Unione Europea
E’ in corso il lavoro sulla proposta di Direttiva della Commissione Europea del 13 dicembre 2005 denominata “Audiovisual Media Services Directive” (la nuova direttiva TV senza frontiere).
Si tratta di una proposta di Direttiva potenzialmente destinata a dispiegare una notevole influenza sulla futura evoluzione del mercato dei contenuti digitali e delle relative reti di trasporto.
Il dibattito che coinvolge la proposta di direttiva in questione – inevitabilmente – coincide con il dibattito sulla regolamentazione delle reti di comunicazione elettronica.
E’ allora interessante continuare a osservare i temi di discussione che circondano la proposta di direttiva nel loro evolversi e tentare alcune minime osservazioni.
Molto del dibattito riguarda l’ambito di applicazione della futura Direttiva rispetto all’attuale “TV senza frontiere”; l’ambito di applicazione dell’attuale proposta è stato definito partendo dalla constatazione – emersa dalla consultazione e dai lavori preparatori – che mantenere la Direttiva TV senza frontiere senza modifiche non farebbe che aggravare ingiustificate differenze di trattamento nella regolamentazione tra le varie forme di distribuzione di media identici o simili e che un’azione a livello comunitario sia pertanto necessaria per aumentare la certezza del diritto e assicurare le migliori condizioni possibili di competitività al settore [1].
Il rapporto tra l’ambito di applicazione della proposta del 13 dicembre ed il diritto nazionale porta infatti alle riflessioni che seguono:
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la proposta disciplina i servizi audiovisivi dei mezzi di comunicazione di massa (audiovisual media services) invece che la televisione in senso stretto, abbraccia quindi qualunque forma di servizio di trasmissione di contenuto consistente in immagini in movimento su reti di comunicazione elettronica [2] al fine di informare, intrattenere, educare: va pertanto oltre la semplice televisione per arrivare ad essere un vero e proprio complemento alla disciplina delle reti di comunicazione elettronica contenuta nel Communications Regulatory Framework 2002;
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ne consegue che – in caso di approvazione della Direttiva Audiovisual Media Services – in Italia sarà giocoforza superare il principio della specialità dettato dall’art. 53 del D.Lgs. 177/2005 (Testo Unico Radiotelevisione); il superamento dovrebbe però avvenire non nel senso, da alcuni teorizzato della primazia della sola normativa in materia di comunicazioni elettroniche, ma nel senso della creazione di una normativa convergente, che rappresenti il punto di incontro tra i testi normativi attualmente separati;
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l’applicazione della futura direttiva dovrebbe anche arrivare a sancire fino a che punto sia possibile applicare alle transazioni riguardanti i contenuti audiovisivi su reti di comunicazioni elettroniche la sola normativa in materia di commercio elettronico e quando invece occorra ricorrere ad ambiti normativi più complessi [3];
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nel suddetto complesso processo suggestioni di non poco conto provengano dal percorso regolatorio della c.d. “net neutrality“, che ha trovato un primo punto fermo negli USA dove la Camera dei Rappresentanti ha approvato e passato all’esame del Senato – il c.d. COPE Bill – che stabilisce i principi base per l’interazione tra reti evolute e servizi offerti sulla larga banda (tv via cavo, Internet via cavo, VoIP, voce, ecc.) delegando alla Federal Communication Commission competenze in materia di applicazione di policies di realizzazione di un c.d. “level playing field” sulla rete (cfr. http://thomas.loc.gov/cgi-bin/query/D?c109:4:./temp/~c109f9ITqP); la FCC dovrà cioè occuparsi di preservare la neutralità delle condizioni di “scelta” e “concorrenza” sulla rete sia per gli utenti che per gli operatori (es. è vietata l’imposizione di offerte triple play in bundle agli utenti, deve essere possibile l’acquisto disaggregato dei servizi).
Le considerazioni sopra svolte portano a riflettere su come sia complesso operare in un contesto in cui – a fronte di una Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni con competenze “convergenti”, ci troviamo tuttora con un quadro normativo nazionale in larga parte strutturato a compartimenti stagni.
Questo vale per la normativa nazionale in materia di televisione e comunicazioni elettroniche ma anche per quanto riguarda proprietà intellettuale e commercio elettronico.
Ogni azione di riforma dovrebbe essere tesa alla creazione di normativa, coerente con la struttura e con gli orientamenti comunitari, ma che parta da una corretta strutturazione della catena del valore.
E’ bene sempre ricordare che molto del ritardo accumulato in campo televisivo parte da un errore normativo sulla composizione della catena del valore della televisione analogica via etere: un divieto imposto ai concessionari di “fare trasmettere” i propri palinsesti ha costretto tali soggetti a mantenere il controllo di strutture di trasmissione che sarebbe stato possibile esternalizzare con facilità e rendere centri motori dell’innovazione nel broadcasting.
Pertanto, sarà compito del regolatore “convergente” (coincidente probabilmente con l’Autorità Nazionale di Regolamentazione) prendere atto della nuova catena del valore composta da contenuti/servizi/sistema di distribuzione/sistema di fruizione.
Ognuno dei predetti livelli necessita di specifica regolamentazione ma lo snodo fondamentale – come apparirà evidente a molti – si trova nel sistema di distribuzione.
Questo, nel campo Tv tradizionale funziona tramite l’abbinamento ripetitori/frequenze; nel campo Tv sat funziona tramite l’abbinamento satellite/transponder; nel campo IPTV funziona tramite l’abbinamento rete IP/Content Distribution Network.
Su tali sistemi si innesta ogni considerazione circa la scarsità/disponibilità della risorsa distributiva in rapporto all’esigenza di pluralismo del “media” televisivo.
La citata struttura “a camere stagne” dalla normativa relega in una “area grigia” le considerazioni sul rapporto tra i risultati dell’analisi della risorsa scarsa e le analisi di mercato attualmente svolte dall’AGCOM.
Una migliore strutturazione del rapporto tra la futura Direttiva TV senza frontiere e la review del Communication Framework potrebbe, in ipotesi, pervenire – in positivo o in negativo – a maggiori certezze che sicuramente farebbero bene al mercato.
Certamente dell’incertezza applicativa soffre il complessivo quadro concorrenziale.
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[1] Cfr. documento proposta COM(2005) 646 final, p. 3.
[2] Come definite dalla Direttiva Quadro (2002/21/CE, art. 2, lett. “a”)
[3] Tale questione, al momento, non trova una vera e propria soluzione: si può ragionare in molti modi; per esemplificare una tra le più accreditate linee di pensiero, emersa quale complessiva indicazione dalla giornata dedicata al VoIP dal Consorzio Voipex presso il Ministero delle Comunicazioni, i servizi VoIP, come regolamentati dalla delibera 11/06/CIR hanno ampie prospettive evolutive e margine per trasformarsi in veri e propri servizi SoIP (Services over IP). La differenza rispetto a quanto già oggi viene prestato potrebbe farla una normativa più agile, più orientata all’ambito delle comunicazioni che al merito dei contenuti trasmessi.