Italia
Un saluto di benvenuto ai tanti ospiti e ai tanti appassionati/interessati alle nuove tecnologie e al nostro settore, che ogni anno partecipano numerosi agli eventi di presentazione del Rapporto Assinform, che, ricordo, si articolano in 3 momenti distinti durante l’anno: l’anteprima dei dati (oggi), la presentazione del Rapporto (a fine maggio), l’annuncio dei dati relativi al primo semestre, con i trend di fine anno (a settembre).
Un saluto anche ai tanti manager e ai colleghi imprenditori, ospiti e associati: abbiamo appena concluso la riunione di Giunta dell’Associazione, che ha indicato le linee guida dell’azione associativa per l’anno in corso e per i prossimi anni. Gli obiettivi che ci siamo posti sono ambiziosi, ma sono in coerenza con un settore, quello da noi rappresentato, in cui operano tantissime imprese (oltre 25.000 società di capitale) e molte risorse qualificate (quasi 400.000) e che è sostegno strategico per l’intera economia: elemento, quest’ultimo, che voi tutti ben sapete, che confermerò tra poco attraverso alcuni dati internazionali e che auspichiamo, da tempo, anche per l’Italia.
Un flash sui dati più rilevanti del Rapporto
Vediamo innanzitutto come è andato il settore. L’informatica italiana, nel 2006, ha ripreso a crescere e accelera il ritmo degli ultimi anni, mettendo a segno un discreto + 1,6% nel 2006, a fronte del timido +0,9% del 2005 e del segno negativo (-0,4%) del 2004. Il divario con i trend di crescita internazionali resta però ancora ampio. Divario dovuto anche, come evidenzierò nel mio intervento, al gap nella capacità di produzione di nuove tecnologie: male endemico del nostro Paese, che è diventato, di fatto, consumatore di innovazione tecnologica generata altrove.
Il contesto mondiale
Una recente analisi del Conference Board, centro di ricerca americano, ha messo in evidenza come, in assenza di un nuovo significativo passo avanti nelle applicazioni, la spinta propulsiva che l’Information Technology ha dato alla produttività economica in questi anni potrebbe essere in via di esaurimento. (vedi Il Sole 24 ore del 24/1/07). Si tratti o meno di una previsione troppo azzardata, per valutarne l’importanza bisogna tener presente che il ciclo di espansione registrato in questi ultimi anni dall’economia mondiale ha avuto il suo motore proprio nelle tecnologie informatiche e Tlc, tanto da permettere agli analisti di stabilire una correlazione diretta fra investimenti in ICT e crescita del Pil.
Basti considerare che nel 2005 l’incremento del Pil mondiale, pari al 4,9%, aumentato al 5,1% nel 2006, uno dei più elevati negli ultimi vent’anni, è stato superato dall’accelerazione registrata dal settore ICT, il cui tasso di crescita è passato dal 6,1% nel 2005 al 5,5% nel 2006, ove la flessione è data dall’assestamento della crescita delle Tlc.
Di fronte a tali ritmi, l’eventuale decremento che si potrebbe verificare nel prossimo periodo non dovrebbe stupire poi troppo.
E’ ipotizzabile, infatti, la comparsa, nel breve termine, di nuove applicazioni che sapranno sfruttare al meglio le grandi innovazioni tecnologiche che l’ICT mondiale offre, dando luogo a una nuova ondata di investimenti.
Ciò soprattutto in quei paesi, come per esempio gli Stati Uniti, ma anche l’India, senza dimenticare l’Europa che, sia pure con enormi differenze fra i diversi casi, hanno puntato decisamente sull’innovazione tecnologica per far crescere la propria economia.
Dai numeri assoluti e distinti fra It e Tlc si trova la conferma di come, negli ultimi anni, si sia assistito a un assestamento della crescita delle Tlc e ad un nuovo vigore a livello mondiale dello sviluppo dell’It, proprio al traino dell’esplodere dell’ICT “consumer” e delle nuove applicazioni che cercano di dare risposte alle nuove esigenze di un’economia globalizzata ed alle nuove opportunità per le industrie globali, anche quelle piccole e medie.
Il confronto con l’Italia
Se confrontiamo la crescita dell’It in Italia con i dati analoghi a livello mondiale possiamo osservare come:
La spiegazione che viene data abitualmente del ritardo, cioè che la responsabilità di tutto questo sia da attribuirsi al basso livello di spesa IT delle piccole imprese, che in Italia sono molto numerose, è inadeguata per valutare il fenomeno.
