Italia
Se l’Italia vuol davvero essere competitiva nei confronti delle macroeconomie dei Paesi industrializzati – ma anche dei nuovi mercati emergenti come quelli di Corea, India e Cina – deve puntare sull’Hi-Tech, fulcro della crescita economica ma che rischia di trasformarsi nel tallone d’Achille del Paese.
E’ questo il messaggio che ha voluto trasmettere il Ministro dell’Università e della Ricerca, Fabio Mussi, nell’audizione in Commissione Cultura sulle linee programmatiche del dicastero.
“La società della conoscenza si sta spalancando davanti a noi offrendoci non solo nuovi panorami tecnologici ed economici, ma anche nuovi culturali e geopolitici. Queste novità non devono essere fonte di preoccupazione. Perché ci pongono straordinarie opportunità, a patto che l’ Italia e l’ Europa ne colgano il valore e accettino la sfida della ricerca e dell’innovazione”.
“Molti di noi qui in Italia – ha proseguito il Ministro – si preoccupano della concorrenza cinese nel settore delle scarpe e delle t-shirts. Preoccupiamoci piuttosto di hi-tech!’. Una presa di coscienza che giunge a margine dei grandi numeri, che vedono l’Italia in coda in quanto a investimenti in tecnologia e ricerca, con un indice di investimento, in percentuale sul Pil, pari a circa la metà rispetto alla media Ue e ad un terzo di quella di Usa e Giappone. Inoltre, l’Italia produce il 14% della ricchezza dell’Unione, ma partecipa agli investimenti europei in ricerca scientifica solo con il 7%.
Mussi ha poi ricordato come paesi emergenti come India e Cina fungano oggi da esempio in quanto a politiche e strategie di innovazione. Come ricordato da Mussi, la sola India laurea più tecnici e ingegneri dell’intera Ue, mentre la Cina è il terzo esportatore mondiale di prodotti hi-tech, con un investimento in ricerca pari a circa il 20% l’anno.
Secondo il Ministro, il sistema produttivo e della ricerca in Italia presenta ancora dei punti deboli, sia per quanto concerne la ricerca pubblica – sottodimensionata rispetto altri altri grandi paesi europei o agli Usa – che per quella privata, con un investimento in ricerca e sviluppo tecnologico inferiore allo 0,4% della ricchezza nazionale, contro il 2% di Usa o Giappone.
Dinanzi alle difficoltà riscontrate dalle Pmi ad organizzare la ricerca per essere competitive nei settori più dinamici, “occorre che sia la politica a trovare i modi attraverso cui questo particolare sistema produttivo acquisisca una forte vocazione alla ricerca”, ha dichiarato il Ministro.
Per incentivare le aziende a investire maggiormente in ricerca e innovazione tecnologica, il Ministro ha ricordato le misure specifiche previste in questo senso nell’ultimo decreto legge del Governo, che consentono sin da subito vantaggi economici per quasi un miliardo di euro, attraverso interventi di deducibilità fiscale per le spese in brevettazione, studi e ricerche di sviluppo.
Secondo le linee programmatiche presentate dal Ministro, inoltre, è previsto un provvedimento atto ad assicurare l’ingresso di giovani ricercatori nelle università e negli enti pubblici di ricerca, favorendo l’inserimento nel sistema delle giovani professionalità.
Infine, ricerca e innovazione in Italia, certo, ma anche nel contesto europeo. L’Italia deve ricollocarsi al meglio in Europa e lo farà con una serie di iniziative ad hoc. Pensiamo al VII Programma Quadro, appena approvato dal Parlamento Europeo, che prevede, tra l’altro, entro i prossimi sette anni un investimento da parte dell’Unione europea di oltre 53 mld di euro in ricerca, una grossa parte del quale per finanziare progetti di scienza di base, valutati con grande autonomia scientifica in sede di Consiglio Europeo delle Ricerche.
“Parteciperemo con entusiasmo non solo al VII Programma Quadro – ha quindi concluso Mussi – ma anche all’affermazione del Consiglio europeo delle ricerche, così come appoggeremo con entusiasmo la costituzione dell’Istituto europeo di tecnologia‘.
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