Italia
“Migliorare in maniera sostanziale l’efficienza del servizio giustizia, da cui discendono la garanzia dei diritti dei cittadini e la competitività del Paese”. Questo l’obiettivo del protocollo d’intesa firmato oggi dal ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione Luigi Nicolais e dal ministro della Giustizia Clemente Mastella.
Per la prima volta concordi su un a linea d’azione comune, i due ministri hanno sottolineato la volontà di realizzare un programma organico, mettendo insieme risorse strumentali ed economiche e condividendo le priorità da affrontare.
Come dimostrano i dati elaborati dal CNR e pubblicati nel volume “Tecnologie per la giustizia“, a cinque anni dal regolamento ministeriale per l’informatizzazione dei processi civili, la rivoluzione dell’e-justice è ancora lontana e intanto gli uffici giudiziari rischiano di “collassare sotto il peso di nove milioni di processi pendenti e di 2 milioni e mezzo di reati denunciati ogni anno. Una macchina farraginosa, considerata lenta e costosa dal 90% degli italiani, che potrebbe avvantaggiarsi dei sistemi informatici, come previsto da decreti e linee guida, garantendo maggior efficienza, trasparenza e qualità al nostro sistema giustizia”.
Che la giustizia italiana sia “un grande ammalato”, spiega la nota congiunta dei due ministri, “lo dimostrano i dati sull’ingorgo dei tribunali e sulla durata dei processi, le numerose condanne della Corte di giustizia europea”, ma anche e soprattutto “l’esperienza quotidiana di tanti operatori, cittadini e imprese”, intrappolati in quella che spesso sembra trasformarsi in una macchina infernale.
Per uscire da questo “tunnel di progetti costosi, difficili da sviluppare e da adottare” – come ha definito la giustizia italiana il direttore dell’Irsig-Cnr Giuseppe Di Federico – e ridimensionare un apparato normativo attualmente “sovradimensionato”, le tecnologie digitali possono rappresentare un alleato formidabile. Basta avere la volontà di usarle in maniera intelligente e di accompagnarle da una forte spinta verso il cambiamento logistico.
Gli strumenti, dalla firma digitale alla posta elettronica certificata, ci sono e consentono di raggiungere in molti settori del sistema giudiziario, ottimi risultati in termini di risparmio di tempo e si risorse. Eppure, l’utilizzo delle reti informatiche per scambiare dati e documenti giudiziari, è ancora del tutto insoddisfacente.
Pensando in termini forse un po’ troppo utopistici, i ministri preconizzano già un tempo in cui si potrebbe arrivare a realizzare “compiutamente il processo senza carta, in cui i vari attori dialoghino in forma telematica, dando vita al fascicolo elettronico”.
In questo senso, in Italia e all’estero le sperimentazioni in corso sono molte: nel 2000, ad esempio, il ministero ha avviato il Processo Civile Telematico, con la sperimentazione in sette uffici giudiziari pilota (Bari, Bergamo, Bologna, Catania, Genova, Lamezia Terme e Padova) e il successivo sviluppo in almeno altri 50. Questo progetto ha comportato una spesa di quasi 5 milioni di euro nel 2003 e di 3.800.000 euro nel 2004.
Tra gli obiettivi del progetto, indicati nel piano triennale per l’informatica 2005-2007, vi erano un’accelerazione delle cause di almeno il 20% e un recupero di efficienza nei servizi di cancelleria del 30-40%”. Target che difficilmente verrà raggiunto a causa, ha spiegato Marco Fabri – ricercatore all’Istituto di Ricerca sui Sistemi Giudiziari del CNR – “delle caratteristiche organizzative degli uffici, del quadro normativo ed istituzionale di riferimento e delle persistenti e note difficoltà di cambiamento della nostra amministrazione giudiziaria”.
Il Processo Civile Telematico, dicono ora i Nicolais e Mastella, “rappresenta l’obiettivo da realizzare con maggiore urgenza”, poiché in grado di “migliorare la vita di milioni di persone e di migliaia di imprese”.
Il protocollo affronta anche la questione dell’interoperabilità, per far sì che le banche dati e i vari organismi giudiziari comunichino in tempo reale in piena sicurezza e nel rispetto della privacy.
Allo stato attuale, lamentano gli addetti ai lavori, la posta elettronica è diffusa, ma viene spesso utilizzata solo per preannunciare il successivo invio di documenti via fax o per posta. L’email, infatti non è ancora considerata uno strumento di comunicazione ufficiale, per non parlare del protocollo informatico, che ancora non consente l’archiviazione e lo scambio di documenti e viene quindi utilizzato solo come registro.
“L’interoperabilità è il presupposto per dematerializzare e semplificare in modo radicale il sistema”, si legge nella nota, e una volta applicata a tutti gli uffici, semplificherà la gestione delle notifiche, garantirà la pubblicità telematica per le aste giudiziarie e l’erogazione diretta di certificati ai cittadini da parte del Giudice di Pace, e consentirà di costruire una banca dati per le adozioni nazionali e internazionali, nonché di ottenere un decreto ingiuntivo on line.
“La giustizia, come la Pubblica Amministrazione, è un ambito essenziale per la modernizzazione del Paese, per la qualificazione della spesa pubblica, per un nuovo rapporto di fiducia fra lo Stato e i cittadini”, concludono i due ministri, sottolineando come ai progetti comuni verrà destinato uno stanziamento di 20 milioni di euro, che potrebbe essere incrementato con le prossime leggi finanziarie.