La compagnia dell’AI, una nuova frontiera per l’umanità
Al Consumer Electronics Show di gennaio ha fatto il suo debutto Ropet, un robot che ricorda un qualche animale domestico, forse un cane, e che ha conquistato tutti con i suoi occhioni grandi e la capacità di rispondere alle emozioni umane. Progettato per essere molto più di un giocattolo, Ropet è un vero e proprio compagno di vita.
Una tenera presenza in casa, dietro cui si nasconde un quesito inquietante: siamo davvero pronti, dal punto di vista emotivo ed etico, a lasciar entrare l’intelligenza artificiale (AI) nelle nostre vite, nell’intimità della nostra dimensione emotiva?
L’idea della compagnia artificiale non è nuova. App come Replika hanno dimostrato quanto sia facile per gli esseri umani creare legami profondi con entità digitali. Questi legami possono anche assumere sfumature romantiche o familiari. Quando Replika rimosse temporaneamente la modalità di gioco erotico, l’indignazione degli utenti fu tale da spingere l’azienda a reintrodurla. Un segnale chiaro: per molti, il rapporto con l’AI non è per niente superficiale.
Questi compagni digitali possono offrire conforto a chi è solo o isolato. Ma un conforto che può anche presentare più di un lato oscuro, ha spiegato Alisa Minina Jeunemaître, Associate Professor of Marketing alla EM Lyon Business School, in un articolo pubblicato su theconversation.com. Alcuni casi tragici raccontano di persone che, dopo un legame troppo intenso con chatbot o assistenti virtuali, sono finite in situazioni drammatiche, o sono finite proprio male (fino al suicidio). Non è solo un problema tecnologico: è una questione umana.
Bambini e AI: un legame troppo forte e reale
Con l’avanzare della tecnologia, diventa urgente riflettere sull’impatto che questi animali robotici possono avere sui bambini. Negli anni ’90, tutti lo ricorderemo, il fenomeno Tamagotchi aveva già mostrato quanto i bambini potessero legarsi emotivamente a un essere virtuale. Quando il loro animaletto “moriva” per mancanza di attenzioni, era una vera tragedia.
Oggi, con Ropet e simili, il livello è ben diverso: questi robot ricordano, reagiscono, apprendono, si adattano. Per un bambino, un animale robotico triste o arrabbiato non è solo un programma: è un amico che soffre. E dietro a queste “emozioni” ci sono algoritmi progettati per massimizzare l’interazione, non per tutelare lo sviluppo psicologico umano.
Il rischio della sostituzione emotiva
In tutto questo, c’è chi teme che questi compagni artificiali possano diventare sostituti delle relazioni umane. Se un animale robotico è sempre disponibile, affettuoso, mai giudicante… perché affrontare la complessità del rapporto con le persone?
Questo rischio riguarda soprattutto i soggetti più vulnerabili: anziani, persone isolate, bambini. Quando il legame con l’intelligenza artificiale diventa più semplice e rassicurante di quello umano, rischiamo di creare una società dove i rapporti autentici vengono messi da parte. Ne saranno felici le aziende fornitrici di robot da compagnia.
Ma chi possiede davvero il tuo animale robotico?
Oltre agli aspetti emotivi, ci sono anche enormi interrogativi sulla sicurezza e sulla privacy. Questi dispositivi raccolgono dati, apprendono comportamenti, memorizzano conversazioni. E spesso lo fanno attraverso il cloud, il che significa che tutto è salvato “da qualche parte” su internet.
Il caso della fuga di dati da DeepSeek, in cui oltre un milione di registrazioni – comprese chat private – sono diventate pubbliche, è un campanello d’allarme. La nostra “intimità” con l’AI e le sue macchine non è mai completamente al sicuro.
Non è la prima volta che ci poniamo domande del genere. Già alla fine degli anni ’90, i Furbies furono banditi dalla sede della NSA negli Stati Uniti per il timore che potessero “ripetere” informazioni sensibili. Oggi i robot non si limitano a ripetere: registrano, apprendono, evolvono.
Un futuro che ha bisogno di regole
È evidente che animali come Ropet non sono semplici giocattoli. Sono tecnologie emotive. E anche se oggi sono pensati per un pubblico adulto, sappiamo già che finiranno nelle mani dei bambini. Con questa evoluzione, diventano indispensabili normative chiare e una riflessione profonda su etica, sicurezza e impatto psicologico delle tecnologie intelligenti.
Le prime ricerche mostrano un equilibrio fragile tra compagnia e dipendenza, tra supporto e manipolazione. Più l’AI simula emozioni, più dobbiamo stare attenti a non scambiare la finzione per realtà. È fondamentale ricordarsi sempre che questa tecnologia è uno specchio, ma uno specchio magico che oltre che riflettere le nostre aspettative è in grado anche di risucchiare tanta parte di noi, di solito quella di maggior valore per il mercato.
L’immagine di copertina è stata generata utilizzando GPT-4o