La Giornata Parlamentare è curata da Nomos, il Centro studi parlamentari, e traccia i temi principali del giorno. Ogni mattina per i lettori di Key4biz. Per leggere tutti gli articoli della rubrica clicca qui.
Oggi si chiude la campagna in Liguria e arrivano i big
Sarà confronto a distanza tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein a Genova. I big del centrodestra e del centrosinistra si affronteranno in due comizi a poca distanza in linea d’aria l’uno dall’altro. Giuseppe Conte e Matteo Salvini hanno avviato il confronto ligure con un giorno di anticipo, in attesa del gran finale con tutti i segretari schierati sui palchi; quelli del centrodestra ai Magazzini del Cotone al Porto Antico, le previsioni meteo che annunciano pioggia spingono i sostenitori di Andrea Orlando a spostare la kermesse finale da piazza Matteotti al Teatro Politeama. Meloni e Schlein parleranno quasi in contemporanea per cercare di dare il sostegno vincente ai due uomini candidati per guidare la Liguria lasciata in eredità da Giovanni Toti. Con loro, da un lato Antonio Tajani, Matteo Salvini, Maurizio Lupi; dall’altro Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni.
Conte e Salvini hanno già battuto mercati, strade, piazze, sedi di associazioni e federazioni come nei giorni scorsi avevano fatto anche Schlein, Tajani, Fratoianni, Bonelli. Salvini è stato tra l’altro a Cairo Montenotte dove ha annunciato di avere “trovato i soldi per far ripartire le Funivie di Savona”, impianto che trasportava il carbone dal porto di Savona all’entroterra. Il tour di Salvini nel savonese è proseguito a Finale Ligure, Loano e Savona. Il leader del M5S è stato nell’imperiese da dove ha confermato che vittoria o sconfitta non incidono nei rapporti con il Pd: “Non siamo opportunisti, abbiamo garanzie di trasparenza. Le nostre scelte non le facciamo perché dettate da convenienze del momento. Abbiamo avuto garanzie di affidabilità, serietà e massima trasparenza nel governo della regione da Andrea Orlando”. Poi ha ricordato che i suoi governi hanno finanziato tante infrastrutture e che ha firmato il Decreto Morandi.
Orlando, con una battuta a “Un giorno da pecora” ha detto che vincerà 51 a 47 e dedicherà a Bucci la canzone “Arrivederci”. Poi con un video ha chiesto agli elettori: “Non siete stanchi dell’arroganza del potere? Non siete preoccupati per lo sfascio della sanità pubblica? Non siete delusi per la promessa di opere pubbliche mai realizzate, per la mancata cura del territorio? Abbiamo l’occasione di trasformare questo sentimento in un’energia positiva”. Marco Bucci ha invece deciso di “dare una sveglia” agli elettori invitandoli ad andare a votare: “Cari liguri, votare domenica e lunedì per le elezioni regionali è fondamentale. Con il voto di ciascuno di noi, possiamo scegliere di metterci al lavoro fin da subìto e fare le cose che servono, costruendo il futuro nostro e dei nostri figli oppure possiamo riconsegnare il destino della Liguria nelle mani di un’alleanza confusa e divisa come quella dei Burlando e dei Doria che l’avevano condotta al declino e al grigiore. Diamoci una sveglia. E andiamo a votare per il bene della Liguria”. Leggi lo speciale di Nomos sul voto in Liguria.
Meloni interviene e sente Giuli; in FdI arriva la tregua sul Ministro
Uno dei primi impegni della mattinata di Giorgia Meloni è stata una telefonata con Alessandro Giuli, un colloquio in cui la premier avrebbe condiviso tempi e modi dell’epilogo della breve storia di Francesco Spano come capo di gabinetto del ministro della Cultura. La vicenda di quella nomina e delle tensioni interne a FdI, accompagnate poi delle rivelazioni annunciate da Report su un “nuovo caso Boccia”, avrebbe innervosito non poco la premier. Dal suo punto di vista si tratta di una vicenda interna a FdI (“tutta romana”, nota qualche parlamentare). L’orizzonte per la premier deve essere quello di abbassare le tensioni, di far rientrare il caos, per evitare riflessi negativi sul partito e sul Governo, a neanche due mesi dalle dimissioni di Gennaro Sangiuliano. In questi due giorni ad alta tensione da Palazzo Chigi hanno assicurato a Giuli che gode della massima libertà, ma nel suo operare deve tenere conto degli equilibri complessivi della maggioranza e del Governo.
