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Meloni incontra Fitto: “In Europa saremo pragmatici”
Il vicepresidente della Commissione Ue Raffaele Fitto è tornato per la prima volta a Roma nella sua nuova veste. È salito prima il Quirinale, dove ha ringraziato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per il sostegno, poi, a Palazzo Chigi, ha fatto il punto con Giorgia Meloni, prima di tornare a Bruxelles dove ci sarà l’Ecofin del 10 dicembre. Fitto, ha sostenuto lui stesso nel corso dell’audizione all’Eurocamera, come recitano i Trattati sarà a Bruxelles non certo per fare le veci dell’Italia, ma quelli della Commissione. Eppure, non è un mistero che nel grande sudoku dei ruoli di vicepresidenti, Commissari e funzionari, si giocano i rapporti di forza tra i 27. Su questo terreno Fitto da un lato parte avvantaggiato, potendosi avvalere della carica di vicepresidente, dall’altro, avrà di fronte uno stuolo di funzionari franco-tedeschi che Parigi e Berlino, nonostante la debolezza dei rispettivi Governi, sono riusciti a collocare ai vertici di molti gabinetti dei Commissari.
Su 53 tra capi di gabinetto e vice figurano solo tre italiani. Quattro commissari, inclusa la presidente Ursula von der Leyen, hanno un tedesco a capo del gabinetto e il loro punto di riferimento è Bjoern Seibert, fedelissimo braccio destro di von der Leyen. Parigi può contare su un solo capo, quello di Stephan Séjourné, ma su sette vicecapi di gabinetto. Fitto, a capo del suo gabinetto, ha scelto l’ormai ex segretario generale di Ecr Vincenzo Matano; con lui lavoreranno altri tre italiani: Marco Canaparo, Gabriele Giudice, Alessandro Scuncio. La direzione generale di riferimento sarà la Dg Regio, che nella scorsa legislatura era affiancata dalla Dg Reform che ora non esiste più.
Al neovicepresidente Giorgia Meloni ha confermato che l’Italia lavorerà al fianco e non contro la Commissione: “L’Italia porterà un contributo pragmatico” alle sfide future di Bruxelles, “a partire dalla realizzazione delle riforme e degli investimenti di lunga durata”. Ed è in quel “pragmatico” la chiave del contributo che vuole apportare Meloni su temi come il Green Deal e l’automotive. Fitto coordinerà i Commissari all’agricoltura, alla pesca e ai trasporti e assieme a Valdis Dombrovskis si occuperà di quel Recovery Fund sul quale, in prospettiva, si staglia il grande nodo della scadenza al 2026. Già dall’anno prossimo uno dei principali dossier di Fitto sarà quello della riforma della politica di Coesione.
La maggioranza si confronta sulla manovra, non senza tensioni
Prende quota la possibile modifica nella legge di bilancio del secondo scaglione Irpef, dal 35% al 33%, usando le risorse raccolte con il concordato preventivo biennale: dovrebbe trovare posto in un decreto ad hoc tra febbraio e marzo del prossimo anno. I dossier aperti, in primis sulla manovra, dovrebbero essere al centro di un nuovo incontro tra i leader del centrodestra che potrebbe tenersi lunedì a margine del Cdm. Fonti parlamentari di centrodestra riferiscono che la raccolta tramite il concordato, che si conclude il 12 dicembre, sarebbe distante dall’obiettivo minimo dei 2,5 miliardi necessari a introdurre la misura sull’Irpef. Nel frattempo, però il concordato fa discutere la maggioranza: l’irritazione della Lega potrebbe derivare anche dallo stop arrivato nei giorni scorsi dal vice ministro Maurizio Leo alla nuova proposta di rottamazione quinques delle cartelle con 120 rate delle cartelle notificate fino al 31 dicembre 2013 avanzata dal deputato leghista Alberto Gusmeroli.
Ieri la Camera ha dato il via libera al decreto Fisco e il Senato al decreto Ambiente che ora passa a Palazzo Montecitorio. Ma ormai i fari sono puntati sulla legge di bilancio che da calendario dovrebbe approdare il 16 dicembre in Aula, anche se l’arrivo potrebbe slittare di qualche giorno. Per definire meglio il percorso e stabilire dove ci saranno ulteriori margini di manovra lunedì ci sarà una riunione di maggioranza. Giorgia Meloni e i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini si sono visti l’ultima volta, alla presenza anche del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il 24 novembre. Nell’occasione la premier lanciò l’invito a procedere senza strappi. Da quel giorno ci sono stati, soprattutto tra la Lega e Forza Italia, diverse tensioni e un incidente parlamentare in Commissione Bilancio a palazzo Madama, con il Governo che è andato sotto sul decreto fiscale sul famoso emendamento sul canone Rai. Nonostante i proclami d’unità i contrasti ogni tanto affiorano, con Salvini che ieri è intervenuto sul dossier Unicredit-Banco Bpm, in risposta alle parole di Antonio Tajani che aveva espresso riserve sull’utilizzo del Golden Power.
