Europa
Che Monsieur J2M vantasse una personalità caratterizzata da nemmeno troppo vaghe tonalità da ¿Super Uomo¿, nessuno ne aveva mai dubitato. Brandendo la sua grandiosa visione di un impero multiculturale della comunicazione, era divenuto un¿icona dell¿imprenditoria dell¿Esagono; quasi una star del capitalismo borsistico trionfante, capace di fare, con le azioni Vivendi-Universal, prodezze doppiamente dorate: per il loro mirabolante – e visti gli esiti, presunto – valore economico; per il valore figurato che sottende ed il significato che porta con sé, un¿operazione che testimoniava del successo di conquista del Davide francese, riportato contro il Golia americano.
Battezzato da una trasmissione televisiva, ¿Les guignols de l¿info¿, come ¿J6M¿ (¿Jean-Marie Messier moi-même maître du monde¿/¿Jean-Marie Messier io stesso padrone del mondo¿), aveva preferito al lussuoso parigino – nei pressi del Parco Monceau – il più adeguato appartamento newyorkese – acquistato per la modica cifra di 17,5 milioni di dollari – di Park Avenue.
Artefice di ¿abili¿ manovre economico-finanziarie – che, solitamente, non tollerano applicazioni di fantasia – non l¿aveva neppure sfiorato l¿idea di rendere percepibili nel dettaglio i meccanismi delle sue tattiche, visto che nemmeno la politica, per similare prudenza, si era mai a tanto arrischiata! E mentre sceglieva di mostrare, ad ¿uso esterno¿, il volto pubblico di successi mai visti prima, avvolti in un manto di paillettes e strass, ¿interiorizzava¿ e celava l¿autentico volto di una realtà alla deriva, tracimante mistificazioni.
Assemblata con la rapidità di una catastrofe, nessuno aveva trovato opportuno riflettere sulla solidità delle mura che cingevano la città da difendere, sì che, lanciato in una folle corsa di acquisizioni, dopo aver fatto perdere la misura al capitalismo borsistico d¿oltre oceano, il colosso VU, sotto il peso delle ingenti perdite e di un solido indebitamento, aveva finito per affondare, come si addice ad ogni struttura che si abbia la pretesa di edificare sulle sabbie mobili. Semplicemente, aveva preso a ripiegarsi su sé stesso, come è nel destino di tutti i castelli di carta.
Della vertiginosa disfatta, J2M ne ha, senz¿altro, la principale responsabilità, ma non si può pensare che un dirigente, per giunta neppure ¿capitano d¿industria¿, non bilanciasse le proprie scelte né sotto le pressioni di vigorosi contro-poteri, né sotto le insidie di necessari controlli.
Sfugge, ancora oggi, se quel suo audace?, imprudente?, arrogante?, impossibile? obiettivo, così poco sorvegliato, fosse irrinunciabile o fosse, piuttosto, poco sorvegliato proprio perché irrinunciabile. I fatti testimoniano che, prima di sbattere addosso a segni non equivoci che la situazione avesse raggiunto ed oltrepassato il livello di guardia, nessuno si era speso a suonare alcun campanello d¿allarme.
Lo stato maggiore di Vivendi Universal non può che essere considerato parte integrante dell¿avventura di Messier.
Nella sua biografia – che non poteva trattenersi dal redigere – egli non accennava a collaboratori ipnotizzati, anzi, tra il vanto e la denuncia, sosteneva di «essere circondato da validi managers, affatto timorosi di contraddirlo», con cui intratteneva una relazione di affetto. Eppure, chi ha avuto modo di studiarne il dossier non si astiene dall¿affermare che VU fosse una monarchia assoluta: «Dotati di una grande capacità di convinzione, della forza che attribuisce la certezza di avere ragione e di un estremo autoritarismo, i pochi contestatori di Messier finivano col pensare di essere loro ad avere torto».
Probabile fossero in pochi a detenere tutti i pezzi dell¿intricato puzzle Vivendi. La maggior parte giocava il ruolo dell¿ubbidiente soldatino, marciando, tra compiacenza, cecità e negligenza, entro una sorta di ¿sistema totalitario¿, sostenuto da tutte le tradizionali e riconoscibili derive: il culto della personalità una comunicazione di propaganda; il siluramento professionale degli oppositori; una visione cospiratrice della storia¿
E le banche, il loro sistema di controllo, la COB – l¿arbitro di ogni operazione di Borsa – che fine avrebbero fatto, mentre la sbrigliata creatività finanziaria del vertice VU andava seminando tempesta? Troppe fronti non si sono corrugate per tempo!
Oggi, in un presente in cui l¿attualità sembrerebbe cinicamente prediligere le note stonate, l¿ex numero 1, dell¿ex numero 2 della comunicazione mondiale, torna al (dis)onore della cronaca. Lui che, come primo PDG (Président-Directeur Général) ¿caduto in disgrazia¿, aveva già fatto del suo meglio per sollecitare l¿applicazione della legge americana Sarbanes-Oxley, votata all¿indomani degli scandali Enron e Tyco, riconquista – comme d¿hab / as usual (il bilinguismo è di rigore, in un simile caso!) – le prime pagine.
Denunciato dall¿Appac – un¿associazione di piccoli risparmiatori azionisti che ha ceduto, alle altalenanti fortune della Borsa, ben 30 miliardi di euro, per recuperare un indennizzo-beffa, pari a 50 centesimi ad azione – J2M è accusato di una sfilza di reati: informazioni false sui bilanci del Gruppo; manipolazione dei corsi delle azioni; abuso dei beni societari. Evidentemente, rinunciare ad una liquidazione di 20,5 milioni di euro, non è servito ad attenuare la nera intensità di certi umori!
Così, colui che aveva costruito un impero è finito, per 36 ore, in stato di fermo, come un volgare delinquente, presso la brigata finanziaria. Ben inteso, presso il c.d. ¿appartamento del jet-set¿ della stessa, quello dotato anche di doccia privata.
Ora, che non ha più ruolo per attaccare niente e nessuno, Messier si difende.
Senza nemmeno schierare l¿artiglieria pesante, con la stessa tranquillità di sempre, cerca ancora di vincere – non semplicisticamente di uscirne – imprigionando le mosse di chi gli muove ogni accusa, entro un impianto strategico audace. In definitiva, a suo dire, ¿chez Vivendi-Universal¿, tutto ciò che non veniva espressamente autorizzato, ex ante, veniva approvato o validato, ex post.
Poiché meno di due mesi fa, ad una platea di studenti, aveva dichiarato che, se avesse potuto tornare indietro nel tempo, avrebbe rifatto tutto, non ci si attende neppure l¿accenno, di una reale presa di coscienza della portata delle scelte operate.
Alla giustizia, tanto francese, quanto americana, si oserebbe chiedere di far emergere la verità e non solo di recuperare un po¿ di danaro. Per il resto, si sa, chi è affetto da megalomania non subisce seri ridimensionamenti da una sentenza, sia pur severa, anche se il precedente ¿affaire Tapie¿ conforta.
Di certo le differenze sono sostanziali, perché Messier, uscito dalla prestigiosa E.N.A. (École Nazionale d¿Administration); appartenente all¿élite di potere, nutriva ambizioni planetarie. Molto di più delle già straripanti visioni di conquista, su scala europea, di cui pareva accontentarsi il self-made-man Tapie che aveva esordito vendendo televisori, porta a porta.
Tapie ha pagato. Messier, forse.
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