Europa
Cooperazione, la parola chiave per accelerare il passaggio alla Tv digitale terrestre (TDT) in Europa e superare il digitale divide.
Questo, alla base della discussione che i dirigenti delle principali televisioni pubbliche europee hanno affrontato ieri in un incontro in Spagna.
Su invito del presidente del senato Javier Rojo si sono riuniti a Madrid i direttori generali della spagnola RTVE, Carmen Caffarel, della Rai, Flavio Cattaneo, i dirigenti della ZDF e ARD tedesche Frank Dieter Dveiling e Fritz Pleigen, della BBC, David Levi e il presidente-direttore generale di France Télévisions (vedi scheda), Marc Tessier.
Presente anche Arne Wessberg della Unione Europea della Radiotelevisione (UER) che riunisce rappresentanti di 52 Paesi, in maggioranza operatori pubblici.
I dirigenti televisivi sono stati ricevuti dal vicepremier Maria Teresa Fernandez de la Vega, in mancanza del premier Jose Luis Rodriguez Zapatero in visita all’estero, e si sono incontrati poi con il Consiglio degli Esperti che entro i prossimi quindici giorni dovrà presentare una proposta di riforma della Tv pubblica spagnola.
I vertici delle principali emittenti pubbliche europee hanno sottolineato l’importanza di un settore audiovisivo pubblico ¿forte¿ in Europa rivendicando un ruolo di locomotiva nello sviluppo del digitale terrestre. Come alternativa ai processi di concentrazione che sta interessando il settore multimediale, e di fronte all’omogenizzazione e alla perdita di qualità dei programmi, ¿poter contare su radio e televisioni pubbliche forti diventa ogni giorno più necessario¿, si legge in una dichiarazione comune
La Tv pubblica, prosegue la dichiarazione, deve avere ¿i mezzi per acquisire ogni sorte di diritti audiovisivi e produrre programmi di migliore qualità, disponendo di mezzi stabili, di fondi pubblici e/o di altre entrate di carattere commerciale¿.
I dirigenti hanno respinto comunque l’assunto che la qualità dell’audiovisivo pubblico sia minacciata dalla concorrenza delle emittenti private.
¿La nostra forza riguarda i contenuti – ha dichiarato Arne Wesseberg – Dobbiamo assicurare che distribuiremo dei programmi (¿) di interesse sociale e faremo in modo che siano facilmente accessibili da tutti i supporti¿.
Nella dichiarazione pubblicata ieri, i dirigenti televisivi europei hanno sottolineato il ¿ruolo vitale per la democrazia, per la coesione sociale, la diversità culturale, il pluralismo e la costruzione di uno spazio di comunicazione aperto a tutti¿ svolto dal servizio pubblico nel quadro di un sistema duale di radio telediffusione rappresentato da ¿forti televisioni pubbliche insieme ad operatori privati¿; sistema che fa “parte integrante del modello europeo di società”.
Da qui la necessità di una riforma del settore, che garantisca alla RTVE un adeguato sistema di finanziamento e la sua “totale indipendenza editoriale“.
La riforma è attesa con grande interesse, considerando che RTVE, finanziata attraverso la pubblicità e garanzie di credito statali, ha accumulato negli anni un debito di circa 7 miliardi di euro che cresce al ritmo di oltre 600 milioni l’anno.
E scopo della riunione odierna era quello di presentare alle autorità e agli Esperti, le opinioni e le esperienze delle altre Tv pubbliche europee, affinché se ne tenga conto nel quadro della riforma.
Non si conoscono ancora i dettagli della proposta del Comitato degli Esperti spagnolo, ma ieri la direttrice generale di RTVE Caffarel ha detto di ritenere che l’introduzione del canone, sul modello di altri Paesi, non sarebbe bene accolto dagli spagnoli. Ed ha auspicato invece un finanziamento dal bilancio dello stato che assicuri ¿una stabilità al di là delle annualità e in parallelo con la creazione del Consiglio dell’Audiovisivo“.
Il Comitato degli Esperti nominato ha l’arduo compito di apportare nei fatti questi cambiamenti, a cominciare dal bilancio che dovrà essere approvato il prossimo febbraio. Necessaria anche una revisione dei contenuti dei programmi e dei modi di finanziamento.
Secondo il budget votato a settembre, sappiamo già che per l’anno prossimo la RTVE perderà 654 milioni di euro. Cifra che si aggiungerà al debito generale, che dovrebbe raggiungere i 7,6 miliardi di euro alla fine del 2005.
l’intervento risulta ormai necessario e non è più procrastinabile, visto che l’emittente pubblica, creata sotto il regime franchista, è schiacciata dai debiti da una decina di anni ormai e rappresenta un caso molto particolare nel panorama europeo dei media.
Non c’è una sola Tv pubblica in Europa che presenti un bilancio tanto disastroso come quello della RTVE. A questo si aggiunga l’audience in calo vertiginoso, la riduzione delle sovvenzioni pubbliche, le minacce continue di sciopero dei dipendenti e le previsioni per la raccolta pubblicitaria in caduta libera, e i conti sono presto fatti!
