Indebitamento, competizione e nuovi servizi in Italia ed Europa

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Europa



di Raffaele Barberio

Le difficolt&#224 che hanno caratterizzato negli ultimi tre anni l¿industria dell¿ICT hanno segnato in modo profondo l¿intero settore. Tre anni di difficolt&#224 le cui cause, sia in Europa che negli Stati Uniti, sono ormai ben note a tutti, ma pochi sembrano esprimere consapevolezza sul fatto che tali difficolt&#224 in parte derivino dall¿aver mancato di valutare appieno gli effetti della competizione e della deregulation.

Il processo di liberalizzazione ha, infatti, portato in tutto il mondo a un”esplosione del numero di operatori di rete fissa e il principale effetto di questo consistente e rapido sviluppo dell”offerta &#232 stato in tutta Europa il forte calo dei prezzi per tutte le tipologie dei servizi di Tlc.

La pressione al ribasso ha causato una forte erosione dei margini, accentuata da due ulteriori fenomeni: la crescita del traffico Internet, che ha aumentato il peso del traffico locale a margine pi&#249 basso (per chiamare l”Internet service provider basta infatti una telefonata urbana) e la frammentazione del traffico tra gestori concorrenti, causata dalle modalit&#224 di offerta (carrier selection, cio&#232 contratti che consentono di scegliere il gestore di volta in volta pi&#249 conveniente nelle varie fasce orarie). Parallelamente, gli incumbents hanno sub&#236to una erosione della quota di mercato.

In Europa, il quadro scaturito dalla liberalizzazione del 1998 ha avuto modo di dispiegarsi con continuit&#224, pur registrando una serie di iniziative non sempre coerenti.

Se guardiamo alle telecomunicazioni fisse, in alcune nazioni europee permane l¿anomalia che vede ancora gruppi primari di telecomunicazioni con una forte presenza dello Stato (pari, ad esempio, al 55,5% in France T&#233l&#233com, al 43% in Deutsche Telekom, al 31,4% in KPN, contro il 3,4% di presenza dello Stato italiano in Telecom Italia).

La liberalizzazione dell¿ultimo miglio, diventato un obbligo in Europa dal 1 gennaio 2001, rappresenta tuttora un processo complesso e difficile che ha registrati progressi ancora contrastanti. Pricing e condizioni di co-locazione rappresentano tuttora i principali ostacoli al suo sviluppo.

L¿accesso al local loop rimane ancora deficitario in buona parte d¿Europa. Molte Autorit&#224 hanno svolto un azione pressante, ma non per questo sempre efficace, sulle condizioni di diffusione dell¿ADSL.

Quanto alle comunicazioni mobili, il discorso appare pi&#249 articolato.

Gli eccessi di aspettative sulle prospettive delle nuove tecnologie 3G hanno generato, con l¿avanzare delle difficolt&#224 del settore, un pessimismo forse eccessivo.

Attualmente in Europa vi sono 40 presenze di telefonia cellulare e persino i Paesi piccoli come Olanda e Svezia vi sono cinque operatori. In questo mercato non c¿&#232 spazio per tanti gestori con licenze 3G, tanto pi&#249 che diviene sempre pi&#249 chiaro che una quantit&#224 di servizi interessanti possono essere sviluppati con la pi&#249 semplice e meno costosa tecnologia Gprs, a patto che i gestori, produttori di apparati e di software trovino indispensabili punti di incontro e di coordinamento. Il cammino da percorrere per mettere a punto la tecnologia, per standardizzare terminali e reti e per suscitare l¿interesse dei consumatori potrebbe finalmente non essere molto lungo e, se i lanci gi&#224 avviati e quelli annunciati dei nuovi servizi di 3G saranno di adeguata qualit&#224, con costi non eccessivi, i gestori pi&#249 bravi potrebbero mettere uno stop al declino attuale (e ancora previsto anche per il futuro e breve-medio termine) dei ricavi.

L¿assegnazione del wireless local loop, che rappresenta una delle alternative per l¿accesso all¿ultimo miglio, &#232 stata effettuata ormai in tutta Europa. Infine tutti i Paesi europei, con l¿eccezione di Irlanda e Lussemburgo hanno completato le assegnazioni delle licenze 3G.

Purtroppo, gli effetti positivi della competizione sul mercato della telefonia mobile sono stati in parte diluiti dalle difficolt&#224 finanziarie successive agli esborsi per le acquisizione delle licenze.

