Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui..
Chi è un po’ più avanti con gli anni lo ricorda bene: fin dalla sua nascita, o quasi, televisione è sinonimo di spot, malgrado l’industria televisiva e pubblicitaria abbiano subito trasformazioni epocali nel corso del tempo. Il 1° luglio 1941, negli Stati Uniti, venne trasmesso il primo spot pubblicitario televisivo: un semplice annuncio di 10 secondi per gli orologi Bulova, che mostrava una mappa degli Stati Uniti con il claim “America runs on Bulova time”. Nient’altro. Da quel momento, la pubblicità è diventata il pilastro che per decenni ha sostenuto la televisione, finanziando programmi di successo, eventi sportivi e notiziari, e le interruzioni pubblicitarie hanno rappresentato una parte integrante dell’esperienza televisiva, fino a sfiorare le forme d’arte (come sanno tutti quelli che in Italia o hanno fatto in tempo a vedere i veri e propri mini-film di Carosello o in ogni caso ne hanno sentito parlare dai loro genitori).
Certo, con l’avvento dello streaming, tutto è sembrato cambiare per sempre: quando Netflix lanciò il suo servizio nel 2011, lo fece promettendo agli spettatori un mondo di contenuti senza interruzioni, a un costo accessibile di 7,99 dollari al mese. Una promessa rivoluzionaria, accompagnata da una nutrita libreria di film e serie TV on-demand in continua crescita; e ora, più di un decennio dopo, la pubblicità non solo è sopravvissuta, ma si è reinventata, trovando nuova linfa proprio nelle piattaforme di streaming. Uscita dalla porta, è rientrata dalla finestra.
Il ritorno degli annunci pubblicitari
Negli ultimi anni, come ricordano i recenti articoli sul tema di Quartz e Parrot Analytics, lo scenario dello streaming è cambiato radicalmente. Netflix, che come si è visto più di tutti è stata il simbolo dei contenuti senza pubblicità, ha introdotto nel 2022 un piano ad-supported, una scelta che ha sorpreso molti analisti e utenti, ma che ha decisamente pagato: in due anni, il piano ha raggiunto la cifra di 70 milioni di spettatori mensili, e nonostante Gregory Peters, co-CEO di Netflix, abbia dichiarato che la pubblicità non sarà un motore di ricavi primario nel breve termine, è chiaro che l’azienda consideri gli spot una risorsa strategica per il futuro.
Il trend non riguarda solo Netflix. Warner Bros. Discovery ha registrato un aumento del 49% nei ricavi pubblicitari del segmento direct-to-consumer (che include Max) rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 205 milioni di dollari. Paramount Global, che possiede Paramount+ e il servizio gratuito Pluto TV, ha dichiarato che metà dei ricavi pubblicitari digitali provengono proprio da queste piattaforme, esclusi gli eventi sportivi.
Il ritorno alla pubblicità è una risposta alle mutate esigenze del mercato: con oltre il 95% delle famiglie statunitensi abbonate ad almeno un servizio di streaming, il potenziale di crescita basato sui nuovi abbonamenti è sempre più limitato. Per le piattaforme, offrire piani ad-supported è un modo per attrarre consumatori più attenti al prezzo, diversificare le fonti di ricavo e mantenere gli utenti che potrebbero abbandonare i servizi. Basta guardare la situazione italiana: se un tempo c’era solo Netflix, oggi tra Disney+, Apple TV+, Prime Video, Paramount, DAZN, senza contare Sky e NOW TV, chi vuole avere un’offerta completa deve sottoscrivere anche tre o quattro servizi, che peraltro continuano ad aumentare i prezzi degli abbonamenti (proprio Netflix l’ultimo in ordine di tempo); ciò vuol dire che è necessario accettare la pubblicità per evitare di spendere cifre astronomiche ogni mese, con buona pace dei pochi anni in cui abbiamo potuto godere di un’esperienza di visione davvero senza interruzioni (su SOSTariffe.it è possibile consultare le migliori offerte per lo streaming tv attuali).
Il ruolo della pubblicità nell’economia dello streaming
Ci certo la pubblicità ha riportato in attivo segmenti che rischiavano di stagnare. Warner Bros. Discovery ha visto un calo del 13% nei ricavi pubblicitari della televisione tradizionale nello stesso trimestre in cui i ricavi pubblicitari dello streaming sono cresciuti, e questa transizione sottolinea come le piattaforme stiano progressivamente sostituendo la TV lineare come canale preferito dagli inserzionisti.
Anche Netflix sta ridefinendo i suoi parametri di successo: a partire dal 2025, l’azienda smetterà di fornire aggiornamenti trimestrali sugli abbonamenti, preferendo concentrarsi su metriche come i ricavi e il profitto. Nel terzo trimestre del 2024, Netflix ha riportato una crescita del 35% degli abbonamenti al piano con annunci rispetto al trimestre precedente, con oltre il 50% delle nuove iscrizioni provenienti dai mercati dove è disponibile il piano ad-supported.
Il potere dei contenuti locali e il formato serie tv
Uno dei fattori determinanti per il successo dei piani con pubblicità è l’attenzione ai contenuti locali: nei 12 mercati dove Netflix offre il piano ad-supported, solo il 5-6% del catalogo è composto da contenuti locali, ma la domanda per questi titoli è in costante aumento. Un esempio è l’anime giapponese Delicious in Dungeon, che ha dimostrato di avere un impatto significativo sui ricavi, contribuendo alla crescita delle iscrizioni in Asia.
L’importanza dei contenuti locali risiede nella capacità di attrarre abbonati grazie alla familiarità culturale e linguistica: in un mercato globalizzato, Netflix ha saputo investire nei mercati internazionali, costruendo una leadership consolidata grazie alla produzione di contenuti specifici per ogni regione, un approccio è particolarmente efficace nei mercati saturi come il Nord America, dove la crescita degli abbonamenti dipende sempre più da nuove offerte di valore.
Anche il dibattito tra film e serie TV come motori della crescita negli abbonamenti è sempre più rilevante: nei mercati con piani pubblicitari, i film in lingua locale rappresentano solo il 5% dell’offerta, ma generano una domanda sproporzionata rispetto alla loro disponibilità. Titoli come Godzilla Minus One (Giappone) e Kalki 2898-AD (India) hanno dominato le classifiche, dimostrando il potenziale dei film localizzati.
D’altra parte, le serie TV offrono un vantaggio competitivo per le piattaforme: una durata maggiore e un maggiore coinvolgimento degli spettatori. One Piece e Wednesday, per fare due nomi, combinano il successo dei franchise esistenti con l’appeal della serialità, attirando un pubblico intergenerazionale. E le serie animate, in particolare, continuano a riscuotere successo, sia tra i giovani spettatori che tra quelli più avanti con gli anni.
Anche perché, va ricordato, la pubblicità nello streaming non è universale: il suo successo dipende dalla comprensione delle preferenze demografiche. Millennials e Gen X costituiscono la maggioranza degli utenti dei piani ad-supported, ma anche la Gen Z rappresenta una fascia importante, seppur meno incline a contenuti tradizionali come i film. Per attrarre qusto pubblico, le piattaforme puntano su produzioni animate e franchise consolidati, che si tratti di anime come My Hero Academia o Attack on Titan o di teen drama un po’ provocatori come Euphoria.