Cyberattacco su larga scala contro DeepSeek R1
Il modello di intelligenza artificiale (AI) cinese DeepSeek R1 ha determinato un terremoto tecnologico che ha attraversato in poche ore tutto il pianeta e ora deve fare i conti con un’ondata di cyber attacchi su larga scala.
Il risultato è che nessun nuovo utente può da ieri registrarsi alla sua piattaforma, mentre per chi era già registrato non sembra ci siano problemi gravi al momento.
La startup con sede nella città di Hangzhou, capoluogo della provincia cinese di Zhejiang, ha fatto sapere che “il problema è stato individuato” e che al momento “è in fase di risoluzione”.
Le registrazioni sono quindi “temporaneamente limitate”, sia per monitorare la qualità del servizio, sia per garantire la sua continuità per chi lo sta già impiegando.
Il sistema regge, ma ci sono rallentamenti di funzionalità
Al momento, quindi, nonostante il cyber attacco, DeepSeek sta offrendo “funzionalità ridotte”, ma il sistema regge.
Chi era già registrato lo sta quindi utilizzando regolarmente, ma in alcuni casi si lamentano rallentamenti nelle risposte del chatbot.
Inizialmente, già ieri, si segnalava un elevato traffico indirizzato verso DeepSeek, con il risultato di una evidente difficoltà ad accogliere tutte le domande e un peggioramento delle performance generali. In realtà è molto probabile si trattasse già dei primi effetti degli attacchi alla piattaforma e delle prime misure di contenimento messe in campo.
Le accuse di minaccia alla sicurezza e alla privacy
L’incidente arriva pochi giorni dopo che l’app del chatbot DeepSeek AI ha raggiunto il primo posto tra le app gratuite più scaricate sull’App Store di Apple negli Stati Uniti, superando i concorrenti americani.
Al momento la startup cinese non ha fornito dettagli sul cyberattacco a cui è sottoposta. Di certo ha attirato l’attenzione di tutti, anche di cracker e cyber criminali di varia origine. Senza contare che DeepSeek ha causato danni finanziari enormi al mercato dell’intelligenza artificiale soprattutto occidentale, mandando in poche ore in fumo centinaia di miliardi di dollari e mandando nel panico gli investitori di mezzo mondo.
Dagli Stati Uniti sono subito arrivate critiche pesanti al modello cinese, accusandolo di mettere in pericolo la sicurezza degli utenti e di violare sistematicamente ogni legge sul trattamento dei dati personali e in generale più sensibili (soprattutto pensando alle imprese).