A dimettersi, assicurano, non ci pensa nemmeno. L’ex presidente della Fondazione Maxxi era consapevole che il nuovo incarico sarebbe stato tutt’altro che semplice, ma si è trovato a fronteggiare anche il gelo di chi dentro FdI non lo vive come “uno di noi” e in particolare degli esponenti più vicini a Pro Vita, secondo cui “Giuli se l’è andata a cercare”. “Bisogna farlo tornare in squadra”, sarebbe in sintesi l’input arrivato anche dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, braccio destro della Meloni, che in mattinata ha fatto uscire una dichiarazione per negare uno scontro con il Ministro e garantire la stima nei suoi confronti.
Poco dopo è arrivata anche quella del deputato di FdI Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura, con il sostegno al Ministro e toni distensivi anche verso la sorella Antonella, che lavora all’ufficio stampa della Camera, con cui mercoledì ha avuto un acceso diverbio in Transatlantico. Ci sono dunque tutti gli elementi per parlare di tregua interna. Ma le prossime mosse di Giuli finiranno sotto la lente d’ingrandimento, a partire dalla scelta del capo di gabinetto. Arriverà in tempi stretti, questo è certo, perché la macchina del Ministero non può fermarsi. Gira il nome di Cristiana Luciani, funzionaria del Garante della privacy e moglie del deputato di FdI Luca Sbardella. Intanto si attende la puntata di Report di domenica. Poi, inevitabilmente, si vedrà.
Per ora salta il taglio del canone, ma in Rai è allarme manovra
Per ora non c’è nessuna conferma sull’eliminazione della riduzione del canone, che tornerebbe così a 90 euro. Per la Rai potrebbe essere una buona notizia, ma a Viale Mazzini c’è comunque allarme per le misure previste nella legge di bilancio appena trasmessa alle Camere. Non solo perché si attende che il taglio della tassa per la tv venga inserito durante il percorso parlamentare, ma soprattutto per la previsione di una sforbiciata delle voci di spesa su personale e consulenti da effettuare nei prossimi anni. Per questo il Cda, in una delle prime riunioni dopo l’insediamento del nuovo amministratore Giampaolo Rossi, uomo di fiducia della premier Giorgia Meloni, ha deciso di prendere una posizione netta e unitaria, esprimendo “apprensione per i provvedimenti” che, “sia pure nell’ottica di un doveroso contenimento dei costi, rischierebbero di limitare l’autonomia del nostro servizio pubblico e di condizionarne le scelte e le attività con possibili impatti sull’occupazione, nonché sull’indotto”.
Per ridurre “gli oneri di esercizio”, si legge nella manovra, la Rai nel 2025 non potrà aumentare le spese per il personale e per gli incarichi di consulenza, che non potranno superare il livello del 2023. Nel 2026 dovrà ridurre tale spesa di almeno il 2% rispetto alla media delle spese sostenute nel triennio 2021-2023; per l’anno 2027, la riduzione sale al 4%. I risparmi andranno a finanziare gli obblighi di sviluppo e ammodernamento dell’azienda previsti dal contratto di servizio. Nell’anno passato le spese per il personale sono state intorno al miliardo di euro. La misura è vista, dunque, come un’ingerenza nelle scelte aziendali, che potrebbe compromettere l’operatività della Rai.
D’altro canto, l’azienda è impegnata in un difficile rinnovo del contratto di lavoro dei dipendenti, che chiedono anche aumenti salariali; la strada, anche su questo fronte, potrebbe farsi in salita. L’abbassamento del canone è una misura fortemente voluta dalla Lega, che aveva proposto, per poterla attuare, anche di alzare il tetto alla pubblicità della Rai, andando però così a penalizzare Mediaset. Per questo c’è chi legge nello stop un pegno pagato da Giorgia Meloni a Forza Italia, non mancando di sottolineare l’apprezzamento espresso ieri da Marina Berlusconi nei confronti della premier e della manovra. I leghisti, però, sono pronti a tornare alla carica e i più realisti in azienda pensano che si stia solo decidendo come formulare la norma.