Tre anni fa c’era stato un tentativo di mettere mano al problema. Il governo aveva infatti istituito un ente specializzato per la ristrutturazione, la Sepi, che aveva anche previsto un piano finanziario che non ha mai visto la luce.
l’idea poi di prevede un canone rischiava di sollevare diverse proteste da parte dei telespettatori abituati a una televisione gratuita.
Recentemente era stata avanzata anche l’idea di privatizzare il secondo canale pubblico (TV2), ma le lamentele sollevate, anche all’interno della RTVE, hanno fatto fare immediatamente marcia indietro.
Adesso tutti gli occhi sono puntati sulle decisioni che prederà questo Comitato di Esperti, attese per il prossimo febbraio.
Nel frattempo, il governo continuerà sulla linea fissata dal governo precedente. Un finanziamento misto, pubblico e privato. Il problema è che le sovvenzioni pubbliche non sono state riviste al rialzo per il 2005, per cui la RTVE dovrà accontentarsi di solo 78 milioni di euro.
Inoltre bisogna tener conto che per il prossimo anno le vendite degli spazi pubblicitari non porteranno che 786 milioni di euro, il 6% in meno rispetto al 2004.
La riduzione si giustifica alla luce del calo dell’audience della Tv pubblica. Lo scorso settembre, TV1 ha registrato il più basso tasso di audience della sua storia, piombando al 19,5%. Per la prima volta il primo canale spagnolo si è visto superato dalle due emittenti private Telecinco (22,2%) e Antena3 (21,4%).
Ieri a Madrid, dal confronto tra le diverse emittenti pubbliche europee, è emerso che il modello televisivo pubblico di maggior successo, di fronte alla crisi della RTVE ma anche della BBC, è apparso quello della Rai, che si basa su un modello misto fondato sulla pubblicità e sul canone, il più basso in Europa.
Ricordiamo che la Tv pubblica italiana ha registrato negli ultimi due anni bilanci in attivo e l’audience più alta.
“Per tanti anni il modello italiano è stato criticato” ha detto ai giornalisti il direttore generale Flavio Cattaneo, rilevando come adesso “in un momento di crisi, di dismissione e di esuberi¿ registrati in altri network pubblici, è emerso invece come “il modello che funziona di più sia in termini di audience sia in termini di bilancio“.
“Se aggiungiamo che abbiamo già raggiunto il 70% della popolazione nel digitale terrestre, mentre molti Paesi non sono ancora partiti e il secondo dopo di noi, l’Inghilterra dopo cinque anni ha il 50%, credo che un po¿ di soddisfazione la si debba esprimere non solo come Rai ma anche come Paese” ha detto Cattaneo.
Va da sé che l’Italia si è guadagnata un posto di rilevanza nel panorama audiovisivo europeo, non solo per la gestione dell’emittenza pubblica, ma anche per come sta procedendo nel passaggio al digitale terrestre.
La settimana scorsa, il Ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri si è recato in Francia per incontrare il Ministro delegato all’Industria, Patrick Devedjian e quello della Cultura e delle Comunicazioni, Renaud Donnediue de Vabres.
Nell’occasione è stato stabilito un accordo con il governo francese per lo sviluppo della ricerca e le politiche industriali relative alla Tv digitale interattiva e l’alta definizione.
Alla base di questo accordo di cooperazione, la necessità di non restare soli in un mercato sempre più globalizzato, dove la concorrenza è più spietata. Bisogna quindi guardare con fiducia ad accordi bilaterali, unendo le risorse per offrire condizioni favorevoli allo sviluppo dell’industria.
Dalla Francia, il ministro Patrick Devedjian ha riconosciuto che ¿l’Italia, che ha lanciato la TDT prima del nostro Paese, conta già 1 milione di decoder. La Francia può valersi non solo di un¿industria del digitale di primo livello nella competizione internazionale, ma anche di un deciso impegno del governo a favore delle nuove tecnologie, con lo standard Mpeg4, che permette lo sviluppo della alta definizione o ancora della Tv mobile¿.
Da sottolineare che prossimamente l’Italia stringerà accordi di cooperazione nella TDT anche con la Gran Bretagna e la Spagna.
Intanto procede nel suo cammino verso la Tv del futuro e annuncia l’arrivo di nuovi canali sul digitale terrestre. L’apposita commissione Rai sta esaminando le varie proposte finora pervenute. Ed anche La7 ha alcuni spazi da ¿affittare¿. Solo Mediaset, invece, è ¿satura¿ dal momento che la sua piattaforma digitale ha già assegnato i 6 canali disponibili.
Oggi, intanto, al ministero delle Comunicazioni si terrà un convegno organizzato dalla FUB ¿ Agire Digitale: più banda larga, più servizi – a cui parteciperà anche il ministro Gasparri. Un altro appuntamento con esperti del settore per chiarire e spiegare come la tecnologia digitale modificherà la nostra vita.
Per ulteriori approfondimenti, consulta:
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