Italia
di Eugenio Prosperetti
Partner
Studio Legale PORTOLANO COLELLA CAVALLO PROSPERETTI
La convergenza tra televisione e telefonia mobile è ormai una realtà. In particolare, emergono tre punti forti. Ma veniamo ai fatti.
A) Uno dei principali operatori nazionali, TIM, ha da poco lanciato un servizio che, seppur con molti limiti -il più evidente dei quali è il ristretto numero di modelli di terminali serviti (un solo modello della Nokia, per adesso) -,consente la ricezione sul cellulare in tempo reale di programmi televisivi delle emittenti che fanno capo al gruppo Telecom Italia (La7 e MTV Italia) e di alcuni canali tematici (quali Coming Soon Television, Class Financial Network);
B) Lo stesso operatore ha lanciato, in questi giorni, l¿estensione del nuovo servizio e così con alcuni modelli di cellulari è possibile ¿realizzare brevi filmati¿ e trasmetterli ad un PC attraverso Internet;
C) Uno dei principali produttori di apparati e infrastrutture di telefonia mobile, la svedese Ericsson, ha messo a punto e dimostrato in pubblico il funzionamento di tecnologie che consentono una prima integrazione tra applicazioni di telefonia mobile avanzata (messaggistica MMS) e set top box per la televisione digitale terrestre dotati di canale GPRS integrato.
E¿ dunque possibile creare una connessione punto-punto (e in futuro sarà forse possibile una connessione punto-multipunto) tra il proprio terminale GSM-GPRS e il set-top box televisivo digitale terrestre GPRS predisposto al servizio al fine di visualizzare un piccolo filmato ripreso con la videocamera del ¿telefonino¿ sul televisore di casa.
Tali tipologie di servizio, assai semplici concettualmente e ormai realizzabili tecnicamente grazie all¿evoluzione delle reti radiomobili, comportano, nel modo in cui esse si pongono rispetto alla normativa televisiva e delle telecomunicazioni, alcune interessanti tematiche.
Il presente contributo, lungi dal voler dare risposte a domande che ancora non hanno una propria compiutezza, vista l¿immaturità dei servizi cui si riferiscono, vuol semplicemente porre alcuni interrogativi che diano l¿idea della complessità delle tematiche da risolvere, così da stimolare la riflessione dei giuristi e dei legislatori in materia.
La prima considerazione da svolgere è che i tipi di servizi sommariamente illustrati sopra, per quanto al momento siano ancora ad un livello quasi ¿sperimentale¿, esemplificano perfettamente il significato del termine convergenza fra reti e mezzi di comunicazione di massa (e non) in atto.
Prendiamo innanzi tutto il servizio Free TV di TIM, descritto sopra ai punti a) e b).
Esso ha una particolare valenza ¿di rottura¿ rispetto a un sistema caratterizzato dalla continua e costante introduzione di nuovi servizi interattivi evoluti bastati su radiomobile cellulare di seconda e terza generazione.
La radice del problema risiede nel fatto che il telefono, particolarmente quello radiomobile cellulare, è un mezzo di comunicazione individuale, assai diverso dai mezzi di comunicazione ¿di massa¿ quali sono radio, televisione e stampa.
L¿integrazione dei suddetti mezzi di comunicazione in (e con) un mezzo di comunicazione individuale una volta era tecnicamente impossibile se non inconcepibile persino dal punto di vista teorico. Da notare che il fenomeno fu compiutamente previsto solo in anni abbastanza recenti nel noto libro di Nicholas Negroponte ¿Essere Digitali¿.
Una delle ragioni di tale ritardo nel prevedere il fenomeno si può ritrovare nella diversità tra i due mezzi di comunicazione in questione: il telefono è volto a far comunicare il singolo con il singolo, la televisione mette invece in comunicazione il singolo punto trasmittente con una pluralità indistinta di individui.
Tale diversità, quando la si voglia leggere dal punto di vista del quadro normativo non può essere ignorata poiché non è stata ignorata dal legislatore che ha regolato i due mezzi di comunicazione in questione.
Se si predispongono servizi della convergenza trascurando il dato appena esposto, si corre il rischio che, caduti i ¿Muri di Berlino¿ concettuali e tecnici tra tipologie di servizio, viene ad applicarsi alla nuova interattività convergente un sistema ibrido di norme, mutuate da televisione e telefonia, ma sostanzialmente inadatte o incompatibili a disciplinare le nuove realtà.
