Europa
Scaricare musica da Internet in modo illegale è pericoloso come guidare ubriachi, ma nonostante gli sforzi portati avanti dai regolatori e dall¿industria, la gente continua a fare entrambe le cose.
Questo il messaggio della British Phonographic Industry (BPI) tornata alla carica contro il file sharing e forte di una sentenza che obbliga sei Isp inglesi a fornire i nomi di 31 utenti sospettati di ¿condivisione illegale¿.
La vittoria appena conquistata appare però solo come il primo passo di un processo che si preannuncia molto lungo: quello volto a cambiare l¿atteggiamento della gente nei confronti del file sharing attraverso le vie legali.
Come dire, a mali estremi, estremi rimedi.
La scorsa settimana, la BPI ha raggiunto 23 gli accordi extragiudiziali con altrettanti utenti individuati grazie al tracciamento degli indirizzi IP sulle principali reti peer-to-peer.
I 23 utenti hanno pagato multe comprese tra 2 e 4 mila sterline (in base alla gravità del reato) e si sono impegnati a non utilizzare più le reti di file sharing.
L”azione deterrente dell”industria fonografica britannica comunque non si è fermata, incassando anche la nuova decisione della Corte, mentre gli Isp coinvolti nella sentenza hanno 14 giorni di tempo per fare i nomi degli ¿scaricatori¿ incalliti.
La BPI è comunque convinta che il clamore suscitato dalla sentenza funga da deterrente per chi è ancora convinto che la Rete sia un territorio franco in cui si può fare un po¿ quello che si vuole.
Un po¿ come per le campagne contro la guida da ubriachi, però, l¿associazione riconosce la difficoltà a cambiare comportamenti così radicati e si interroga sul fatto che bastino una sentenza e un processo a risolvere il problema, che coinvolge le autorità e l¿industria di settore ma che ha prodotto finora scarsi risultati.
Certo, la cultura del download legale si sta facendo strada, grazie agli innumerevoli servizi che stanno nascendo da un anno a questa parte.
La maggior parte degli utenti continua comunque imperterrita a scaricare musica e film da piattaforme non in regola con le leggi a tutela del diritto d¿autore e le case discografiche continuano a pretendere di portare in tribunale chiunque condivida la musica in modo illegale, inclusi alcuni genitori coinvolti loro malgrado nelle attività dei loro pargoli.
Il fenomeno, lo sanno bene le major, è trasversale e coinvolge la gente più diversa, dai ragazzini ai distinti manager.
Del resto, anche gli Usa hanno già provato a costringere gli Isp a fornire i nomi dei ¿condivisori¿ più attivi, salvo poi ricevere il rifiuto della Corte suprema a esaminare simili richieste, lesive del diritto alla privacy degli utenti.
Bisognerebbe dunque analizzare più a fondo le reali motivazioni che stanno dietro il successo del file sharing e, non finiremo mai di dirlo, tra queste anche il prezzo dei Cd e dei Dvd, veramente proibitivo per i più giovani che, ricordiamo anche questo, restano i maggiori appassionati di musica.
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