Domini .xxx: nuovo stop dell’Icann, ma la Ue accusa gli Usa di ‘ingerenza politica’ nella gestione del web

di Alessandra Talarico |

Unione Europea


Hi tech e pornografia

Nuovo semaforo rosso per i domini .xxx: l’ICANN ha infatti deciso di rinviare ad agosto l’approvazione del controverso suffisso che dovrebbe designare i siti Internet per soli adulti.

 

L’idea di creare un’etichetta apposita per i siti pornografici è nell’aria dal 2001, dettata dalla volontà di delimitare chiaramente i siti a carattere pornografico, per renderne più facile la ricerca e il filtraggio.

 

Già diverse volte, però, l’approvazione finale è stata rinviata poiché le organizzazioni e i governi hanno richiesto più tempo per stabilire l’opportunità di creare un simile dominio, che legittimerebbe, di fatto, l’industria pornografica.

 

L’Icann, trovatasi al centro delle polemiche internazionali per il suo ruolo esclusivo di supervisore di internet – rimasto intaccato nonostante la bagarre a margine dell’ultimo WSIS – si trova dunque con una grossa gatta da pelare e, prima di prendere qualsiasi decisione, dovrà tener conto che gli occhi dei critici sono tutti puntati sulla risoluzione di un problema quanto mai delicato.

 

Nessuno infatti, potrà costringere i siti pornografici a migrare al suffisso .xxx e, secondo molti, non tutti lo faranno: saranno piuttosto creati siti ‘paralleli’, cosa che per le associazioni anti-pornografia equivale a fare un buco nell’acqua.

 

La decisione è maturata con 9 voti a favore e 5 contrari. Tra i membri del Board contrari anche Vinton Cerf.

 

“Il board è sicuramente consapevole delle controversie, ma al cuore della decisione non ci sono motivazioni politiche”, quanto preoccupazioni legali e giuridiche, ha spiegato il Ceo Paul Twomey che ha sottolineato come una decisione diversa avrebbe messo l’Icann in una posizione troppo difficile, dovendosi poi districarsi fra tutte le leggi che, nel mondo, governano la pornografia.

 

Twomey ha spiegato che l’organizzazione ha ricevuto 200mila messaggi contrari all’approvazione del suffisso: i più accaniti provenivano, oltre che dall’industria dell’intrattenimento, proprio dalle associazioni per la tutela delle famiglie e i gruppi religiosi.

 

Non la pensa così la Commissione europea, secondo cui la decisione dell’Icann di non approvare il dominio non fa che dimostrare l’ingerenza degli Stati Uniti nella gestione della ‘rete delle reti’.

 

“Vediamo in questo affaire un primo caso evidente di infiltrazione politica nell’Icann”, ha dichiarato Martin Selmayr, portavoce del Commissario Ue ai media e alla società dell’informazione Viviane Reding.

Un’ingerenza che rappresenta uno “sviluppo inquietante dell’intervento dell’amministrazione americana nel processo di gestione della rete”, ha concluso Selmayr.

 

Towney rimanda al mittente le accuse, definendole “completamente infondate e ignoranti”, sottolineando che altri Paesi – come la Gran Bretagna , la Danimarca, la Svezia, il Brasile e l’Australia – avevano criticato l’idea di creare il dominio.

 

“E’ una decisione positive che ha evitato la creazione di un dominio che avrebbe creato un rifugio per contenuti illegali e offensivi”, ha dichiarato infatti Helena Coonan, ministro delle Comunicazioni australiano.

 

Il ruolo dell’Icann e degli Usa nella gestione della rete è da diverso tempo al centro di un vero e proprio scontro politico, tra chi chiede un’internazionalizzazione della governance e chi è invece favorevole a mantenere l’attuale situazione, praticamente solo gli Stati Uniti.

 

Quando nacque l’ICANN, alla fine del ’98, l’obiettivo era quello di affidare al settore privato la gestione tecnica di controllo della rete Internet; il Dipartimento del Commercio (DoC) del governo degli USA avrebbe dovuto esercitare una funzione di supervisione sulla base di un Memorandum of Understanding per un periodo di due anni, sino al raggiungimento di prefissati obbiettivi. Uno di questi, era quello di aprire il DNS al mercato.

Il che ha precise ragioni storiche: Internet nasce infatti negli Usa e deriva direttamente dalla Internet assigned numbers authority (Iana), che era ancor più direttamente emanazione del governo Usa.

 

Il MoU è stato esteso due volte per il periodo di un anno e, sembra ormai ovvio, che gli Usa non vogliano mollare la presa sulla gestione della rete: a niente sono valse le proteste di molti Paesi, che avrebbero voluto  aprire la gestione della rete a un numero maggiore di attori nell’ambito del WSIS di Tunisi.

 

La Ue, che non ha mai negato l’eccellente lavoro svolto negli Stati Uniti per assicurare un’amministrazione della rete equa ed efficiente, si è posta fin da subito a metà tra l’unilateralismo degli Usa e il multilateralismo espresso da molti Paesi, che hanno messo in discussione il ruolo di supervisore dell’Icann adducendo la motivazione che non può essere un singolo governo a gestire una parte così importante di internet.

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