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I mezzi di comunicazione assumono un¿importanza fondamentale durante le guerre. Lo è stato per la stampa, per la radio, per la televisione.
La guerra in Iraq, a parte la tragedia dei morti che rimarrà indelebile nelle nostre menti, sarà sicuramente ricordata per l¿uso di Internet.
Mai come questa volta la Rete è stata protagonista indiscussa di una battaglia, è stata mezzo per far arrivare al mondo occidentale i messaggi dei terroristi, ma anche video e foto degli ostaggi.
I gruppi islamici hanno portato la loro personale guerriglia anche nel cyberspazio, dove mostrano i loro scempi, gli omicidi degli ostaggi stranieri, e diffondono la loro propaganda, senza correre il rischio di essere individuati.
François Géré, presidente dell¿Istituto francese di analisi strategica (Ifas), ha spiegato: ¿Stiamo assistendo a una vera e propria guerriglia su Internet¿, da gente che nel volgere di breve tempo scompare nei meandri del Web.
¿I siti ¿ ha spiegato Géré ¿ durano qualche giorno o qualche settimana e poi scompaiono, e se ne creano di nuovi¿.
La velocità di queste operazioni, non permette ai servizi di sicurezza di individuare gli autori.
¿La caccia ai responsabili parte dallo studio di alcuni elementi di base, come i loghi, le date dei giornali che ci sono sui diversi server, ma soprattutto si cerca attraverso i fornitori d¿accessi¿, ha indicato Marc Olagnié, giornalista francese esperto nella sicurezza informatica.
¿E¿ una guerra senza fine. E¿ un problema di misure e contromisure¿, precisa Olagnié.
¿Le date possono essere modificate dai pirati¿, sottoiena Olagnié, che ricorda l¿esistenza dei cosiddetti Spam Zombies, ovvero PC di utenti ignari utilizzati dagli spammers tramite trojan all”insaputa dei proprietari, e che permette agli autori di rimanere nell¿ombra dell¿anonimato.
Ma se la caccia ai colpevoli porta in un Paese come l¿Iraq, in piena guerriglia, la pista rischia di insabbiarsi.
¿Bisogna sempre tenere insieme la tecnologia e l¿indagine, perché la tecnologia si ferma davanti a un indirizzo IP¿, spiega Joël Rivière, fondatore della società Lexsi (Laboratori di analisi in sicurezza informatica), ex presidente del dipartimento di polizia incaricato della lotta contro i crimini informatici alle imprese.
I messaggi e i video di questi gruppi proliferano in Internet, dalla diffusione, nel maggio scorso, di un sito vicino ad Al Quaeda che proponeva la decapitazione dell¿ostaggio americano Nicholas Berg, attribuita all¿islamico Abou Moussab al-Zarqaoui.
Secondo gli esperti, la scelte di diffondere i loro messaggi su un canale televisivo arabo o sulla Rete, dipende dal tipo di gente a cui si vuole arrivare.
Géré ritiene che il mezzo televisivo permette di arrivare subito alla popolazione araba.
¿Il numero delle connessioni Internet nel mondo arabo è irrisorio. Al-Jazeera invece è guardata da tutti¿. Quando si usa Internet invece si punta a un altro obiettivo. Questo, è il parere di Guillaume Dasquié, direttore della ricerca all¿Istituto delle relazioni internazionali e strategiche (Iris).
I messaggi lanciati invece su Internet hanno per scopo di ¿diffondere la paura nel mondo occidentale¿.
L¿intenzione è quella di far arrivare il messaggio anche ai sostenitori della jihad islamica. E spesso è di gettare fumo sulla situazione, sviare le indagini, compromettere le trattative con i sequestratori, creando il caos totale.
¿Non sappiamo ancora come trattare il problema¿, ammette Géré, perché Internet è un gran mezzo di comunicazione ma è anche vero che risulta impossibile avere il controllo sul Web.
Troppo spesso, circolano indisturbati alcuni video atroci, e alcune volte, si è scoperto si trattava di montature inscenate da gente con la passione per l”orrido.
Per ulteriori approfondimenti, leggi:
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