Il ricorso al crescente indebitamento &#232 stato cos&#236 guidato da due fattori.

Da un lato, vi &#232 stata una corsa all¿internazionalizzazione da parte degli incumbent, nel tentativo di equilibrare le quote di mercato perse in ambito nazionale per effetto dell¿ingresso dei new comers. Si &#232 trattato di un moto in netta controtendenza rispetto anche al decennio precedente, un decennio in cui nessuno degli operatori allora monopolisti poteva vantare quote di introiti provenienti dai mercati internazionali superiori al 10 % del totale.

Dall¿altro, i fattori di difficolt&#224 sono anche scaturiti da una eccessiva aspettativa creata dall¿assegnazione delle licenze 3G e dall¿atteso lancio dei relativi servizi, senza considerare le difficolt&#224 di ordine tecnologico non ancora risolte all¿epoca e non ancora del tutto fugate oggi, unitamente alla incertezza sulla morfologia dei servizi da offrire ed alla reale ed immediata appetibilit&#224 di tali servizi nei confronti dei consumatori.

In Europa il quadro della frammentazione nazionale sta dando il passo ad un nuovo contesto continentale. Ad un¿Europa in ordine sparso, che abbiamo alle spalle e che spesso ha reso svantaggioso il confronto competitivo con il resto del mondo, si deve sostituire (e si sta sostituendo) una ¿Europa delle armonie¿, consapevole del proprio ruolo nello scenario internazionale, anche in previsione dell¿ormai imminente allargamento verso Est.

In questo quadro, fatto di differenziazioni anche forti, ma di obiettivi comuni, si &#232 innestato il pacchetto sulle telecomunicazioni varato da Bruxelles nello scorso mese di marzo 2002: un¿iniziativa che conferisce alla Commissione europea poteri d¿intervento sulle decisioni delle autorit&#224 nazionali, proprio per prevenire la frammentazione del mercato. La scadenza delle cinque direttive comunitarie del 24 luglio 2003 costituisce la prima vera grande occasione per procedere ad un radicale riassetto della normativa di settore.

L¿Italia sta dimostrando di avere buone capacit&#224 nei settori connessi alla societ&#224 dell¿informazione e in Europa rappresenta una realt&#224 molto considerata ed apprezzata.

Il quadro complessivo del mercato italiano vede oggi i prezzi dei servizi vocali fortemente concorrenziali, cos&#236 come c¿&#232 forte competizione anche nel trasporto dati sulla lunga distanza; mentre nella telefonia mobile la portabilit&#224 del numero sta dando modo ai gestori di aprire un nuovo confronto competitivo.

Nel mercato delle telecomunicazioni italiane ci sono sempre meno barriere di ingresso. Telecom Italia, pur conservando la sua posizione dominante, sia nel mercato dell¿accesso sia in quello delle linee affittate, ha visto ridursi la sua quota di mercato di sette punti percentuali (dall¿83.8% al 76.8%). Gli operatori nuovi entranti hanno, d¿altro canto, realizzato i loro risultati migliori nella telefonia nazionale di lunga distanza, dove la quota di mercato dell¿operatore dominante &#232 scesa al 64%¿.

Ma la competizione assume anche i caratteri derivati dalla natura dei consumi. In Italia il traffico di dati ha praticamente raggiunto quello della voce.

Il monte miliardi di minuti di trasmissione vocale &#232 stato raggiunto dalle connessioni per la navigazione su web. E se alla tradizionale connessione via modem si aggiunge l¿Adsl, i rapporti di forza sono ribaltati: il 60% del tempo speso, secondo un calcolo di Telecom Italia, &#232 dedicato alla navigazione in Rete, mentre alle chiamate urbane resta appena il 40%.

Quindi prima le telefonate, ora il collegamento veloce a Internet. La concorrenza tra gli operatori di telecomunicazioni, a cinque anni dalla liberalizzazione, sposta il baricentro dalla voce al Web, con una molteplicit&#224 di offerte di connessione attraverso la tecnologia Adsl. Una tecnologia il cui peso &#232 indiscutibile: almeno fino al 2010, secondo gli analisti di settore, la diffusione della banda larga sar&#224 in gran parte merito dell¿Adsl.