L’istruttoria sugli emendamenti è ancora in corso, si attendono i pareri del Mef, ma potrebbe per esempio esserci spazio per un contributo di supporto (per gli Isee sotto i 15mila euro) nella lotta contro la droga e le baby-gang. FI e Lega sono in pressing per cercare di inserire delle ulteriori modifiche. Nella manovra arriveranno risorse per l’automotive, fondi per le forze dell’ordinee c’è chi riferisce di un possibile intervento sulle indennità di amministrazione dei ministeri. Ma sulla manovra si entrerà nel vivo nei prossimi giorni: la Commissione Bilancio dovrebbe iniziare a votare gli emendamenti martedì 10 con una notturna prevista per il 13 e una pausa dei lavori domenica, quando si terrà il congresso della Lega in Lombardia. Intanto le opposizioni incalzano il Governo sulla revisione al ribasso delle stime di crescita operata dall’Istat per il 2024 e 2025. Rispetto alla previsione fatta a giugno, la crescita per l’anno in corso passa a +0,5% dal precedente +1%, e al +0,8% dall’1,1% stimato sei mesi fa.
Lunedì arriva il decreto proroga termini in Cdm
Nel pre-Consiglio dei ministri non si è parlato di una norma per estendere il divieto di pubblicazione degli Atti giudiziari. L’ipotesi di una nuova stretta per altre misure cautelari personali diverse dall’arresto, le interdittive e i sequestri, era emersa nei giorni scorsi; si era parlato di un possibile approdo in Cdm lunedì ma nell’ordine del giorno non compaiono misure sulla giustizia. All’inizio della prossima settimana sul tavolo degli esponenti di governo ci sarà il cosiddetto decreto proroga termini: si punta a prorogare dal 31 dicembre 2024 al 31 marzo 2025 il termine entro cui le imprese sono tenute a stipulare una polizza assicurativa per i danni causati da eventi catastrofali. Viene prorogata al 31 dicembre 2025 l’applicazione della disposizione che prevede la costituzione di un organo consultivo negli atti costitutivi delle società sportive professionistiche, ovvero il possibile ingresso di una rappresentanza dei tifosi nei Cda dei club sportivi.
Viene disposta la sospensione delle attività e dei procedimenti sanzionatori in materia di obblighi sanitari fino al 31 dicembre 2025. I permessi di soggiorno concessi ai cittadini ucraini in fuga dal conflitto in corso, in scadenza al 31 dicembre 2024, possono essere rinnovati, su richiesta dell’interessato, fino al 4 marzo 2026. Viene prevista la proroga di anno dell’entrata in vigore, dal 1° gennaio 2026, del nuovo regime di esenzione Iva per il Terzo Settore. È ancora in sospeso, invece, nella bozza del decreto la norma sui livelli essenziali delle prestazioni (Lep) legati alla legge sull’Autonomia differenziata. La norma riguarderebbe il “termine concernente l’attività istruttoria connessa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni”. Ad ogni modo il Governo è lavoro sul provvedimento che lunedì andrà in Cdm. Poi l’esame spetterà in prima lettura al Senato ma difficilmente l’esame vero e proprio potrà partire prima della chiusura natalizia.
Al Consiglio Trasporti Ue parte il confronto sulle auto. Salvini all’attacco
La situazione del settore automobilistico e la richiesta di revisione del target al 2035 dello stop alle immatricolazioni di veicoli a motore a benzina e diesel sono arrivate al Consiglio Trasporti dell’Unione europea. A sollevare le questioni sono state Italia e Repubblica Ceca: “Sono intervenuto insieme ad altri ministri europei a difesa di 14 milioni di posti di lavoro legati all’industria dell’auto e dei motori. Ed è incredibile come ci siano ancora Paesi come la Francia che fanno finta di niente, vanno verso il burrone, dicono Non si cambia nulla, avanti col tutto elettrico dal 2035, cosa che è solo un enorme regalo alla Cina e un suicidio economico, ambientale, sociale e industriale”, ha dichiarato il vice premier e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini a margine dei lavori del Consiglio. “Conto che la perseveranza mia, della Lega e del Governo italiano porti a essere maggioranza la richiesta di rivedere modi, tempi ed evitare multe perché se l’auto elettrica oggi costa troppo ed emette di più e arriva dalla Cina, è evidente che bisogna a livello di Europa fermarsi e riflettere”.
