Italia
La riforma della scuola
La riforma della scuola, recentemente varata in Italia nel suo disegno legislativo, recepisce orientamenti condivisi in sede europea e internazionale e quindi possiede i presupposti per rispondere ad esigenze di cambiamento e di miglioramento non procrastinabili, fra cui si colloca anche il tema ¿Imparare a leggere¿ che qui stiamo considerando come chiave della vita personale e professionale.
Ma l¿efficacia della riforma dipende oltre che dalle leggi, da diverse condizioni, alcune delle quali di ordine molto generale.
La prima è che la scuola sia davvero prioritaria rispetto agli interessi collettivi e che possa perciò contare sul reale e fattivo coinvolgimento non solo degli addetti ai lavori, ma della società nel suo complesso.
La seconda è che vi sia disponibilità a investire risorse, a ragion veduta e con verifica dei risultati.
La terza, non ultima condizione di efficacia dipende dall¿ impianto culturale della scuola. Scelte di continuità e di cambiamento sono già state attuate nel primo ciclo di studi e sono ora in parziale revisione. Nel secondo ciclo di studi ¿ quello superiore ¿ i lavori sono in corso, ma ancora nulla si conosce dei molteplici complessi problemi che vanno chiariti per dare attuazione compiuta al disegno riformatore.
Mi permetto di richiamare su questo la necessità e l¿urgenza di rendere pubblico e partecipato il lavoro delle commissioni, in modo che nel tempo della elaborazione e delle riflessioni la comunità scientifica, i docenti, la pubblica opinione, autori e editori possano iniziare a fare parte in modo non superficiale di un nuovo patrimonio del Paese, comprensivo di recuperi significativi della tradizione e di aperture coraggiose al nuovo. Le condizioni ci sono e c¿è quindi spazio per operare con efficacia.
Mi permetto di richiamare un altro aspetto ovvio: una buona scuola chiede buoni libri e buoni libri aiutano a fare una buona scuola, insieme a buoni docenti. Entro il cambiamento della scuola si colloca quindi anche il cambiamento dei docenti e del libro di testo, il manuale, che pur blended ¿ come si dice, cioè dotato dei servizi complementari off e on-line ¿ (e non abolito come periodicamente viene predetto), continuerà a essere una base necessaria delle pratiche di lettura delle nuove generazioni. Fare un buon manuale richiede tempi di riflessione e di lavorazione non inferiori ai due anni dall¿avvio nella scuola dei nuovi percorsi; è un tempo parallelo a quello necessario per l¿aggiornamento dei docenti.
Un altro breve cenno al ruolo che già ora e in prospettiva crescente ha la lettura per l¿accoglimento dei nuovi italiani, superato il primo problema della acquisizione della lingua, che apre un tema non trattabile in questa comunicazione, ma di rilievo e da considerare per tempo nel percorso di formazione del cittadino, nativo e acquisito.
L¿università
Continuando a seguire il percorso di lettura di un giovane che abbia terminato il corso di studi superiori e che prosegua gli studi in università, dopo i manuali e la narrativa è il tempo dell¿incontro con la saggistica.
Per meglio dire, era il tempo, ora sostituito dal nuovo genere paraeditoriale della fotocopia.
Un fascio di fotocopie non fa un manuale universitario o un libro di saggistica, mentre configura – insieme a un reato – anche una delle più gravi cause di diseducazione al valore del libro e della cultura, oltre che di un troppo condiviso malcostume nazionale.
La semplificazione con cui si ritiene che il lavoro dell¿impresa editoriale non aggiunge valore all¿uso di un prodotto è sconcertante.
La spirale porta nella direzione di non lasciare spazi per l¿editoria di catalogo, cioè quella che per esistere deve avere una collocazione e una permanenza in libreria. Questo insieme di processi, purtroppo fra loro coerenti e conseguenti, comporta il rischio di un depauperamento che va oltre gli interessi degli industriali del libro, ma rimanda alla riflessione sul funzionamento del sistema Paese, sul suo lamentato ¿declino¿ e sugli indispensabili e urgenti correttivi.
Queste considerazioni bocciano il 3+2? No, se è impegnato a sviluppare la propensione ad una cultura di alto livello, alla fruizione sistematica e quindi all¿acquisto di libri che soddisfino una domanda ben motivata di produzioni editoriali di alta qualità. Questa è la condizione per valorizzare la funzione imprenditoriale dell¿editore con investimenti cospicui, impegno dell¿azienda editoriale, risultati commerciali, produzione di ricchezza.
La formazione continua
Terminati gli studi, è¿ tra la fine degli studi e l¿ingresso nel mondo del lavoro che si verifica quella spaccatura tra chi legge poco o nulla e chi continua a considerare la lettura, la frequentazione della libreria, l¿acquisto di libri un comportamento abituale: ¿Leggere per imparare¿ o meglio per ¿continuare a imparare¿ nel nostro Paese è una pratica inesistente.
Se manca l¿esercizio delle competenze alfabetiche tramite la lettura, queste si atrofizzano, come è indicato dalla scarsissima partecipazione ad attività di formazione permanente (500mila persone che si aggiornano in un anno in azienda / Fonte: Istat, Annuario statistico), testimoniata anche dai bassi indici di lettura per aggiornamento professionale che ho già all¿inizio riportato.
