Mondo
di Alessandra Talarico
Li Zhi, un funzionario cinese, è stato formalmente accusato di ¿cospirazione volta a sovvertire il potere dello Stato¿, per essere stato in contatto con dei presunti dissidenti stranieri attraverso dei forum di discussione in rete. Lo rende noto l¿organizzazione Human Rights In China (HRIC).
Zhi, 32 anni, è stato arrestato lo scorso 8 agosto dalla polizia di Sichuan nel sud ovest della Cina, ma l¿accusa è stata ufficializzata nei giorni scorsi, pochi giorni dopo che il Segretario di Stato americano, Colin Powell, aveva esortato la Cina a fare di più per il rispetto dei diritti umani. L¿uomo rischia fino a 15 anni di prigione.
Zhi tra l¿altro non è il primo cinese ad essere arrestato per reati legati alla diffusione in rete di materiale ritenuto sovversivo: secondo Reporters Without Borders, sono 36 i cinesi arrestati e a volte condannati a lunghe pene detentive per aver anche solo espresso la propria opinione. A febbraio, ad esempio, Tao Haidong è stato riconosciuto colpevole, dal tribunale di Ürümqi, capitale della regione orientale di Xinjiang, di sovversione e diffamazione di funzionari alto rango, per aver affermato su Internet che la Cina è al limite del collasso economico. Tao è stato condannato a sette anni di prigione.
Nel comunicato di HRIC, si legge: ¿L¿associazione Human Rights deplora la persecuzione di quelle persone che esprimono liberamente e pacificamente la propria opinione¿. HRIC spera che il governo americano faccia pressioni su Pechino per la liberazione di Li Zhi e degli altri dissidenti ingiustamente arrestati.
Anche un”altra associazione umanitaria, Free China Movement (FCM), ha denunciato i continui abusi del governo di Pechino nei confronti del web e di chi lo frequenta anche solo per scopi di lavoro: a giugno quattro giornalisti sono stati condannati per aver sollecitato urgenti riforme politiche. Ma la sentenza che ha destato più clamore è quella emessa nei confronti di Li Dawei, un ex agente di polizia condannato a 11 anni di carcere per aver scaricato articoli da siti dei movimenti democratici cinesi all”estero. Tutti i suoi appelli sono stati respinti dalle autorità
Le autorità, da canto loro, continuano a tenere un atteggiamento piuttosto ambiguo: se da un lato, infatti, continuano a promuovere le potenzialità di Internet nel mondo del lavoro, dall¿altro sono ansiosi di controllare i contenuti politici.
L¿uso di Internet in Cina è in piena espansione, soprattutto fra i più giovani, per questo le autorità considerano la rete come una sorta di minaccia e continuano a intensificare i controlli sull”informazione on-line con misure come il filtro o il blocco di siti stranieri, l”istituzione di corpi speciali di polizia, il blocco di motori di ricerca e la chiusura di siti che pubblicano informazioni sulla corruzione o articoli critici nei confronti della politica.
Lo scorso anno, un rapporto di Amnesty International ¿ ¿Repubblica Popolare Cinese: il controllo dello Stato su Internet¿ – rivelò che il ministero per la Sicurezza dello Stato avrebbe anche fatto installare dei firewall di rilevamento sui sistemi dei service provider con l”obiettivo di controllare le singole caselle di posta elettronica, mentre tutti gli Internet café sono stati obbligati a tenere un registro dei propri clienti e a informarne la polizia.