Italia
“La vittoria di un principio giusto, quello di tutelare la privacy di chi naviga in Internet”. Così ha commentato Pietro Folena (DS) la decisione della Camera di escludere il traffico Internet e le eMail dal testo del disegno di legge di conversione del decreto legge 354/03.
L¿ipotesi della conservazione obbligatoria per 5 anni della corrispondenza telematica e di tutti i dati relativi alle connessioni Internet di ogni singolo utente era stata auspicata dal Ministero degli Interni al fine di prevenire i reati legati al terrorismo, preoccupato per la cancellazione dei tabulati telefonici imposta dall”entrata in vigore, il 1° gennaio scorso, del nuovo codice in materia dei dati personali, meglio noto come testo unico sulla privacy (decreto legislativo 196/03) che si conforma alla direttiva europea 2002/58/CE
La decisione ha suscitato le immediate considerazioni del garante per la privacy, prof. Stefano Rodotà, del popolo di Internet (che aveva soprannominato il provvedimento “decreto grande fratello”) e dei Service Provider, le società che forniscono accesso al Web, delle associazioni di categoria e degli addetti ai lavori..
Folena, che insieme all”on.Magnolfi (DS) aveva presentato l”emendamento che ha eliminato i riferimenti al traffico Internet e eMail dal testo, sottolinea il fatto che ¿larga parte della maggioranza ha compreso le nostre ragioni già in Commissione, dando parere favorevole all”emendamento e poi appoggiandolo in Aula. Ciò dimostra come una battaglia che è nata su Internet possa avere un”efficacia enorme, arrivando a risultati concreti¿.
Una vittoria del popolo della Rete, dunque, ma sostenuta sia da molti esponenti politici che dalle associazioni di settore.
“E” stata una vittoria del cittadino onesto – ha dichiarato Gianbattista Frontera, vicepresidente di AssoProvider, a Key4biz.it – La proposta di conservare i dati di traffico per un periodo così lungo non aggiunge nulla alle capacità investigative degli inquirenti. Ma toglie molto ai diritti degli utenti. Chi vuole evitare i controlli, criminali o semplici cittadini, potrà farlo servendosi dei fornitori d”accesso stranieri, con una ripercussione devastante sul sistema economico del Paese”.
Senza parlare degli ingenti costi che i Provider dovrebbero affrontare per adempiere alle norme.
Una curiosità: “archiviare i dati di 5 anni di eMail con relativi allegati equivale approssimativamente a 80 milioni di CD Rom”, ha continuato Frontera. A fare le spese della situazione prospettata da questo scenario, ancora una volta i piccoli operatori in un mercato, quello italiano, “falsamente libero” e che va avanti – potremmo dire – quasi alla giornata. “I Provider italiani sono ancora costretti a inventare quotidianamente nuovi servizi a valore aggiunto per combattere lo strapotere dei grandi operatori del settore, per i quali i meccanismi di controllo valgono sempre un po” meno”.
L¿archiviazione coatta di tutte le eMail scaricate dagli utenti italiani di Internet ¿ spiegano AssoProvider e AIIP (Associazione Italiana Internet Provider) in una nota, si sarebbe scontrata ¿¿con la realtà fisica, ma anche con l¿articolo 15 della costituzione¿.
L¿articolo 15 recita infatti: ¿La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell”autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.¿
Esso esclude quindi qualsiasi forma di intercettazione generalizzata e preventiva della posta elettronica, sia pure solo di quelle effettivamente scaricate dal destinatario, e di qualsiasi altra forma di traffico internet.
Per Paolo Nutil, presidente dell”AIIP e vicepresidente di Puntoit, la decisione della Camera di limitare, così come suggerito dalla Commissione Affari Costituzionali, ai soli tabulati telefonici gli effetti del Decreto Legge 354, va nella giusta direzione. “Bisogna infatti tenere conto – spiega Nuti – che il ventilato mantenimento di “tabulati eMail” sarebbe stato tanto pericoloso quanto inutile: avrebbe consentito di costruire profili socio-culturali, politici, sessuali, religiosi etc. dei cittadini onesti che non si sentono infastiditi da questa intrusione nella loro privacy, mentre i disonesti e gli onesti infastiditi dall”idea che a loro insaputa e a posteriori si possa costruire un ”dossier”, si sarebbero trasferiti su fornitori di servizi di posta elettronica con base all”estero”.
