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Mediaset è intervenuta riguardo alla notizia delle perquisizioni effettuate dalla Guardia di Finanza nei propri uffici, nell¿ambito dell¿inchiesta condotta dalla procura milanese sulla cessione di diritti cinematografici al Gruppo italiano di media.
La società, in una nota, ha fatto sapere di non aver mai avuto fondi neri. ¿La gestione della società dalla fondazione ad oggi è sempre avvenuta nel più assoluto rispetto delle regole di trasparenza e di tutela degli investitori¿.
Dagli uffici della Tv privata, spiegano che la perquisizione effettuata nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza ¿costituisce il 476° accesso effettuato dal 1994 ad oggi presso il Gruppo¿.
Aggiungendo che ¿Si è trattato di una sterile esibizione di muscoli da parte della Procura di Milano dal momento che il materiale sequestrato (in gran parte già nelle mani degli inquirenti) poteva essere acquisito mediante una semplice richiesta di consegna di documenti¿.
Il Gruppo, della famiglia del premier Silvio Berlusconi, è del parere che si sia percorsa ¿¿la strada mediaticamente più efficace, gettando così discredito su Mediaset, attraverso l¿invasione dell¿azienda da parte di un nutrito drappello di polizia giudiziaria e consulenti della Procura che ha impiegato due giorni ad acquisire documenti che se richiesti sarebbero stati prodotti in tempi di gran lunga più brevi¿.
Mediaset ha confermato che martedì 13 è stato notificato un avviso di garanzia a Marina e Pier Silvio Berlusconi con la presunta accusa di riciclaggio, sempre inerente l¿indagine sui diritti cinematografici.
La notizia era arrivata alla stampa alcuni giorni fa, ma dalla società avevano fatto sapere che non era arrivata alcuna notifica ufficiale, fino a martedì.
¿Con l¿effetto di aggiungere enfasi all¿operazione – si legge nella nota – e ingigantire l¿entità delle accuse, per una non casuale scelta di tempi (¿) è stata notificata a Marina e Pier Silvio Berlusconi un¿informazione di garanzia che in questo momento non appare giustificata da esigenze processuali o probatorie¿.
Davanti alle indiscrezioni già apparse sulla stampa, la società aveva fatto che ¿E¿ fuor di ogni dubbio che Marina e Pier Silvio Berlusconi non possono aver avuto alcun ruolo nelle vicende su cui verte l¿indagine per cosiddetti diritti Mediaset, sia per la giovanissima età sia perché non avevano alcuna responsabilità nel settore all¿epoca dei fatti (inizio anni Novanta)¿.
In una nota, Niccolò Ghedini, difensore del presidente del Consiglio, aveva spiegato che, nel corso di questi ultimi anni, è stata svolta dai difensori una importante attività d¿indagine con l¿assunzione di decine di testimoni, ¿l¿espletamento di consulenze tecniche da parte delle più prestigiose società del settore che hanno attestato e verificato la totale regolarità delle operazioni poste in essere da Fininvest e Mediaset, sia nella globalità, sia in particolare per quello che riguarda i diritti¿.
L¿avvocato sostiene che all¿epoca dei fatti Marina e Pier Silvio Berlusconi, poco più che ventenni, si occupavano soltanto di terminare gli studi universitari e ¿non avevano alcun ruolo né diretto né indiretto per tutto ciò che attiene i diritti¿.
Ghedini aggiunge che l¿ipotesi di riciclaggio appare addirittura risibile essendo comprensibile a chiunque ¿la inverosimiglianza del poter ipotizzare che due giovani, poco più che ventenni, si prestino a ripulire il denaro asseritamente loro affidato dal padre e asseritamente provento di illecito¿.
Al momento, Marina, 37 anni, è vicepresidente Fininvest, la holding della famiglia Berlusconi, che controlla Mediaset, ma anche gli studios cinematografici Medusa la casa editrice Mondadori.
Pier Silvio, 35 anni, è vicepresidente Mediaset, è gioca un ruolo chiave nella scelta dei palinsesti e nella negoziazione dei diritti televisivi del calcio.
Nel registro degli indagati sono iscritti anche Silvio Berlusconi e il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri.
L¿indagine riguarda la compravendita di diritti televisivi e cinematografici acquistati da due società off-shore della Fininvest (Century One e Universal One), e poi rivenduti a Mediaset, per 470 milioni di euro, negli anni 1994-1996.
Secondo la procura di Milano, alcune major americane avrebbero venduto i diritti televisivi a due società off-shore, le quali li avrebbero poi rivenduti con maggiorazione di prezzo a Mediaset, che avrebbe ereditato dopo la quotazione in Borsa del 1994 il sistema operativo di Fininvest.
Il tutto, con l¿obiettivo di aggirare il fisco italiano e creare fondi neri nella disponibilità di Berlusconi.
I benefici sarebbero stati ottenuti attraverso la Legge Tremonti. Per questa stessa inchiesta, il gip Maurizio Grigo sta valutando la concessione della proroga delle indagini, chiesta dalla Procura della Repubblica, per Silvio Berlusconi. Altri indagati sono Giorgio Vanoni, Candia Camaggi e il dirigente della Arner Bank, Paolo del Bue.
Lo scorso novembre, accanto all¿accusa di frode fiscale e falso in bilancio, si è profilata una ulteriore ipotesi di reato: quella di appropriazione indebita aggravata, che allo stato attuale per la Procura non è prescritta, e che si riferisce a 103 miliardi di vecchie lire prelevati in contanti dalla Banca della Svizzera Italiana di Lugano, in più tranche e nel giro di un anno e mezzo, fino al luglio del 1994.
Autore dei prelievi, secondo le indagini e l”analisi della documentazione bancaria, fu Paolo Del Bue.
Ora gli inquirenti stanno cercando di capire dove sia finito quel denaro, sul cui utilizzo non sono state ottenute indicazioni. Gli investigatori tuttavia ipotizzano che Silvio Berlusconi, seppur allora non ricopriva alcuna carica nell¿organico di Mediaset, sarebbe dietro le operazioni e sarebbe stato l”ultimo destinatario della somma.
Nel maggio 2003, i Pm di Milano Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale avevano inviato al ministero, come prevede la legge, la richiesta di assistenza giudiziaria negli Stati Uniti. Il 10 giugno 2003, da Roma era arrivata a Milano la conferma: la rogatoria era stata regolarmente inoltrata all”autorità diplomatica statunitense.
La risposta da Roma arrivò il 18 luglio 2003 e riguardava non solo la rogatoria statunitense, ma anche l”integrazione a un”altra richiesta rogatoriale in Svizzera, datata 20 maggio 2002: a causa dell”entrata in vigore della legge sull”immunità parlamentare per le cinque più alte cariche dello Stato, il guardasigilli Roberto Castelli aveva deciso di acquisire un parere pro-veritate.
Tutti gli indagati hanno respinto le accuse. Secondo la difesa le società off-shore erano estranee al Gruppo Fininvest.
Mediaset, nella nota di ieri, ha comunque ribadito di non aver nulla da temere da questo procedimento, perché l¿acquisizione dei diritti si è svolta nel più assoluto rispetto del mercato e delle sue regole.
Aggiungendo che queste notizie ¿¿tendono ad infangare la reputazione di Mediaset¿.
L¿azienda di Cologno Monzese in conclusione asserisce che ¿Se solo una minima parte delle attenzioni riservate dalla Procura di Milano a Mediaset, fosse stata rivolta ad altre aziende tristemente agli onori di cronaca nei mesi passati, non solo gli investitori ma l¿intero sistema Italia ne avrebbe tratto grande giovamento¿.
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