I motivi perché ciò potrebbe accadere sono da ricercarsi nel fatto che le trasmissioni televisive, nel senso tradizionale, sono, come noto, di tipo broadcast: da un punto originante esse raggiungono un numero indeterminato di destinatari simultaneamente o quasi.
Caratteristica dei destinatari dei servizi di broadcasting è che non sono identificabili nominativamente, fatta eccezione per i servizi in pay per view e video on demand, dove l¿operatore ha traccia del richiedente attraverso lo strumento di pagamento utilizzato e attraverso l¿intestatario della smart-card abilitata alla visione.
Diverso è il quadro nella telefonia radiomobile cellulare: la trasmissione è di tipo punto-punto, dal terminale del chiamante o dell¿operatore che eroga il servizio viene originata una trasmissione specificamente e volutamente diretta al terminale del destinatario, sia essa una telefonata, un SMS, un MMS o, come nel caso di specie, un audiovisivo.
Il punto è proprio questo: la televisione, quando è sul telefonino è innaturalmente costretta ad essere una trasmissione punto-punto (o, se ci sono più spettatori di uno stesso programma allo stesso momento, punto-multipunto, che è comunque diverso dal broadcast in quanto quest¿ultimo è diretto verso un numero indeterminato di destinatari).
Non è sicuramente il servizio TIM in questione il primo caso di audiovisivi trasmessi sul cellulare, esso è però il primo caso di audiovisivi trasmessi in real time. Nei servizi di altro tipo, gli audiovisivi sono ¿preconfezionati¿ e trasmessi a richiesta da un server video, equiparabile a una videocassetta/DVD.
Nel caso del servizio TV sul telefonino invece grande evidenza è data al fatto che le trasmissioni arrivano, come detto, in tempo reale: non vi è alcuna mediazione (se non i tempi tecnici necessari alla trasmissione) tra il broadcast e la trasmissione per il proprio terminale radiomobile cellulare.
Cosa comporta questo dal punto di vista giuridico?
Vi è innanzi tutto una questione relativa alla (teorica) tracciabilità delle trasmissioni rispetto al telespettatore.
Non ci sono dubbi che grandi operatori, come quello che ha introdotto per primo il servizio in Italia, avranno preso tutte le precauzioni del caso in materia di tutela dei logs rispetto alla riservatezza dei dati, tuttavia, ci si domanda se, con la diffusione delle interazioni tra TV e telefonino e il prevedibile outsourcing della gestione dei servizi a ¿fornitori dei contenuti¿ terzi, non si porrà, ad esempio, su larga scala un problema di utilizzo ¿anomalo¿ dei dati dei logs di utilizzo dei servizi.
In prossimità di una campagna elettorale, sapere che un cittadino riceve sul telefonino con più frequenza programmi cui interviene una certa parte politica può, presuntivamente, classificare quel cittadino come un elettore di un certo schieramento, sapere che guarda trasmissioni relative ai film appena usciti al cinema può renderlo appetibile per promozioni riguardanti home video, ecc.
Se allo scenario appena tratteggiato si aggiunge il fatto che i cellulari UMTS avranno il servizio di localizzazione si potrà avere un SMS del tipo ¿stai visionando una trasmissione relativa all¿alta moda della marca XY, tra due isolati passerai davanti a un negozio che vende l¿abito che vedi, compralo e avrai il 20% di sconto¿, cosa sicuramente non fattibile con una televisione tradizionale e che, nel caso di utilizzo di tv sul cellulare da parte dei minori, potrebbe destare alcuni interrogativi.
Ci si domanda poi se il fatto che la trasmissione che avvenga con la tecnica punto-punto o punto-multipunto, e comunque con tecnica non televisiva e ad opera di un operatore non televisivo, possa generare problemi per questo solo fatto. L¿operatore TIM ha (correttamente a nostro avviso) negoziato diritti speciali per la trasmissione dei contenuti su terminale GSM con le emittenti interessate ponendo così un importante precedente in tal senso: così dovranno fare tutti gli operatori che intendano avviare attività di questo tipo. Ma ciò è sufficiente?
Non sembra, salvo smentite, essersi posta la questione di un rapporto concessorio per l¿esercizio della televisione sul telefonino. E¿ pur vero che un titolo concessorio per trasmissioni di questo tipo al momento non è formalmente richiesto dalle norme vigneti ma ciò può voler dire due cose: o che la mobile-tv via GPRS è la prima televisione veramente ¿deregolata¿ o che il Ministero delle Comunicazioni non è ancora riuscito a classificare tra le televisioni questo tipo di attività in quanto essa è, per così dire, fuori dagli schemi.
