Mondo
di Aly Baba Faye
Sociologo
Alle soglie del nuovo millennio due fatti simultanei, la rivoluzione digitale e la globalizzazione, si sono coniugati per avviare una nuova era: quella delle reti. Con Internet e le nuove TIC si parla di ¿Società dell¿informazione¿ per descrivere i cambiamenti e le prospettive della rivoluzione in atto.
Si stanno sgretolando tradizioni consolidate e si affacciano novità importanti nella sfera sociale, nell¿economia e nella politica. Siamo all¿inizio di un processo che è destinato a proseguire e per questo diventa impossibile tarare con precisione la portata dei cambiamenti, capire fino in fondo la loro connotazione e i loro effetti contingenti.
In ogni caso, sono stati già conseguiti risultati straordinari in diversi campi: le biotecnologie rappresentano un ulteriore potere di dominio dell¿uomo sulla natura; la telemedicina apre nuove prospettive e suscita molte speranze, il voto ¿telematico¿ consente una maggiore rapidità e trasparenza nella gestione delle consultazioni elettorali; lo sportello ¿on line¿ offre la possibilità al cittadino di richiedere certificati in poco tempo; il commercio elettronico consente alla casalinga di fare shopping senza uscire da casa; i negozi ¿on line¿ permettono di confrontare prezzi e qualità di prodotti di marca diverse e/o di diversi paesi; la videoconferenza mette un viaggiatore in condizione di interagire con persone in un gruppo di lavoro.
Insomma, siamo all¿inizio di una rivoluzione che sta modificando profondamente il profilo organizzativo e il funzionamento delle società umane. Internet modifica il nostro rapporto con il tempo e lo spazio e rivoluziona il modo di produrre e di lavorare, di vendere e di comprare, di amministrare e di erogare servizi, di comunicare e di stare assieme.
Tuttavia, va detto che i vantaggi inerenti le nuove tecnologie dell¿informazione e la rete delle reti non sono alla portata di tutti.
Esiste un problema di fruizione dei benefici delle nuove tecnologie sia all¿interno delle singole società così come a livello globale.
La rivoluzione in atto rivela nuovi scenari di stratificazione sociale e antiche forme di esclusione dalla cittadinanza sostanziale che sempre di più si misura secondo il metro dell¿accesso all¿informazione e al sapere.
Nessuno dubbio che in Internet transitano i flussi di informazione che sarebbero il nuovo veicolo di sviluppo e di emancipazione delle persone. Da più parti si afferma che non aver accesso alla rete o non saper utilizzare il mezzo informatico costituisce oggi un handicap per le persone e li espone al rischio di esclusione. E¿ per descrivere queste incongruenze della configurando società dell¿informazione che si parla di divario tecnologico o digital divide per descrivere le nuove fratture sociali e le nuove divaricazioni di livelli di sviluppo. Da più parti uomini politici e tecnocrati se ne appropriano, le grandi istituzioni internazionali pretendono di risolverlo, i militanti se ne preoccupano. Già il fatto stesso che un concetto del genere trova un consenso così ampio e mette d¿accordo parti che si oppongono e hanno interessi diversi dimostra che si è in presenza di un concetto poco chiaro che merita un ulteriore approfondimento.
Il concetto di digital divide rinvia all¿idea di uno scisma ovvero della separazione tra chi ha accesso alla rete e chi non ce l¿ha. In prospettiva della Società dell¿informazione, internet sarebbe è il nuovo territorio e il digitale la frontiera che lo delimita. Ogni persona deve avere diritto di accesso alla nuova cittadinanza pertanto è necessario affrontare la questione dell¿accesso universale nella nuova civiltà globale. Al di là dell¿entusiasmo facile che accompagna la rivoluzione digitale e le potenzialità della rete il richiamo al digital divide non può essere espediente di un buonismo naif quand¿anche la preoccupazione del destino dei poveri e degli esclusi dal digitale fosse un sentimento nobile.
In fondo dietro la preoccupazione di farsi carico degli esclusi del digitale si cela in realtà l¿idea di un futuro paradisiaco, di un¿avventura collettiva sorretta dalle nuove tecnologie. Un¿idea che ripercorre il sentiero del determinismo tecnico che pretende che la tecnologia determini l¿organizzazione della società, una tesi classica e sempre affascinante ma purtroppo ingenua. Per David Edgerton il cenno agli effetti positivi delle tecniche moderne sull¿organizzazione sociale è un fenomeno ricorrente tutto l¿arco del XX° secolo; esso ha come effetto principale di ridurre la critica politica, la promessa di una prossima felicità a venire che consente di limitare la contestazione dell¿ordine presente.
