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Il numero uno mondiale dell¿informatica IBM vuole accelerare il trasferimento dei propri impiegati verso l”India e altri paesi d”oltreoceano per ridurre i costi di produzione e restare competitivo.
I dirigenti di IBM, riferisce il New York Times, sono concordi nel sostenere che l¿azienda deve seguire il movimento di delocalizzazione già iniziato dalla concorrenza e trasferire i lavori legati ai servizi fuori dagli Stati Uniti, dove la manodopera è meno caro. ¿I nostri concorrenti lo hanno fatto, lo faremo anche noi¿ ha dichiarato Tom Linch, il direttore per le relazioni sul personale globale, nel corso di una teleconferenza.
Secondo le stime fornite da Forrest Research, l¿intero comparto hi-tech statunitense potrebbe trasferire all¿estero 450.000 impiegati – pari all”8% della forza lavoro totale nel settore – nei prossimi 12 anni. Il numero di dipendenti nei servizi creati al di fuori degli Stati Uniti, la maggior parte dei quali riguarda le tecnologie dell¿informazione, arriverà a 3,3 milioni nel 2015, contro i 400.000 nel 2003.
La notizia potrebbe provocare forti dissensi siacon le forze sindacali che con la classe politica dal momento che il tasso di disoccupazione è del 6,4%, il più alto dalla primavera 1994. “Chi sta al governo si accorgerà di essere limitato nelle sue possibilità di azione, quindi sindacalizzare la faccenda diventa un”opzione allettante”, ha dichiarato infatti Linch.
Un portavoce di IBM ha cercato di buttare acqua sul fuoco affermando che ¿¿si tratta di investire nel mondo intero, compresi gli Stati Uniti, per sviluppare le capacità e salvaguardare il potere d¿acquisto dei nostri clienti¿.