Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui..
Alcune abitudini sono dure a morire. C’è gente, un po’ d’età, che ancora chiama Superman “Nembo Kid”, cioè il suo nome italiano negli anni Cinquanta e Sessanta. E tutti, ma proprio tutti, non riusciamo a chiamare X, il social network di Elon Musk – per molti, il vero grande vincitore delle ultime elezioni USA – con il suo nome. Quasi sempre è ancora Twitter, anche perché a Twitter e legata tutta la terminologia a base di tweet, retweet e così via. Eppure sarà il caso di abituarsi, perché la creatura dell’uomo più ricco del mondo (che su di essa, peraltro, è sempre più attivo), acquistata poco più di due anni fa, nell’ottobre 2022, non è più “il social dei giornalisti”, che all’inizio snobbava le comunicazioni più lunghe di 140 caratteri o le immagini. Ora che con la spunta blu si possono scrivere messaggi della lunghezza desiderata e quasi ogni tweet virale è accompagnato da una o più foto (o meme, o chissà che altro), è diventato qualcosa di sempre più somigliante a Facebook, una grande bacheca dove prolifera l’informazione alternativa, che si tratti di complottismo o di fonti colpevolmente ignorate dai grandi media. Ma soprattutto a essere cambiato è il clima, visto che Musk non nasconde né le sue simpatie politiche né la sua idea di società: diventato sempre più uno strumento personalistico (basti pensare alla pubblicità martellante di Grok 2, l’AI del tycoon di origine sudafricana), X per molti ha perso quella sua atmosfera di libertà, anche un po’ elitarista, che lo contraddistingueva alle origini: e quindi, in seguito al trionfo di Donald Trump di qualche giorno fa – lo stesso Trump che ha subito provveduto a scegliere Musk come Capo del dipartimento per l’efficienza del governo – è iniziata una sorta di esodo verso la concorrenza.
Le mosse di Musk e Dorsey
La concorrenza si chiama soprattutto Bluesky (considerando anche che l’esperienza di Threads di Instagram non si sta dimostrando propriamente vincente). Come rivela TechCrunch, la piattaforma, lanciata nel 2022 (ma già concepita nel 2019 dall’ex CEO di Twitter, Jack Dorsey) per offrire un tranquillo porto per gli amanti della libertà digitale, sta continuando a guadagnare terreno, a dispetto di chi sostiene che questa migrazione sia soltanto un futile passaggio da un miliardario a un altro: da 9 milioni di utenti a settembre agli oltre 14,6 milioni di questi giorni. Numeri ancora bassi, ovviamente – gli iscritti a X sono, lordi, mezzo miliardo, e in 200 milioni seguono il profilo di Musk, tenendo conto anche dei vari bot; Threads ne ha 275 milioni – ma che dimostrano la disaffezione di una parte di utenza verso la vecchia piazza digitale di Twitter. E così il salto nei download ha visto Bluesky spuntare al secondo posto tra le app più scaricate negli USA.
Il flusso di nuovi arrivati non accenna a fermarsi, e Bluesky accoglie circa 100.000 nuovi utenti ogni giorno. L’incremento del 933% dall’inizio dell’anno dei suoi download sottolinea la crescente alienazione degli utenti da X, a causa delle mosse di Musk e della sua chiara inclinazione politica, ma anche per gli algoritmi che sembrano offrire sempre meno contenuti davvero d’interesse per il singolo utente, in favore di suggerimenti pienamente in linea con i gusti del potentissimo proprietario del social network; e c’entrano anche scelte di interfaccia non condivise, come la scomparsa della funzione di blocco e la decisione di permettere a terzi di utilizzare i post degli utenti per adddestrare le intelligenze ufficiale (Grok è arrivata a chiedere le risonanze magnetiche degli utenti, dati sensibili quant’altri mai, per costruire il suo “storico” in campo diagnostico). Bluesky, con la sua promessa di una maggiore personalizzazione attraverso algoritmi creati dagli utenti stessi e la possibilità di moderazione indipendente, appare a molti come una boccata d’aria fresca, o se non altro un ritorno al “vecchio” Twitter.
Il difficile percorso di Bluesky
Bluesky offre un’interfaccia utente simile a quella di Twitter, ma si distingue per la sua struttura decentralizzata che consente una moderazione specifica della comunità e una scelta algoritmica, per promuovere una maggiore autonomia e trasparenza. Gli utenti possono personalizzare i propri feed e interagire con un feed “Scopri” che propone contenuti interessanti personalizzati, non solo i post più popolari e virali. Ora gestita come un’impresa sociale indipendente sotto la guida dell’amministratore delegato Jay Graber, Bluesky è determinata a rimanere svincolata dalla pubblicità tradizionale, con la volontà di esplorare modelli alternativi di finanziamento, tra cui i servizi a pagamento per domini personalizzati. La strategia intende garantire che la piattaforma rimanga gratuita per gli utenti finali senza ricorrere alla vendita di dati per annunci pubblicitari, offrendo cioè non solo un’alternativa etica ai giganti dei social media ma anche a innovare nel modo in cui le reti sociali gestiscono la moderazione e l’interazione degli utenti. Sia X che Bluesky hanno, ovviamente, le loro brave versioni in app per smartphone (per scoprire gli abbonamenti Internet mobile più convenienti e scaricarle, come sempre, basta utilizzare il comparatore di SOSTariffe.it).
Elezioni poco influenzate da AI e deepfake. E le prossime?
Di certo chi credeva che queste piattaforme social poco o nulla spostassero in termini di scelte dell’elettorato ha dovuto ricredersi, anche se forse non nei modi attesi. Ha tenuto banco per settimane la paura che la disinformazione generata dall’intelligenza artificiale potesse avere un impatto decisivo. Sebbene siano state riscontrate alcune forme di fake news, queste sono state molto meno numerose del previsto; tuttavia sempre su TechCrunch Oren Etzioni, ricercatore nell’ambito dell’AI e responsabile della no-profit TrueMedia, ribadisce che la minaccia della disinformazione è reale e più diffusa di quanto la maggior parte delle persone possa percepire. Secondo Etzioni, esistono diverse tipologie di deepfake, ognuna con scopi specifici, molte delle quali non sono dirette al grande pubblico ma a target più ristretti e meno visibili (ad esempio è girata un’immagine su diversi gruppi WhatsApp e Telegram che mostrava inesistenti aerei iraniani su Israele). Truemedia offre un servizio gratuito per identificare se immagini, video, audio e altri contenuti sono autentici o falsi, attraverso un sito web e API. Il processo non è completamente automatizzabile, ma si basa sulla costruzione di un database di “verità di base” che aiuta a migliorare l’accuratezza delle verifiche. Nonostante gli sforzi dell’industria e della tecnologia, tra cui l’applicazione di watermark su media generati, si tratta solo di parziali deterrenti contro gli attori malintenzionati che cercano di evitare la rilevazione. Come conclude Etizioni, sebbene le elezioni più recenti si siano svolte con pochi incidenti legati all’AI, ciò non significa che la disinformazione generativa non sia diffusa, ma semplicemente che i suoi promotori non hanno ritenuto necessario intervenire massivamente. Il pericolo, però, è sempre in agguato.
https://techcrunch.com/2024/11/12/what-is-bluesky-everything-to-know-about-the-x-competitor/
https://techcrunch.com/2024/08/15/blueskys-uk-surge-has-had-little-impact-on-x/
https://gigazine.net/gsc_news/en/20241113-bluesky-million-new-users-week