Da qui la necessit&#224 di accentuare il processo di liberalizzazione dell¿ultimo miglio. Proprio per quanto riguarda la concorrenza su questo segmento, su cui oggi &#232 molto forte la polemica in sede europea, l¿Italia pu&#242 gi&#224 registrare l¿apertura di circa 1.000 centrali dell¿operatore dominante (sulle 1.040 indicate dagli operatori concorrenti), con l¿attivazione di oltre 45.000 linee disaggregate, che collocano il nostro paese in seconda posizione in Europa dopo la Germania.

Infine, la gara per le assegnazioni del wireless local loop indicano un ulteriore avanzamento in termini di articolazione competitiva. 29 aziende ammesse a partecipare alla gara su 32 , in rappresentanza di tutte le Regioni italiane e delle Province autonome, sono il segno da un lato della concorrenza che esiste anche in questo settore e dall¿altro dell¿¿intesse diffuso per le nuove tecnologie dell¿informazione.

In Italia ci sono oggi oltre 150 licenze di rete fissa, cinque di rete mobile (2G e 3G) e assieme ad esse operano svariate centinaia di Internet Service Provider.

Ora si dovr&#224 guardare al futuro.

Abbiamo davanti a noi la sfida di un decennio digitale che richiede investimenti ingenti, creativit&#224 e intelligenza per la realizzazione di nuovi servizi, ma soprattutto un assetto di regole che fissi compatibilit&#224 e convenienze.

Ci&#242 che si deve per&#242 evitare &#232 il passaggio da un passato burocratico fatto di regole senza mercato ad un sistema di mercato senza regole.

Curiosamente (e non &#232 un caso), proprio tra gli operatori si &#232 fatto strada il forte convincimento secondo cui non c¿&#232 sviluppo senza regole chiare.

Investimenti ed infrastrutture, tecnologie e servizi dovranno godere di una sostenibilit&#224 finanziaria ed economica, ma ancor di pi&#249 dovranno rispondere ad esigenze concrete dei cittadini-consumatori-utenti e gli obiettivi, a riguardo, sono chiari: soddisfare e rafforzare la domanda consolidata, intercettare la domanda inespressa, sollecitare una nuova domanda.

Il governo si &#232 impegnato a rilanciare, in questa chiave, le realizzazioni strategiche per lo sviluppo del Paese: costruzione delle nuove reti, nuovi insediamenti a tecnologia avanzata, rilancio e modernizzazione della produzione, recupero del gap che penalizza il nostro Paese dal punto di vista della competitivit&#224 internazionale. E il nocciolo duro di tutto questo sar&#224 la banda larga in tutte le sue modalit&#224 distributive: reti cavo, reti mobili, Tv digitale terrestre.

Aspettiamo la prova dei fatti.

Qui emergono due aspetti di grande rilevanza.

Il primo &#232 che in prospettiva la banda larga nelle sue modalit&#224 distributive non servir&#224 solo ad internet. Essa servir&#224 ad una serie di nuovi servizi di intrattenimento e di informazione che renderanno insostituibile l¿impiego, appunto, della banda larga.

Il secondo &#232 che un impulso alla sua affermazione potr&#224 essere svolto dalla pubblica amministrazione mettendo i suoi servizi in rete, a disposizione di tutti i cittadini. La diffusione dei servizi al cittadino nelle scuole, nella sanit&#224, nel fisco, sar&#224 un eccezionale fattore di modernizzazione di trasparenza, di libert&#224. Prevediamo che lo sviluppo del Piano di eGovernment svilupper&#224 la domanda pubblica di larga banda con il collegamento entro il 2005 dell¿80% delle 85.000 sedi di pubblica amministrazione (di cui 40.000 scuole).

La larga banda &#232 stata definita un fattore chiave per lo sviluppo economico dell¿Europa, tanto da indicare il 2005 come il termine entro il quale garantire un¿ampia disponibilit&#224 delle tecnologie a larga banda in tutta l¿Unione europea.

Il Piano nazionale di sviluppo della larga banda individua le soglie minime di interattivit&#224 che devono essere garantite alla fascia pi&#249 ampia possibile della popolazione entro il 2005. Il Piano ha affrontato il problema della disomogenea distribuzione del potenziale di diffusione della larga banda nel Paese. E¿ possibile disaggregare le differenti aree territoriali, classificandole in tre principali categorie.

