Rubio contro Pechino
Tra qualche ora Marco Rubio, il candidato scelto dal Presidente americano eletto, Donald Trump, alla carica di segretario di Stato degli Stati Uniti, comparirà davanti alla commissione del Senato per l’audizione di conferma.
Al centro del suo discorso, a quanto pare, ci sarà soprattutto la Cina, il grande nemico di Washington, forse il vero antagonista con postura di superpotenza.
E qui Rubio sembra intenzionato a colpire duro, secondo Bloomberg: “La Cina ha mentito e imbrogliato per ottenere lo status di superpotenza a spese degli Stati Uniti”.
“Abbiamo accolto il Partito Comunista Cinese in questo ordine globale“, dovrebbe dire Rubio nel documento che il quotidiano ha avuto modo di visionare, aggiungendo che i cinesi hanno però approfittato di tutti i benefici concessi: “hanno ignorato tutti gli obblighi e le responsabilità” per raggiungere i propri scopi, “a nostre spese“.
Un passaggio che ricorda molto da vicino quello di Trump contro Taiwan, che è cresciuta rapidamente affermandosi a Paese campione del mercato mondiale dei semiconduttori, “a spese degli Stati Uniti“.
USA più forti, “per un mondo libero dal caos“
Per il futuro sottosegretario di Stato, quindi, ancora una volta, “gli Stati Uniti dovranno mettere i propri interessi nazionali fondamentali al di sopra di tutto”, mentre, allo stesso tempo, si dovrà lavorare sodo per “creare un mondo libero dal caos”.
Un caos frutto delle nuove alleanze in chiave anti-occidentale, legate a quello che agli occhi di Washington è il nuovo asse del male: Cina, Russia e Iran.
Rubio è considerato un falco dell’amministrazione Trump e in molti si attendono un atteggiamento aggressivo nei confronti di Pechino, tanto da lasciar pensare ad un 2025 di tensioni crescenti tra le due sponde del Pacifico.
Dove USA e Cina collidono
Lo scontro tra Stati Uniti e Cina si sviluppa su molteplici fronti strategici, economici e tecnologici. I settori principali in cui si sta intensificando la competizione includono i semiconduttori, l’intelligenza artificiale e le tecnologie quantistiche.
Ma non solo, perchè i chip sono il vero nodo del contendere tra Washington e Pechino, fattore chiave per le tecnologie avanzate menzionate, ma anche per la transizione energetica, la mobilità elettrica (vedi le batterie) e autonoma, l’aerospaziale, la Difesa e la sicurezza, telecomunicazioni e 5G.
Gli USA stanno lavorando per ridurre la dipendenza da forniture cinesi, promuovendo il reshoring e il nearshoring di industrie strategiche come elettronica e farmaceutica. In termini di sicurezza, entrambi i paesi sviluppano leggi rigorose per il controllo dei dati, alimentando tensioni su come vengono gestite e archiviate le informazioni sensibili.
Allargando lo sguardo sulle politiche commerciali e la capacità di influenza geopolitica, non è da dimenticare la Belt and Road Initiative (BRI), con cui la Cina espande la propria influenza globale attraverso progetti infrastrutturali in Asia, Africa e America Latina, mentre gli Stati Uniti cercano di contrastarla con iniziative di sviluppo alternative.
Rubio: “Ogni dollaro che spendiamo dovrà rendere l’America più sicura, più forte e più prospera”
Dai pesanti dazi commerciali già annunciati da Trump alla questione spinosa di Taiwan, Rubio spingerà forte sull’acceleratore, facendo leva su un’immagine forte degli Stati Uniti, che dovrà muoversi su un doppio binario: uno diplomatico, teso a promuovere la pace all’estero e la prosperità in patria; l’altro a tinte militari, di arbitro sullo scacchiere geopolitico mondiale e di Paese guida per i suoi alleati in questi tempi difficili.
“La direzione che ha dato per la condotta della nostra politica estera è chiara“, dirà Rubio in commissione: “Ogni dollaro che spendiamo, ogni programma che finanziamo e ogni politica che perseguiamo devono essere giustificati con la risposta a tre semplici domande: rende l’America più sicura? Rende l’America più forte? Rende l’America più prospera?“.
Cuba fuori dalla black list dei Paesi sponsor del terrorismo internazionale, che dirà Rubio?
Attesa anche qualche considerazione di Rubio su Cuba. Tra i tanti colpi di coda dell’amministrazione Biden ormai davvero ai titoli di coda c’è il depennamento di Cuba dalla lista degli Stati sponsor del terrorismo internazionale (in cambio della liberazione di decine di prigionieri politici sull’isola).
Nessuna reazione per ora dal transition team di Trump nè dal segretario di stato designato Marco Rubio, la cui famiglia lasciò Cuba negli anni ’50 prima che la rivoluzione comunista portasse al potere Fidel Castro e che è un paladino delle sanzioni contro l’isola comunista.
Una decisione che verrà probabilmente revocata dal suo successore Donald Trump: il tycoon aveva reinserito l’Avana nella blacklist l’11 gennaio del 2021, quasi al termine del suo mandato, bloccando il precedente disgelo avviato da Barack Obama. The Donald aveva citato tra le motivazioni il sostegno di Cuba al leader venezuelano Nicolas Maduro e il suo rifiuto di estradare i ribelli colombiani in Colombia.