Una domanda sorge spontanea: forse l’industria It non ha saputo innovarsi abbastanza per essere capace di sostenere lo sviluppo delle PMI italiane, che vogliono globalizzarsi?
I settori che più crescono sono legati ai consumatori, ai cittadini, agli enti territoriali e ai nuovi servizi, ove sono richieste nuove applicazioni per soddisfare le esigenze emergenti e utilizzare al meglio le nuove infrastrutture TLC (fisse e mobili) e Televisive.
Sui nuovi servizi e sulle nuove applicazioni, l’It mondiale ha nuove sfide da affrontare, che deve superare per sostenere lo sviluppo e la produttività delle imprese.
Ciò è particolarmente vero anche per le imprese italiane: contrariamente a quanto avvenuto in altri Paesi, in Italia l’innovazione tecnologica e in particolare l’informatica, non è ancora riuscita ad assumere, pur in presenza di situazioni produttive e casi applicativi d’eccellenza, un ruolo strutturale nei trend di sviluppo. Oggi, tuttavia, c’è un motivo per indurci all’ottimismo.
La contingenza di un’economia mondiale chiamata a reinventare gli strumenti dell’innovazione per riprendere a crescere, rappresenta anche per il nostro Paese un’occasione favorevole per rientrare in gara.
Per l’industria italiana ciò significa comprare tecnologie spesso poco personalizzate al soddisfacimento delle sue peculiarità, rimanendo esposta a crescenti difficoltà nella competizione mondiale.
Per innovare il Made in Italy e potenziare le sue capacità di penetrazione dei mercati esteri, occorre perciò ritornare a investire in modo massiccio per innovare lo stesso It italiano, scommettendo sulla sua capacità di generare nuove applicazioni e servizi informatici mirati a innovare la struttura produttiva nazionale, costituita prevalentemente da piccole e medie imprese.
Una scommessa che l’informatica italiana ha tutte le carte per vincere.
La ripresa del nostro settore informatico è un segnale certamente positivo che non va assolutamente sottovalutato nell’attuale fase di crescita dell’economia italiana, soprattutto perché proviene da un risveglio di attenzione verso l’innovazione da parte delle imprese.
Ma, va riconosciuto che il circolo virtuoso generato dall’innovazione tecnologica in Italia fa ancora troppa fatica a decollare.
Il commercio elettronico: una frontiera da valorizzare
Un esempio significativo: nel commercio on line, vera e propria frontiera dell’innovazione tecnologica, l’Italia risulta al penultimo fra i paesi dell’Europa a 25, subito dopo Cipro e prima della Lettonia.
Anche qui si trova un segnale positivo: negli ultimi due anni si è invertito il trend che ci vedeva in regresso nelle vendite on line verso l’estero, che invece sono tornate a crescere.
Dove si trovano le cause di questi ritardi? in una obsolescenza strutturale, ovvero nell’assenza di domanda innovativa, o nella mancanza di valide soluzioni tecnologiche, ovvero in un’offerta insufficiente? Noi pensiamo che il problema vada cercato in un Paese che non ha creduto nella sua capacità di produrre innovazione, che ha rinunciato a investire nell’informatica e quindi é in continuo ritardo.
I nostri investimenti nell’innovazione informatica sono limitati all’impegno estremamente difficoltoso di poche imprese.
Il ruolo di traino della domanda è molto condizionato dal blocco di quella pubblica, che è ripiegata su se stessa, in un circolo assai poco virtuoso ristretto al binomio stato-cliente e fornitore di se stesso.
Come uscirne?
Lo sviluppo dell’It va perseguito attraverso il varo di un progetto strategico nazionale:
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Il settore informatico italiano deve essere esso stesso innovato con massicci investimenti finalizzati a sviluppare l’offerta di nuove tecnologie per l’innovazione industriale, l’efficienza delle attività dei servizi, lo sviluppo delle Pmi, la modernizzazione della Pa;
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Proprio come propone l’Europa che nel suo VII programma quadro per l’innovazione ha posto che “ICT is the very core of the knowledge based society”.
In Italia esistono cervelli, competenze professionali e capacità imprenditoriali per seguire questa strada.
Consulta il profilo Who is Who di Ennio Lucarelli, presidente di AITech-Assinform
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