Lo Spazio e il mare, due domini apparentemente distanti, sono in realtà profondamente interconnessi. Questo legame si manifesta a diversi livelli, dalla dipendenza reciproca per le comunicazioni e la navigazione, all’influenza dei fenomeni spaziali sull’ambiente marino, fino alle crescenti sinergie nelle tecnologie e nelle applicazioni. Satelliti e sensori spaziali forniscono dati essenziali per il monitoraggio delle rotte marittime, la previsione delle condizioni meteo-marine, la gestione delle risorse ittiche e la protezione dell’ambiente. Al contempo, le infrastrutture marine, come cavi sottomarini e piattaforme offshore, supportano le operazioni spaziali e la trasmissione di dati.
“Il rapporto tra Space & Underwater è importante. C’è una nuova presa di coscienza, forse tardiva, da parte dell’Unione Europea, che fornisce una connotazione profonda tra i due temi e la sicurezza. Sul piano europeo, l’anno del cambio di passo è stato il 2023, quando anche la strategia marina è stata aggiornata dopo quasi un decennio”. Lo ha detto Luca Salamone, Direttore Generale, Agenzia Spaziale Italiana (ASI) alla Conferenza Space & Underwater, la 1a edizione della Conferenza internazionale dedicata ai domìni Spazio e Subacqueo, promossa e organizzata dal giornale Cybersecurity Italia, in corso a Roma.
Oltre i confini territoriali
L’importanza di creare strutture ridondanti gli attacchi a garanzia di operazioni civile e militare, è stato recepito da tutto l’ecosistema spaziale. Due stratgie, quella spaziale e marina, che hanno visto seguire le stesse linee dal governo italiano”. Nel 2023, in Italia è arrivato il primo piano strategico del mare, con una direttrice che riguarda proprio il subacqueo, a cui è seguita, lo scorso settembre, l’istituzione di un’agenzia dedita all’underwater. “Anche il nostro Paese ha dunque inteso i due domini come strategici già oggi, non solo per il futuro, consci del fatto che il mondo economico sta guardando oltre il terreno, verso nuove frontiere commerciali”.
Salamone ha inoltre ricordato la possibilità di reperire materie prime sia sui fondali marini che sui corpi celesti. “Da qui al 2030 la quantità di cobalto e di litio richieste saranno il triplo e il quinto di quelle attuali. Se si vuole perseguire una sostenibilità energetica, bisogna dunque guardare anche ad altre fonti di elementi rari. L’Italia è tra i membri di Classe A del Comitato che sta discutendo il regolamento per lo sfruttamento delle materie prime individuate sui fondali marini. Siamo dunque in prima linea anche in questo campo, che guiderà la transizione energetica”.
La transizione energetica guida la corsa allo Spazio
I maggiori Paesi che attualmente hanno licenza di analizzare lo sfruttamento de fondali marini sono Cina, Russia, Giappone e India, guarda caso le stesse nazioni che svolgono un ruolo cardine nell’esplorazione spaziale. “Attualmente ci sono molti progetti e società, anche in Europa, volte a realizzare le strumentazioni necessarie alle missioni, con tecnologie emergenti che stanno prendendo molto piede e che guideranno, da qui al 2050, risorse alternative”.