Se è vera la seconda ipotesi, siamo in presenza di una bomba a tempo e l¿avvento del digitale terrestre, che sembrerebbe fornire una perfetta sistemazione a questo servizio (TIM operatore di rete, i canali ¿fornitori di contenuti¿) potrebbe fornire lo spunto per ¿aprire l¿ombrello normativo¿.
Su quest¿ultimo punto ci si permette inoltre di fornire un ulteriore caveat sempre con l¿idea che prevenire un problema possibile è meglio che doverlo risolvere successivamente: la Legge Gasparri definisce come programmi televisivi quelli trasmessi ¿con ogni mezzo¿ e, dunque, anche quelli trasmessi via cellulare.
E¿ allora importante sottolineare ancora una volta che le argomentazioni qui svolte non rappresentano tentativi di argomentare un ¿falso problema¿: non si risolve la questione sostenendo che lo stream che arriva sul cellulare è ¿solo tecnicamente¿ una trasmissione punto-punto, essendo essa identica al broadcast televisivo.
Occorre infatti, finché si è in tempo, porsi nell¿ottica di traghettare la televisione da elettrodomestico posto davanti al divano a applet personale anche a livello normativo.
Ci si chiede infatti cosa succederà quando un operatore telefonico lancerà su GSM un¿emittente televisiva che non corrisponderà ad alcuna emittente via etere: come si dovrà porre questo operatore relativamente ai requisiti concessori che si impongono ad un operatore televisivo?
Fornire una risposta in toto affermativa parrebbe assurdo, se non altro per le enormi difficoltà interpretative derivanti dall¿applicare al terminale mobile la normativa predisposta per l¿elettrodomestico fisso (un esempio per tutti: i cellulari con il servizio TV in futuro pagheranno il canone RAI e di SKY oltre a quello dell¿operatore??!).
Sul cellulare poi non esistono (ancora?) obblighi di interconnessione e/o servizio universale: questa potrebbe essere una interessante linea futura di ragionamento perché, attualmente, il proprio operatore propone i propri canali agli abbonati in una situazione di monopolio che non ha riscontro in nessuna piattaforma televisiva (Sky ha i canali in chiaro, Fastweb ospita altri providers, ecc.).
Che dire poi dei tetti di affollamento pubblicitario? Come potrebbero essere conteggiati nel momento in cui una trasmissione di particolare successo venisse seguita da milioni (il numero al momento è irrealistico ma in futuro…) di utenti sul cellulare oltre che dai normali telespettatori?
Come assicurarsi poi di indicare, sul piccolo schermo di un cellulare, in maniera leggibile le informazioni richieste ¿a video¿ durante una televendita in maniera leggibile?
Se si guarda alla normativa presente e futura in cerca di soluzioni il quadro non è del tutto confortante.
Pensiamo poi alle problematiche che riguardano le altre tipologie di servizio descritte in apertura, diverse dalla semplice trasmissione di programmi televisivi su GSM: la trasmissione di video, realizzati con videocamere incorporate in cellulari, su Internet e su set-top-box DTT via GPRS.
Vengono subito in mente le problematiche relative alla riservatezza dei dati delle persone riprese, che dovranno essere affrontate dal Garante a tempo debito.
Ma viene anche in mente che potrà essere realizzata una nuova forma di spamming: quando questo servizio si evolverà fino a consentire (come sembra sarà possibile) l¿invio da un terminale di un video a più set top box contemporaneamente, si potrebbero ricevere sul proprio televisore contenuti video sgraditi e non sollecitati.
Poiché si tratta di trasmissioni punto-multipunto, ai limiti del broadcasting, chi le ha realizzate potrebbe essere trattato quasi fosse un¿emittente televisiva che ha trasmesso dei contenuti inappropriati, con imprevedibili conseguenze sul piano sanzionatorio.
Tutto ciò, solo volendo sfiorare la punta dell¿iceberg, con la speranza che le vicende di cui si è trattato siano presto affrontate in sede normativa a tutti i livelli: con la nuova direttiva TV senza frontiere, con una estensione della Legge Gasparri (dandone per scontata ormai l¿approvazione) che riconosca l¿esistenza del servizio e deleghi l¿AGCOM a disciplinarlo attraverso una normativa il più possibile concordata con gli operatori interessati.