticamente raddoppiato.

Satellite

La televisione satellitare, con i servizi interattivi, &#232 da sempre in digitale e praticamente tutta a pagamento.

I multichannel a pagamento sono stati introdotti nel marzo 1996 con Digitale+ (D+) e Telepi&#249, entrambi trasmessi dal satellite Eutelsat Hot Bird 2/3. D+ era controllata da Canal+ (98%) e dalla Rai (2%).

Una seconda piattaforma digitale, Stream, inizialmente appoggiata da Telecom Italia, &#232 stata lanciata nel settembre del 1996. Dopo un periodo di incertezza in coincidenza con la privatizzazione e i cambi di propriet&#224 di Telecom, Stream &#232 stata rilanciata nel 1999, dopo l¿acquisizione di una fetta del 50 per cento da parte della News Corp. Europe di Rupert Murdoch.

Entrambi gli operatori hanno subito forti perdite negli ultimi anni (200milioni di euro per Stream nel 2000). Questi dati, insieme alla necessit&#224 di arrivare a una contrattazione su base collettiva per i diritti televisivi del calcio, hanno portato alla decisione di fusione all¿inizio del 2001. La prima proposta era un¿unica piattaforma che avrebbe mantenuto il nome Tele+. La societ&#224 sarebbe stata controllata al 66 per cento da Canal+ e al 30 per cento da News Corp., mentre Telecom Italia avrebbe venduto le sue quote ai suoi partner inglesi. Questa proposta &#232 stata ritirata da Canal+ e da Stream prima della decisione dell¿Antitrust.

Nel febbraio 2002 Telecom Italia ha ceduto alla News Corp di Rupert Murdoch il suo 50% nel capitale di Stream per 42 milioni di dollari. All”atto della vendita, Telecom Italia si &#232 impegnata a rinunciare a crediti commerciali nei confronti di Stream per circa 80 milioni di dollari. L”operazione rientra nel quadro della cessione del 100% di Stream dalla News Corp a Vivendi Universal.

Nel maggio 2002 l”Antitrust italiano ha dato il via libera condizionato all”accordo.

Il 1° ottobre 2002 &#232 nata Sky Italia Spa. La News Corp ha confermato l¿acquisto di Tele+ da Vivendi, per 900 milioni di euro (888 mln di dollari) e l”intenzione di fondere Tele+ con Stream (che controlla al 50% con Telecom Italia, che scender&#224 a una quota del 20% della piattaforma unica) per dare vita a una nuova pay tv, che si chiamer&#224 Sky Italia Spa. News Corp pagher&#224 470 milioni in contanti e rilever&#224 un debito di 423 milioni. Il break even di Sky Italia &#232 previsto nel 2004, mentre nel 2005 si aspetta un utile operativo di 342 milioni di euro.

Il 18 ottobre 2002 News Corp ha notificato l”operazione Stream-Tele+ all¿antitrust di Bruxelles.Dopo quattro mesi, il 18 febbraio 2003, l”Antitrust Ue ha formalizzato in uno ””statement of objections”” i propri dubbi consolidatisi in due mesi e mezzo di esame approfondito sulla fusione Stream-Tele+.

Infine, il 31 marzo 2003 la Commissione europea ha dato informalmente via libera condizionato alla fusione fra Stream e Telepi&#249, autorizzando di fatto la creazione di un polo unico della televisione a pagamento in Italia. Il via libera di Bruxelles &#232 condizionato al rispetto di numerose condizioni da parte di News Corp.

Il 2 aprile 2003 anche la Ue d&#224 il suo via libera formale alla fusione e il 16 aprile arriva anche l¿assenso dell¿Autorit&#224 per le garanzie nelle comunicazioni italiana. Da luglio parte la nuova offerta commerciale di Sky. A settembre 2003 gli abbonati all¿unica piattaforma televisiva satellitare italiana erano circa 2 milioni 600mila.

Contemporaneamente alla fusione delle due pay tv italiane, con il conseguente rischio di formazione di un monopolio, la Lega Calcio ha varato una propria piattaforma digitale via satellite, attraverso la quale verranno trasmessi gli incontri di calcio delle squadre che non hanno sottoscritto accordi con Sky. L¿iniziativa servir&#224 a garantire, dal prossimo anno, la concorrenza nel settore dei diritti tv del calcio.

Piattaforma satellitare digitale e decoder unico

Introdotto con la legge 78/99 il ¿decoder unico¿ &#232 diventato obbligatorio dal 1° luglio 2000. Gli operatori della Pay TV – D+ e Stream – hanno avuto la possibilit&#224 di scegliere le modalit&#224 di attuazione, via simulcrypt o con multicrypt. Il decoder compatibile &#232 apparso per&#242 solo il 26 agosto 2001, grazie ad accordi simulcrypt. Questa compatibilit&#224 non comporta per&#242 l¿accesso congiunto ai servizi interattivi di entrambe le piattaforme, non introdotti con il decoder unico.Per il quadro normativo si vedano le apposite pagine.

Fonti

Documenti

IDATE: Development of Digital TV in Europe (Italy report by Databank: December 2000).

DigiTAG Report on the positioning of DTT.

Mediaset risposte a un questionario BIPE/DGIS.

TV International: Italy country profile (23 luglio 2001).

Il Sole 24Ore : ¿RaiWay: Digitale, missione impossibile¿ (12 giugno 2001).

Link

AGCOM

http://www.agcom.it/

Mediaset

http://www.corporate.mediaset.it/index.htm

Sky

http://www.skytv.it

Rai

http://www.rai.it/

RaiWay

http://www.raiway.it/

Normativa

Vedi paragrafo dedicato.

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