Le telefonate, inoltre, hanno caratteristiche completamente diverse dalle eMail, dal momento che esse partono da un preciso numero di telefono
e raggiungono un numero altrettanto preciso . “Nel caso di una eMail l”indirizzo del destinatario può essere di fantasia e, come se non bastasse, il messaggio non raggiunge direttamente il destinatario, ma viene ”parcheggiato” su un server che può essere collocato in una qualsiasi parte del mondo in cui non viga l”ordinamento italiano”.
I tabulati relativi alla posta elettronica inviata da un utente, dunque,”… non consentono di ricostruire la cerchia di corrispondenti di un malintenzionato che prenda l”elementare “contromisura” di usare un server situato all”estero (o persino presso un privato o un fornitore di servizi italiano un po” sprovveduto) e di accedere anonimamente a tale server da un Internet Bar”.
“I problemi sul tappeto – conclude Nuti – sono però solo rinviati e non risolti: la decisione quasi unanime della Camera (328 favorevoli, 14 astenuti), viene a valle di dichiarazioni di voto che sottolineano comunque la necessità di riprendere in mano il problema. L”auspicio è che quando questo avverrà si entri nell”ottica dell”anonimato protetto, una formula che punta a conciliare privacy e responsabilità individuale di ogni utente di Internet, rifuggendo da profilazioni, schedature ed intercettazioni di massa, e comunque da ogni conflitto con l”articolo 15 della Costituzione”.
Attualmente – rendono noto le associazioni italiane – i fornitori di accesso alle rete, nel rispetto delle norme di sicurezza imposte dalla vigente regolamentazione, mantengono un registro delle assegnazioni temporanee o permanenti dei numeri di IP assegnati a propri clienti. Tale registro consente di risalire direttamente o indirettamente al soggetto o quanto meno alla locazione geografica dalla quale ha operato il soggetto cui è stato attribuito in via temporanea o permanente un ¿indirizzo di rete¿, ma non offre alcuna ulteriore informazione sulla attività svolta in rete dall¿assegnatario.
Con il codice di Autoregolamentazione Internet@minori, sottoscritto il 19 novembre 2003, essi hanno inoltre assunto l¿obbligo di mantenere un registro dei numeri di IP utilizzati per la pubblicazione anonima di contenuti in rete. Tale registro non contiene alcuna informazione direttamente nominativa, ma gli inquirenti possono, previa disposizione del Magistrato, incrociare il ¿numero IP¿ utilizzato per l¿accesso in scrittura con il registro degli accessi ad internet descritto al punto precedente.
I dati (header) necessari per l¿instradamento delle eMail sono conservati solo per il tempo necessario (pochi giorni) a rispondere all¿interessato della eventuale mancata esecuzione del servizio.
Come dimostrato dalla importante attività di contrasto e repressione del crimine informatico attuata della Polizia delle Comunicazioni e dalle altre forze dell¿ordine, questi dati, lecitamente raccolti per l¿esecuzione del servizio, si sono sinora dimostrati adeguati alla esecuzione di indagini anche complesse.
Ogni eventuale estensione della fattispecie di dati raccolti, concludono AssoProvider e AIIP, deve essere pubblicamente soppesata con estrema cautela, sia sotto il profilo della quantità di dati da memorizzare, sia e soprattutto perché comporterebbe la creazione di archivi dai quali si potrebbe risalire agli interessi culturali, sociali, politici, religiosi, sessuali etc., nonché alla cerchia di relazioni di ciascun utente creando, nei fatti un dossier a carico di ciascun cittadino da cui rimarrebbero esclusi, in una sorta di paradossale digital divide alla rovescia, solo coloro che ancora non usano la rete.
Per ulteriori approfondimenti:
Decreto Grande Fratello: non diminuisce la protesta nonostante le modifiche della Commissione Giustizia