Inoltre l¿enfasi sulla ¿Società dell¿informazione¿ viene viziata da una confusione tra l¿informazione e il suo supporto. Ci si può augurare che il concetto di informazione sia più pertinente che le invocazioni della modernità per evocare gli usi socialmente differenziati del digitale.
E¿ evidente che la digitalizzazione offre possibilità di manipolazione e di ri-elaborazione dell¿informazione che non esistevano con altri supporti.
Ma la nozione stessa di informazione assume una certa ambivalenza in quanto oscilla tra il semplice flusso di dati e i contenuti dotati di reale valore informativo. Infatti nel digitale viene esaltata l¿aspetto inerente la meccanica e spesso c¿è la tendenza assai superficiale a considerare ogni ¿sequenza di bit¿ come dotata di un valore informativo prescindendo dal contenuto effettivo e dai processi cognitivi degli utenti. Mentre si può obbiettare che alcuni pop up che ci appaiono quando apriamo la posta elettronica e che pubblicizzano prodotti o video pornografici siano di qualche utilità per colmare il divario tecnologico. Con la proliferazione di virus è possibile che l¿informazione digitale sia in media di qualità scadente e senza valore aggiunto. Inoltre l¿esaltazione dell¿informazione grezza occulta i modi di appropriazione che i destinatari ne fanno. Intanto un analisi dei modi di utilizzo del mezzo informatico di trattamento dei dati rivela una carenza di supporti lessicali o cartografie e che il guadagno sui supporti non digitali non è per niente scontato.
In generale ogni studio sull¿informazione e i suoi usi rinvia ad una riflessione sulla scrittura, sulla conoscenza (e le sue modalità di trasmissione e di assimilazione) e sulla nozione di literacy. Orbene, quest¿ultimo concetto è complesso e ha mobilitato esperti in antropologia, linguistica e anche storici. Quindi l¿euforia che accompagna le nuove tecnologie e le potenzialità dell¿informazione digitale pur apparendo molto spesso irrazionale ha un certo fondamento logico: il computer è stato inventato per contare e per scrivere così come il web lo è stato per facilitare gli scambi intellettuali tra scienziati.
In modo più specifico l¿informatica e la rete delle reti partecipano ad una ricomposizione dei sistemi di scrittura di cui Jack Goody ci ricorda che si collocano nella tecnologia dell¿intelletto; il nostro pensiero non è puro né smaterializzato ma poggia sulla scrittura ed è ciò che gli dà delle dimensioni tecniche e sociali.
Non si tratta di far passare l¿idea che la materia è al servizio del pensiero, ma si tratta di riconoscere che ancora più che con un sistema di segni rappresentato da un alfabeto esteso, l¿attività cognitiva e i supporti della scrittura sono strettamente legati alle procedure, gli strumenti per cogliere il testo.
I software e i motori di ricerca rientrano proprio in questa categoria. In questo quadro una ricomposizione degli strumenti di scrittura trasforma virtualmente le nostre capacità mentali.
Resta la domanda di sapere come si può cercare un libro in una biblioteca se uno non sa leggere? Si capisce il perché l¿acquisizione di un capitale intellettuale adattato alla scrittura digitale è per ora riservata ad una piccola minoranza di cui gli informatici e le persone altamente acculturate.
Ed è in questi termini che si esprime in modo assai violento il digital divide: per approfittare dei sistemi contemporanei di scrittura occorre disporre di un solido capitale economico per comperare un PC e aver una connessione internet; occorre anche poter disporre di un capitale sociale per farsi aiutare in caso di disfunzioni di un software o del proprio computer; occorre infine aver un capitale culturale per sapere trovare l¿informazione che si vuol cercare o trattare. Oggi poche sono le persone nel mondo che dispongono di tali risorse ma nel frattempo qualcuno potrà favorire la vendita computer ai molti e chissà quanti tra i pescatori della costa atlantica e i contadini del Centro Africa o delle Ande potranno aver accesso a nuovi saperi dalla sequenza di bit che li raggiungeranno magari in inglese. Insomma il digital divide è questo ed è la traduzione di una violenta segregazione culturale e intellettuale che si amplifica con le nuove tecnologie.
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