Occorre ricordare anche la stretta correlazione che si individua in tutti i paesi europei tra utilizzo delle tecnologie informatiche e di accesso alla rete, fondamentali per operare e stare nel mondo del lavoro, e la lettura dei libri e della stampa quotidiana e periodica. Non è cioè la mancanza di tempo a far diminuire il numero di media con cui si entra in contatto, ma l¿età e l¿istruzione, cioè i presupposti cognitivi, a ulteriore dimostrazione del fatto che il cultural divide è più importante del digital divide.
Questo della formazione permanente è quindi un altro settore dove prevedere interventi urgenti.
Le biblioteche
Prima di passare alle conclusioni, un¿ultima considerazione riguardante la biblioteca e il suo ruolo fondamentale nel consumo di lettura.
In alcuni paesi europei, Francia e Gran Bretagna ad esempio, la biblioteca è luogo reale di aggregazione culturale e sociale: la gente va in biblioteca anche per stare insieme, perché si reca in un luogo dove si riconosce nei fattori di identità, che in questo caso fanno della cultura un valore condiviso con gli altri, insieme al libro che ne è il veicolo.
Le condizioni perché questo avvenga è che le biblioteche ci siano, funzionino, facciano parte del paesaggio ¿visibile e vissuto¿ delle opportunità personali e sociali, siano parte della costituzione diffusa e conclamata delle infrastrutture del Paese, come i ponti e le strade.
Questa non deve essere intesa come una richiesta di allargamento del mercato editoriale tramite lo sviluppo degli acquisti delle biblioteche, poichè l¿acquisto è indotto se si innesca una spirale positiva di domanda che rende l¿acquisto necessario e proficuo, insieme all¿allargamento di lettura e al sostegno del mercato editoriale. E¿ dimostrato che dove la biblioteca funziona, funziona di più anche l¿acquisto in libreria.
Conclusione
Il binomio ¿Imparare a leggere, leggere per imparare¿ tocca la molteplicità di campi fra loro connessi, che ho provato qui a delineare. Se non è rinunciabile per la vita personale e per lo sviluppo del Paese la crescita culturale della popolazione, occorre intanto riportare al centro dell¿attenzione e dell¿azione politica e di governo la lettura, il libro e il suo valore, che va riaffermato ¿ libro scolastico compreso.
Come editori, ci interessa partecipare a una scommessa sui giovani, sulla loro cultura, su un Paese che non ristagna o declina.
E¿ evidente che la scommessa non è a costo zero, né per la mano pubblica (investimenti in istruzione, in biblioteche, in diritto allo studio, in interventi strutturali, in attività di promozione della cultura e della lettura) né per i privati (investimenti editoriali, in libri e nuove tecnologie, librerie numerose sul territorio e ben dotate, spesa delle famiglie).
L¿importante è che le risorse necessarie, pubbliche e private, vengano intese come investimenti produttivi e che questi, in tale logica, vengano valutati nei loro esiti, salvaguardando le condizioni indispensabili per lo sviluppo di una corretta concorrenza e di sane dinamiche di mercato:
la tutela del diritto d¿autore;
l¿illegittimità delle fotocopie;
la pluralità dell¿offerta editoriale e la bibliodiverisità
la qualità certificata dei processi produttivi editoriali;
il rispetto dei codici di autoregolamentazione (il settore scolastico li ha).
Ugualmente importanti per la realizzazione del diritto-dovere a un¿istruzione che includa la consuetudine con il libro e la lettura vi sono:
sostegni al diritto allo studio e sgravi fiscali per le famiglie e i docenti per gli acquisti librari, in modo da sottolineare il valore della cultura e del libro con interventi di significato analogo a quello riservato per la sanità, cioè un bene primario da tutelare;
sostegni che non vanno depressi e contraddetti con proposte e iniziative che ritengono di incentivare il risparmio, facendo a meno del libro;
investimenti in formazione dei docenti e di sostegno all¿autoaggiornamento;
per la formazione permanente, vincoli che correlino carriera e avanzamento professionale e economico con piani di formazione e aggiornamento, incentivando l¿investimento con sgravi fiscali.
In sintesi, gli editori chiedono ¿condizioni¿ per fare al meglio il loro mestiere, secondo le dinamiche che sono proprie della concorrenza e del confronto di merito, in un contesto culturale ed economico in cui l¿allargamento della domanda culturale sia considerato un volano fondamentale dello sviluppo.
Negli Stati Uniti su molte automobili, pali della luce ecc compaiono numerosi adesivi ¿ come peraltro da noi – e fra i più diffusi in molti avranno letto il seguente:
¿If you think education is expensive, try ignorance¿
¿SE PENSI CHE L¿EDUCAZIONE SIA UNA MERCE COSTOSA, PROVA CON L¿IGNORANZA¿.
Potrebbe essere anche qui un messaggio da proporre, come avvio di una campagna di promozione e di valorizzazione della cultura e del libro.
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