Conte licenzia Grillo: stop al contratto da 300 mila euro per il ruolo di Garante
Nel M5S siamo alla resa dei conti. Questa volta a sferrare il colpo a Beppe Grillo è il presidente pentastellato Giuseppe Conte con il nuovo libro di Bruno Vespa. “Grillo è responsabile di una controcomunicazione che fa venire meno le ragioni di una collaborazione contrattuale”, scandisce il leader nell’intervista, annunciando lo stop al contratto di consulenza per la comunicazione che lega Grillo all’associazione M5S per un compenso annuale di 300 mila euro. Per Conte, il fondatore “sta portando avanti atti di sabotaggio compromettendo l’obiettivo di liberare energie nuove” con il processo costituente in atto. “Grillo si sta battendo contro la sua comunità”, aggiunge l’ex premier, danneggiando e non “rafforzando l’immagine del Movimento”. Per Conte “Grillo ha rivendicato il compenso come garante anche nelle ultime lettere che mi ha scritto. Io non ho mai accettato che fosse pagato per questa funzione, che ha un intrinseco valore morale e non è compatibile con alcuna retribuzione”.
È l’intreccio tra incarico di consulenza e funzione di garante che il presidente intende puntualizzare e osteggiare. Secca e piccata la replica dallo staff di Grillo: “Il contratto è in vigore”, ma nessuna dichiarazione. Pronta la reazione al fondatore da fonti del M5S, che chiariscono: il contratto di Grillo “è ancora in vigore e andrà alla sua naturale scadenza nei prossimi mesi”, ma per il presidente Conte “non è più possibile rinnovarlo in queste condizioni”. Lo stesso Conte ribadisce gli “atteggiamenti velenosi” di Grillo: “Il nostro rapporto si è incrinato in maniera irreversibile”. Secondo fonti parlamentari, il contratto di Grillo scadrebbe alla chiusura dell’anno solare e ai vertici del M5S basterebbe non rinnovarlo. La strada, però, non sembra così spianata.
Chi ha incontrato il garante nei suoi ultimi viaggi romani, annuncia: “Ci saranno reazioni, e quelle legali sono il minimo”. L’atmosfera raccontata da chi è vicino al fondatore e lo sente costantemente è di dispiacere e rabbia. Tra la cessazione del contratto e il divorzio ufficiale, però, c’è anche l’Assemblea costituente. Alla fine di questa settimana, i gruppi di lavorodefiniranno i quesiti che saranno poi posti al voto finale dell’Assemblea prevista per il 23 e 24 novembre. Tra questi, anche quello che chiederebbe agli iscritti di pronunciarsi sulla cancellazione del ruolo del garante. Critiche arrivano anche da Davide Casaleggio: “Strano che Conte parli di Grillo a Vespa e non agli iscritti M5S”. L’ex presidente di Rousseau si scaglia contro la Costituente e torna sulla questione che riguarda simbolo e nome del M5S: “Il Movimento era basato sulla partecipazione e oggi non c’è più, è qualcosa di diverso e credo che debba avere anche un nome diverso”.
A Bologna Mattarella parla alla Biennale dell’economia cooperativa
A Bologna, nei giorni del maltempo e all’indomani dell’esplosione allo stabilimento Toyota a Borgo Panigale costato la vita a due operai, Sergio Mattarella non può che iniziare il suo intervento alla Biennale dell’economia cooperativa esprimendo solidarietà e vicinanza a un territorio ferito. Dopo l’ennesima tragedia sul lavoro “non vi sono più parole adeguate per esprimere l’allarme e l’angoscia per gli incidenti che colpiscono chi sta lavorando, per l’insufficienza della sicurezza per chi lavora”. Quanto al maltempo e alle alluvioni che “stanno colpendo queste terre con una frequenza e una intensità che non si conosceva, conseguenza evidente di mutamenti climatici”, il Capo dello Stato invoca “un impegno di carattere straordinario che coinvolga istituzioni e società civile, imprese e cittadini e che non sottovaluti l’esigenza di misure rapide di salvaguardia”.
Il Presidente, poi, celebra “la lunga storia” delle cooperative, “motrici di cambiamento, fattori di equilibrio e di inclusione, strumenti di promozione di uguaglianza, elementi del capitale sociale del Paese” diventate “protagoniste nella edificazione della Repubblica”. Nel loro lavoro Mattarella rintraccia quella “funzione sociale” riconosciuta dalla Costituzione all’art.45: “La cooperazione, l’impresa solidale, l’economia civile sono parti qualificanti del nostro modello sociale, fattori di rilievo della ricchezza nazionale per i beni che producono e per il lavoro che offrono”.