A Kazan prende il via il 16° vertice Brics
È sulle rive del Volga, nella cittadina di Kazan, in Russia, che parte il 16° vertice dei Paesi Brics. Il primo incontro, a livello di Capi di Stato e di governo, si è svolto a Toyako (Giappone) il 9 luglio 2008, a margine del G8.
Un nuovo vertice appena iniziato che sa di sfida e di rilancio di vecchie e nuove ambizioni, da parte dei Paesi del “Sud globale”, soprattutto nei confronti dei Paesi del G7 e del blocco occidentale (e forse della Nato).
D’altronde, la guerra in Ucraina avviata dalla Russia e gli scontri sanguinosi tra Israele da una parte e Libano e Palestina dall’altra in Medio Oriente, hanno ridisegnato gli equilibri mondiali in un lasso di tempo davvero breve e ora c’è da prendere atto dell’inizio di un nuovo corso storico.
I Brics, originariamente Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, sono oggi una forza geopolitica molto estesa, soprattutto con i nuovi arrivi di Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti (ci doveva essere anche l’Argentina, ma il Presedente Javier Milei ha revocato la decisione presa da chi lo aveva preceduto).
I temi al centro del vertice russo
Al centro dei colloqui di Kazan ci saranno dei temi a dir poco scottanti, relativi alle materie prime energetiche e minerarie, di cui i Brics e alleati sono ricchi, alla crescita incessante del PIL e del peso che questa avrà nelle relazioni internazionali, la revisione del sistema commerciale e finanziario mondiale, fino alla costruzione di uno nuovo, attraverso accordi bilaterali non più basati sul dollaro (il celebre processo di de-dollarizzazione).
A partire da oggi, questi e molti altri temi, saranno affrontati dai rappresentanti governativi di 36 Paesi e sei organizzazioni internazionali, tra cui la Nuova banca dello sviluppo dei Brics, di cui Dilma Roussef è presidente, il Presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, e il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
Diciamo subito, che i Brics non sono un blocco di Paesi unito e coeso, tutt’altro. Basti ricordare le tensioni tra India e Cina o la poca trasparenza nei rapporti tra Russia e Iran (più in generale l’ambiguità dei rapporti tra alcuni Paesi Brics e gli Stati Uniti, o la Francia e la Gran Bretagna). Ma la crisi internazionale aperta nel 2022 in Ucraina ha dato maggiore compattezza a questo eterogeneo fronte globale.
Nuove zone di influenza Brics
Da qualche anno, ormai, come osservatori partecipano anche rappresentanti governativi di Cuba, Bolivia, Kuwait, Nigeria, Palestina, Venezuela e Senegal, segno di un’ulteriore espansione dell’influenza Brics su più parti del mondo, da tempo considerate strategiche da un punto di vista economico e finanziario, in grado quindi di creare zone di influenza politica e militare, sia sul fronte occidentale, sia su quello asiatico.
Ovviamente, l’intero evento sarà presieduto dal presidente russo, Vladimir Putin, che avrà modo di avviare e riprendere colloqui bilaterali con gli alleati Brics e i Paesi satelliti, soprattutto Turchia e Iran, che assieme a Pechino formano di fatto il fronte asiatico che apertamente sta sfidando quello occidentale su più fronti, non solo militari.
I media nostrani, più in generale europei e statunitensi, hanno per il momento scelto di snobbare questo appuntamento “dell’altra parte del mondo”, al massimo descritto come palco internazionale (in casa peraltro) da cui Putin si affaccerà per orazioni tese a giustificare la sua aggressione all’Ucraina o per puntare il dito contro il nemico americano per quel che sta accadendo in Medio Oriente.
Dalla crescita economico-finanziaria alla cooperazione in materia di innovazione tecnologica
Sicuramente si parlerà di rafforzare quella che è chiamata Organizzazione di Shanghai per la cooperazione (Sco), un meccanismo di cooperazione attivo da dieci anni in Asia centrale, la cui rilevanza, specie dal punto di vista geopolitico, è in continua crescita, di cui fanno parte Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, con Mongolia, India, Iran, Pakistan e, dal 2012, Afghanistan, come Paesi osservatori.
Un’alleanza economico-finanziaria, con ambizioni militari però, che apre a nuovi equilibri estremamente delicati in termini di pace da difendere e possibili nuovi conflitti regionali.
Certamente, Brics significa anche capacità tecnologica e innovativa, che sappiamo bene definire oggi il futuro di crescita (di un Paese e un’intera area geografica). A riguardo, c’è la BRICS Collaborative Innovation Development Base, istituita in Cina nel 2017, che mira a promuovere la cooperazione in materia di innovazione sostenendo le startup, facilitando il trasferimento tecnologico e promuovendo progetti congiunti di ricerca e sviluppo tra i Paesi membri.
Alla base della crescita impetuosa del PIL dei Brics c’è proprio l’innovazione tecnologica e certamente la possibilità di accedere a enormi riserve energetiche e minerarie, di cui invece noi europei, in particolare oggi, fatichiamo ad approvvigionarci.
Brics, anatomia di una nuova potenza globale
I paesi del BRICS comprendono oggi oltre il 48% della popolazione mondiale (3,6 miliardi di persone), il 25% della totale estensione della Terra, il 29 % del PIL mondiale (più o meno 30 trilioni di dollari), e circa il 16% del commercio internazionale.
Secondo uno studio di Goldman Sachs, molti dei Paesi BRICS hanno un tasso di crescita economico molto più alto dei Paesi del G7, motivo per cui si stima che entro il 2050 la crescita del PIL dei primi sarà del +189% contro un +50% dei secondi.
Prova ne sono il PIL dell’Etiopia che è atteso crescere del +1.170% entro la metà del secolo, o l’Egitto, con un +635%. Lo studio di Goldman Sachs non esclude che entro il 2050, appunto, i BRICS potrebbero superare il G7 in termini di PIL, anche solo per l’aggiunta di altre economie in forte crescita nel Sud del mondo.