Cameraphone: giro di vite in Francia. Rischia il carcere chi filma o diffonde atti di violenza

di Alessandra Talarico |

Francia


Citizen journalism

Chi si trova in Francia e volesse filmare una scena di violenza col proprio cellulare, farebbe bene e diventare prima un reporter professionista.

 

Il Consiglio Costituzionale francese ha infatti approvato una legge che punisce chi filma e diffonde atti di violenza – ad esempio compiuti dalla polizia – senza essere un giornalista accreditato.

Un giro di vite contro il cosiddetto ‘citizen journalism’ che arriva, ironia della storia, esattamente 16 anni dopo il caso Rodney King, il cui pestaggio da parte della polizia di Los Angeles è salito all’onore delle cronache proprio perchè filmato da un videoamatore.

 

Se George Holliday, autore del filmato che ha prima indignato il mondo e poi scatenato una vera e propria rivolta popolare dopo che gli agenti autori del pestaggio furono assolti, si trovasse in Francia oggi rischierebbe fino a 5 anni di prigione e una multa di 75 mila dollari. Pene ritenute addirittura più severe di quelle comminate a chi compie l’atto di violenza.

 

La legge, proposta dal ministro dell’Interno e candidato gollista alle presidenziali Nicolas Sarkozy, prende di mira non solo chi materialmente filma episodi di violenza, ma anche i siti internet che eventualmente li ospitano.

E così, gli abusi di potere delle forze dell’ordine finiscono nello stesso calderone dell’happy slapping, la moda giovanile di schiaffeggiare un passante, riprendere la scena col cellulare e inviarla agli amici o sul web.

 

Secondo l’associazione francese per i diritti civili Ligue Odebi che ha fortemente criticato la legge – l’ampia portata della misura che criminalizza i novelli reporter col telefonino porterà alla creazione di un “sistema giudiziario parallelo” volto a controllare la pubblicazione delle informazioni su internet.

 

Il governo ha anche proposto un sistema di certificazione per i siti web, i blog, gli operatori mobili e i service provider internet, per identificare come fonti di informazione approvate dal governo soltanto coloro i quali rispettano determinate regole.

Una deriva che secondo le associazioni a tutela della libertà di stampa potrebbe generare un’ondata di auto-censura da parte delle aziende che temono di perdere il ‘bollino’.

 

Secondo la Ligue, “…la legge approvata il 3 marzo fa della Francia il Paese occidentale che più attenta alla libertà d’informazione e di espressione, in particolare su internet”.

L’associazione denuncia la mancanza quasi totale sui media di informazioni chiare ed esaustive sulla legge, presentata semplicemente come una misura volta a combattere fenomeni come l’happy slapping, deprecabili, per carità, ma non certo paragonabili ai tanti abusi che si sono conosciuti solo grazie alla provvida presenza di normali cittadini dotati di videofonino o videocamera.

 

Anche il Forum dei diritti su internet, secondo la Ligue, non ha svolto la sua missione, omettendo di spiegare agli internauti il significato reale della legge. Per questo l’associazione chiede le dimissioni del Presidente del Forum, “avendo screditato il ruolo della sola autorità di (co)regolazione del web che poteva essere al principio concettualmente accettabile”.

 

Una legge antidemocratica – continua ancora la Ligue – che “non è rispettabile e dimostra sia l’ignoranza dei suoi autori, sia la loro volontà di instaurare un regime di controllo senza precedenti in Europa”.

I video di violenza, infatti, “potranno essere diffusi fuori dalla Francia e solo un processo di filtraggio alle frontiere potrà impedirne la loro diffusione in Francia”, continua la Ligue, sottolineando come l’identificazione di chi carica il filmato “necessiterà l’instaurazione di una sorveglianza totalitaria del web”.

 

Delle due l’una, conclude l’associazione: “o questa legge non verrà rispettata oppure bisognerà imporla con metodi non utilizzabili da un Paese democratico”.

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