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Dopo aver accordato un sostanzioso finanziamento da 1,8 miliardi di dollari all¿industria nazionale dei videogiochi, la Cina ha pensato bene di proibirne l¿uso ai minori di 18 anni.
Il rapporto tra Pechino e la Rete, si sa, non è dei più limpidi, ma la mossa ha suscitato notevoli perplessità, riguardando i più popolari giochi in Rete, i cosiddetti MMO (Massive Multiplayer Online).
Gli under 18 cinesi, dunque,non potranno più dedicarsi a giochi multiplayer online, almeno quelli il cui principio è di uccidere l¿altro giocatore servendosi di un ¿intermediario¿ virtuale, ossia, quasi tutti i giochi del genere.
In questi giochi, il proprio ¿alter ego¿ virtuale guadagna potenza uccidendo altri giocatori, ecco perché le autorità cinesi li definiscono PK, ossia Player Kills.
Al momento, il divieto è limitato ai giochi MMO, in particolare i cosiddetti MMORPG, i giochi di ruolo online in modalità multiplayer.
Lanuova regolamentazione prevede che i minori di 18 anni,per potersi iscrivere a una sfida di massa, dovranno obbligatoriamente fornire il numero d¿identità nazionale (indicato sulla carta d¿identità).
Le autorità vorrebbero anche obbligare gli editori di videogiochi a interrompere automaticamente la connessione dopo un certo periodo di tempo trascorso davanti al gioco, anche se non è stato ancora fissato il tetto massimo.
Su 103 milioni di cinesi che utilizzano regolarmente Internet, circa il 16% è composto da minorenni e il 50% dei 20 milioni di giocatori online preferiscono i giochi multiplayer a qualsiasi altro stile di gioco.
Secondo il governo di Pechino, i giovani cinesi passano quasi 11 ore a settimana a giocare davanti allo schermo del Pc, un po¿ troppo per un Paese che spende milioni di dollari e impiega centinaia di cyber-agenti per controllare il comportamento degli internauti.
Nel 2004, il Ministero della Cultura cinese ha addirittura istituito una commissione con il compito di monitorare l¿importazione di video game e di esaminare il contenuto dei giochi che circolano su Internet.
La commissione deve assicurarsi che i giochi non violino i principi base della Costituzione, non minaccino l¿unità nazionale, la sovranità e l¿integrità territoriale della Cina e non divulghino segreti di Stato.
Per quel che riguarda i giochi on line, i contenuti non devono minacciare la sicurezza di Stato, danneggiare la gloria della nazione o disturbare l¿ordine sociale.
Se anche uno di questi punti viene violato, la commissione ha facoltà di vietare l¿importazione del gioco o di proibirne il download e l¿installazione.
Prima vittima di tanto accanimento è stato il video game Hearts of Iron, accusato di ¿distorsione della storia e danni alla sovranità della Cina¿.
Il gioco, prodotto dalla società svedese Paradox Entertainment si fonda sul sistema di gioco di Risiko e offre una riproduzione fedelissima degli eventi che hanno caratterizzato il secondo conflitto mondiale.
Secondo il governo di Pechino però, il gioco si presterebbe a una voluta distorsione della storia, mostrando la Manciuria, il Tibet e il Turkestan Cinese come nazioni indipendenti e Taiwan come una parte del Giappone.
Entro il 2007, secondo la società texana Diffusion Group, il paese asiatico supererà gli Stati Uniti quanto a numero di giocatori online, per un giro d”affari che nel 2006 raggiungerà gli 862 milioni di dollari contro i 181 milioni del 2003.
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