Cina
Anche Skype si piega alla censura cinese. Niklas Zennström, padre della più celebre delle VoIP company ha infatti ammesso che il suo partner cinese, Tom Online, filtra i contenuti degli sms, come imposto dal governo di Pechino.
Come fanno già praticamente tutte le società internet che vogliono mantenere le proprie attività in Cina, dunque, anche Skype – controllata dalla casa d’aste online eBay – censura i messaggi contenenti termini quali ‘democrazia‘, ‘diritti umani‘ o espressioni che fanno riferimento al Dalai Lama, al movimento religioso Falun Gong o ai fatti di piazza Tiananmen.
“Queste sono le regole”, ha spiegato Zennström al Financial Times, “possono piacere o no ma bisogna rispettarle”, in Cina come in qualsiasi altro posto del mondo.
Negli Usa, ad esempio, vengono bloccati i siti pedopornografici o le richieste di accesso a materiali protetti da copyright, in base al Digital Millennium Copyright Act; in Francia e Germania ci sono limitazioni all’accesso ai siti che incitano al nazismo.
Prima di Skype, anche Google e Yahoo! sono finite nell’occhio del ciclone per aver accettato di sottostare ai dettami della Cina in fatto di censura. Yahoo!, in particolare, è stato accusato da Reporters sans frontières di aver fornito alla polizia cinese delle informazioni su uno dei suoi clienti, il cyberdissidente Li Zhi, sulla base delle quali quest’ultimo è stato condannato nel dicembre 2003 a 8 anni di prigione.
Le due web company, più o meno allo stesso modo, hanno espresso la convinzione che la sola industria non può influenzare le politiche di un governo straniero su argomenti quali il libero scambio di idee, l’accesso alle informazioni e il rispetto dei diritti umani, nodi per i quali occorre piuttosto rafforzare il dialogo tra governi.
Per gli utenti, hanno sottolineato le società, è meglio rendere i servizi più accessibili anche se non al 100%, perché alla fine gli utenti cinesi avranno più informazione, anche se non proprio tutta.
Anche il Ceo di Skype ci tiene a sottolineare che è un “bene per le aziende e le società cinesi avere accesso non solo ai servizi di Skype, ma anche a quelli di Google, Yahoo! e eBay”.
Zennström ha infine difeso l’operato di Tom Online – controllate dal tycoon di Homg Kong Li Ka shing – che non avrebbe in alcun modo “messo a rischio la privacy e la sicurezza degli utenti”.
Esserci, insomma, è sempre meglio che non esserci, soprattutto tenendo conto del fatto che il mercato cinese – con oltre 110 milioni di utenti, 700.000 siti pubblicati, 17 milioni di nuovi utenti nel 2005 – è secondo al mondo dopo gli Stati Uniti.