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Global Crossing ha reso noto di essere uscita dal Chapter 11 della legge americana sulla bancarotta, sotto la cui protezione si trovava ormai da due anni.
L¿operatore, che controlla una rete in fibra ottica che collega 27 Paesi, negli ultimi due anni ha drasticamente ridotto l¿indebitamento, passato da 12,4 miliardi del gennaio 2002 agli attuali 200 milioni di dollari. Allo stesso tempo, le spese d¿investimento sono passate da 4 miliardi a 200 milioni.
Il livello annuale del fatturato è stato mantenuto a 3 miliardi di dollari, ma gli oneri di esercizio sono stati ridotti del 63% a un po¿ più di 700 milioni di dollari l¿anno.
L¿uscita dal regime fallimentare è stata realizzata non senza aiuti esterni: Singapore Technology Telemedia – controllata dal governo di Singapore – ha infatti speso 250 milioni di dollari per acquistare il 61,5% dell¿operatore e si è detto disponibile ad acquistare per altri 200 milioni le obbligazioni che dovrebbero essere distribuite ai vecchi creditori. Se, infine, Global Crossing non dovesse riuscire a trovare i fondi necessari a provvedere alle proprie spese, STT inietterà altri 100 milioni di dollari affinché l¿operatore riesca a pagare le proprie fatture fino alla fine del 2004.
Global Crossing, che ha chiuso il biennio 2000-2002 con perdite pari a 25 miliardi di dollari, è ancora nel mirino della SEC (l¿Autorità di controllo della Borsa Usa) che sta indagando sugli illeciti contabili che hanno portato il gruppo a fare richiesta di protezione dalla bancarotta.
L¿operatore è stato il primo a finire sotto inchiesta per l¿uso diffuso e continuato del cosiddetto”swap transactions”, un trucco contabile usato per creare un tasso di crescita solo in apparenza.
Dalla sua nascita nel 1997, Global Crossing ha creato e dissipato una fortuna di 47 miliardi di dollari e l¿entrata nel regime fallimentare nel 2002 ha segnato una delle maggiori implosioni finanziarie nell¿industria delle telecomunicazioni.
La vendita degli asset di Global Crossing a STT ha causato non poche polemiche nei mesi scorsi: la rete dell¿operatore – un backbone globale in fibra ottica da oltre 100.000 miglia costato più di 15 miliardi di dollari – così come le reti di altri operatori internazionali, viene infatti usata dal governo per trasmettere informazioni, anche strettamente riservate. Una delle principali obiezioni formulate dal Pentagono derivava proprio dal fatto che, in seguito alla vendita, gli Stati Uniti avrebbero potuto incontrare difficoltà a identificare la fonte di una qualche violazione della rete.
I dubbi dell¿amministrazione sono stati però fugati da un accordo con STT , controllata dal governo di Singapore attraverso Temasek Holdings: lo stesso primo ministro di Singapore Goh Chok Tong avrebbe rassicurato le autorità americane riguardo la gestione e la sicurezza dei dati trasmessi, il cui controllo è rimasto comunque negli Stati Uniti.
In un primo momento, anche il conglomerato di Hong Kong Hutchison Whampoa era interessato a rilevare la rete dell¿operatore. L¿apertura di un¿inchiesta da parte della Commissione Usa per gli affari esteri ha fatto però desistere il Gruppo guidato da Li Ka-Shing – notoriamente vicino al governo cinese – che lo scorso giugno si è tirato indietro dalla gara.