Vi &#232 una zona A caratterizzata da un elevato potenziale di sviluppo dei servizi a larga banda e rappresentato dalle aree metropolitane e urbane; una zona B, caratterizzata da un medio potenziale di sviluppo &#232 rappresentato dai centri urbani minori; infine una zona C, caratterizzata da un basso potenziale di sviluppo dei servizi a larga banda e rappresentato dalle zone extra-urbane, rurali e remote. L¿obiettivo sar&#224 quello di individuare gli incrementi possibili ed i provvedimenti che, per ciascuna delle zone definite, garantiscano livelli di interattivit&#224 superiori a quelli che risulterebbero da una naturale evoluzione del mercato. Il rischio da evitare, &#232 evidente, &#232 quello di una estensione sul territorio a macchie di leopardo, secondo una graduatoria di appetibilit&#224 di citt&#224 e province. Questo potrebbe avere conseguenze negative per lo sviluppo economico.

Il sostegno di un quadro competitivo adeguato &#232 il prerequisito per la diffusione della larga banda necessaria allo sviluppo del Paese. Un fenomeno questo che pu&#242 affermarsi solo con un circolo virtuoso tra domanda e offerta di nuovi servizi. Si tratta di una condizione necessaria, ma, da sola, insufficiente.

Un ulteriore processo di accelerazione sar&#224 dato dalla futura attivazione dei servizi ascrivibili a quella parte di banda larga chiamata televisione digitale terrestre.

Il digitale terrestre consentir&#224 di potenziare le risorse trasmissive e il superamento delle barriere che hanno finora separato i vari comparti della comunicazione.

La televisione non sar&#224 pi&#249 solo televisione.

Nel volgere di pochi anni anche l¿Italia disporr&#224 delle nuove possibilit&#224 che l¿evoluzione della tecnologia mette a disposizione dell¿emittenza radiotelevisiva. Questo sviluppo produrr&#224 un allargamento delle occasioni di mercato e rappresenter&#224 un freno alla costituzione o al rafforzamento di posizioni dominanti. La legge 30 marzo 2001, n.66, prevede, che le trasmissioni televisive dei programmi e dei servizi multimediali su frequenze terrestri devono essere irradiate esclusivamente in tecnica digitale entro l¿anno 2006.

Con il digitale terrestre ci sar&#224, &#232 auspicabile, una maggior spinta al pluralismo, ma sar&#224 necessario garantire altres&#236 un maggiore intreccio tra chi si occupa di giornali e chi fa televisione. Ci&#242 che abbiamo di fronte (e che dovr&#224 essere arricchita attraverso il confronto nazionale) &#232 la necessit&#224 di una riforma che garantir&#224 pluralismo e modernizzazione e dovr&#224 avviare una parziale e progressiva, quanto cauta, privatizzazione della Rai, con l¿obiettivo di arrivare ad una public company, secondo la formula di una corporation ad azionariato diffuso. La scadenza per questo obiettivo senza precedenti &#232 il gennaio 2004 e gli introiti relativi, oltre ad alleviare il debito pubblico per tre quarti, serviranno a realizzare il digitale terrestre.

E¿ volont&#224 del ministero confermare la definizione di incentivi per l¿acquisto degli apparecchi, per consentire la diffusione nel 40% delle famiglie entro il 31 dicembre 2004 e nel 75% delle famiglie entro il 31 dicembre 2005.

Ci&#242 che si apre davanti a noi sono le espressioni concrete di un nuovo scenario della comunicazione, complesso e strutturalmente differente rispetto al passato. Uno scenario che impone una nuova coniugazione tra regole e mercato, tra domanda e offerta, tra industrie e cittadini consumatori. Uno scenario che sollecita nuove responsabilit&#224 da parte dei decisori politici, nuove responsabilit&#224 della cui necessit&#224 il governo e ben consapevole.

Il processo di liberalizzazione (meno scontato e ineluttabile di quanto non si immaginasse), il lancio di nuovi servizi (impegnato a incontrare una domanda latente e a sollecitarne una del tutto nuova), le esigenze di armonizzazione dei quadri normativi nazionali e comunitari (con tecnologie che corrono molto più delle norme e norme che devono governare i processi di sviluppo tecnologico), la globalizzazione dei consumi (con il confronto tra culture e tra livelli di cultura e alfabetizzazione informatica), sono tutti fenomeni che testimoniano la necessità di un ruolo attivo da parte di tutti: governo, imprese, università, consumatori.

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