Salvini ha ricordato la proposta italiana di novembre, il non-paper con Repubblica Ceca, Bulgaria, Polonia, Romania e Slovacchia per cambiare i piani di Bruxelles di avere il 100% elettrico dal 2035 e trovare un equilibrio tra competitività e ambizione climatica. “È un suicidio ambientale, sociale, politico e industriale” e “se non cambiamo rapidamente nei prossimi mesi avremo grossi problemi in tutte le città europee per le grandi tensioni sociali derivate dalla crisi dell’industria automobilistica”. Di questi temi Salvini ha parlato anche ieri nel suo incontro con il neo-commissario Ue ai Trasporti Apostolos Tzitzikostas. Non ha lo stesso parere, invece, la neo vice presidente della Commissione europea per la Transizione giusta, pulita e competitiva Teresa Ribera, che giocherà un ruolo di primo piano sulla questione auto e che anche due giorni fa ha evidenziato che l’esecutivo Ue non sta prendendo in considerazione una revisione dei piani e che “le ragioni per cui gli obiettivi sono stati fissati restano valide e, in linea di principio, non vi è alcuna intenzione di modificarli”.
Fini parla di FdI ed esclude un ritorno in campo
Il suo intervento non era previsto ma, visto l’argomento trattato, ha decisamente fatto la differenza. Gianfranco Fini, fondatore di An prima e di Futuro e Libertà poi, è salito sul palco di Sala Nassiryia di Palazzo Madama nel corso della presentazione del libro di Carmelo Briguglio “Quella meteora a destra. Fini contro Fini: il caso di Futuro e Libertà ai tempi di Giorgia” e ha voluto ricostruire un pezzo di storia politica che fa indissolubilmente parte della storia della destra. E ha parlato a ruota libera, senza neppure tentare di negare sbagli commessi nel passato.
“Errori da parte mia e degli amici? A iosa. Tentativo di giustificarli? Non mi interessa. Ho agito secondo scienza e coscienza e ne ho pagato le conseguenze politiche”, ha chiarito. Difatti, ha riconosciuto di aver sottovalutato il progetto alla base di Fratelli d’Italia che all’epoca stava prendendo forma. Quando Giorgia Meloni “ha iniziato il suo percorso io non credevo che potesse ricomporre una comunità politica che era stata per molti anni anche una comunità umana. Non ci credevo. Ho sbagliato”, ha ammesso confermando che, invece, con FdI la premier “ha costruito un piccolo autentico capolavoro”, e “se oggi la destra è destra di governo, lo si deve a quella intuizione politica” ovvero quella di ridare “dignità e identità alla destra”.
Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha voluto confermare che, al di là di come siano andate le cose, nel bene o nel male, “non si può immaginare il percorso della destra politica senza considerare Fini un caposaldo di questo percorso”. Senza di lui, “che impersonò quel cambiamento non ci sarebbe stato il passaggio dalla destra nostalgica – tale era – alla destra moderna europea”. Nonostante l’apprezzamento per la sua statura politica, Fini ha comunque precisato che non intende tornare in campo. Perché? “Perché non esistono uomini per tutte le stagioni. Non esistono le possibilità di fermare il tempo e di agire come se nulla fosse accaduto”.
Conte si posiziona e scuote il campo largo e la Schlein ribatte
Il percorso del campo largo si fa ora più accidentato, dopo l’intervento del presidente del M5S, Giuseppe Conte, che gela gli alleati e arriva a dire che il Movimento non è propriamente di sinistra. “Quelli di sinistra votano la commissione Ursula, noi no. Quelli di sinistra mandano le armi a oltranza in Ucraina, favorendo l’escalation, noi no. Aggiungo: queste cose il Pd le ha votate assieme a Giorgia Meloni. Per questo ci definiamo progressisti indipendenti. Perché siamo un’altra cosa, del tutto nuova e originale”, dice Conte, che aggiunge che, se si votasse adesso, sarebbe pronto ad andare da solo: “Se il Pd non cambia idea sì. È la logica conseguenza della nostra coerenza. Questi punti per noi sono assolutamente discriminanti”. Nel pomeriggio, alla Camera, corregge lievemente il tiro perché, spiega, “oggi non siamo chiamati a una responsabilità di governo e questa alternativa” al centrodestra “va costruita. Abbiamo bisogno di farlo e per costruire un progetto serio e credibile abbiamo bisogno di tempo”.
“Il nostro obiettivo è proprio quello di costruire un’alternativa a questa destra reazionaria, un’alternativa di governo seria, forte, credibile, è per questo che rivendichiamo la necessità di essere chiari, di elaborare un programma puntuale, preciso, coerente, che sia davvero di miglioramento per tutte le ingiustizie e le diseguaglianze che ci sono adesso”. Ma ormai la bomba è lanciata. Impegnata in un evento del Pd sull’impatto dell’Autonomia differenziata sulla Pubblica amministrazione, la segretaria dem Elly Schlein non commenta direttamente le parole di Conte, ma rimarca: “Stiamo costruendo un progetto per l’Italia, per dare al Paese un’alternativa a questa destra”.