tech

Verità, menzogna e IA. E se diventassi virale anch’io?

di |

Il sogno di avere milioni di follower è destinato a rimanere tale per la grande maggioranza delle persone, insomma. Se non che, anche in questo caso, entra nell’equazione l’intelligenza artificiale, pronta a scompigliare le carte.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui..

Non è un segreto che l’influencer – nelle sue varie declinazioni: nutrizionista e personal trainer su Instagram, cantante e ballerino su TikTok, giornalista su YouTube, esperto di videogiochi su Twitch, per tacere delle piattaforme meno accettate, diciamo, dal decoro comune – sia la professione più ambita dai giovani italiani e di tutto il mondo, per quanto ci piaccia credere alle risposte delle interviste televisive, in cui volenterosi teenager vogliono convincerci che li aspetta un futuro da ingegnere o ricercatrice. Del resto, per quanto lavoro ci voglia per guadagnarsi un posto al sole, la versione dell’utente è sempre la stessa: stipendi da capogiro per postare foto e video, di per sé già se non l’attività principale di molti una di quelle che occupano più tempo giorno dopo giorno. Ma uno su mille ce la fa, ovviamente: per aggiudicarsi un lavoro certo molto desiderabile per introiti e visibilità ci vuole presenza, carisma, idee e una discreta dose di fortuna. Il sogno di avere milioni di follower è destinato a rimanere tale per la grande maggioranza delle persone, insomma. Se non che, anche in questo caso, entra nell’equazione l’intelligenza artificiale, pronta a scompigliare le carte.

Circondati dai bot (ma felici)

Prendiamo ad esempio SocialAI, la nuova creatura di Michael Sayman, già dietro allo sviluppo delle storie di Instagram e a Roblox, uno dei videogame più amati da bambini e adolescenti di tutto il mondo. L’idea è semplice quanto inquietante: una piattaforma social, del tutto simile a X/Twitter (o a Threads di Instagram) dove non è possibile l’interazione con account di persone reali, ma solo bot. Al momento della registrazione, si sceglie qualche tipologia di follower tra le varie categorie che vengono proposte (già di per sé un piccolo trattato, molto realistico, sulla fauna social: gli entusiasti, i critici, gli allarmisti, i troll, gli hater, le cheerleader, le drama queen, i liberali, i patiti di astrologia…) e si parte: a questo punto, qualsiasi pensiero da noi scritto attirerà nel giro di pochi secondi una serie di risposte generate con l’intelligenza artificiale, da parte di bot che fingono di essere persone vere, con tanto di avatar e nickname piuttosto credibili. Alcuni non capiranno nemmeno quello che avremo detto nel nostro messaggio ma ci loderanno o criticheranno lo stesso, a prescindere; altri mostreranno di saperla lunga, pronti a svelarci i problemi nel nostro ragionamento;, altri ancora cambieranno discorso senza motivo, per parlare dei fatti loro. Detta così, sembra molto simile all’esperienza attuale su X (e la maggior parte delle pagine social di gente a vario titolo famosa). Andy Warhol si sbagliava: nel futuro, ognuno avrà un quarto d’ora di celebrità, ma con l’intelligenza artificiale e una certa capacità di astrazione potrebbe durare molto, molto di più.

Virali una volta o virali per sempre

A che cosa serve SocialAI? A sentirsi tutti “virali”, insomma; nelle parole del creatore – che si è affrettato a dichiarare che però queste relazioni virtuali non possono in alcun modo sostituirsi a quelle umane – viene creato uno spazio protetto dove possiamo sentirci popolari e apprezzati (o, se si scelgono dei finti follower non troppo concilianti, dare vita una sorta di palestra per il dissenso). Non c’è neanche un abbonamento: basta scaricare l’app sul proprio telefono mobile (su SOSTariffe.it sono a disposizione i comparatori con le offerte di telefonia mobile più convenienti) e, se si vuole l’accesso a più tipologie di finti follower, basta fare un po’ di pubblicità a SocialAi. Tutto questo crea un altro interrogativo: se l’intelligenza artificiale può comprendere e riproporre così bene le dinamiche delle interazioni sui social network, quanto ci vorrà prima che possa automatizzare contenuti virali, passando cioè dall’altra parte? E potrà un aspirante influencer competere con una macchina che crea post, video o immagini più velocemente e in modo più mirato? Come reagiranno i follower quando diventerà chiaro che molti contenuti che consumano sono generati o fortemente influenzati dall’intelligenza artificiale? Gli ottimisti dicono che anche se i contenuti generati dall’intelligenza artificiale possono essere efficaci nel catturare l’attenzione, la connessione personale, la trasparenza e l’identità rimangono centrali per creare legami significativi con un pubblico. Mentre molte persone possono ottenere un certo ammontare visibilità temporanea, diventare un influencer di lunga durata richiede una combinazione di competenze, storytelling e, naturalmente, anche un po’ di fortuna.

Imitare i “falsi” per scoprirli

Insomma, ancora una volta quando si parla di intelligenza artificiale il concetto di “verità” è sempre qualcosa di sfuggente. Ci sono, ovviamente, anche i risvolti positivi: mimare una persona significa conoscerne i meccanismi. Così, uno dei settori dove l’intelligenza artificiale è diventata uno strumento fondamentale nella lotta contro la disinformazione è quello del fact-checking e della verifica delle fonti. Diverse piattaforme, come Google, stanno integrando strumenti di intelligenza artificiale per aiutare a garantire l’accuratezza delle informazioni, soprattutto attraverso modelli linguistici di grandi dimensioni. Questi strumenti di AI vengono utilizzati per analizzare elevate quantità di informazioni, confrontare fonti e individuare eventuali contenuti dubbi, anche perché il loro immenso bagaglio di dati permette anche di definire chi è affidabile e chi no. In alcuni casi, l’AI è stata integrata nei flussi di lavoro dei giornalisti e delle piattaforme social per automatizzare il processo di debunking delle fake news, contribuendo a ridurre la diffusione di notizie false o manipolate. Altri progetti stanno sfruttando chatbot capaci di guidare gli utenti a smettere di credere in teorie cospirative, rendendo l’informazione più accessibile e aiutando a contrastare credenze radicate.

I guardiani della corretta informazione. O della loro?

Sta di fatto che con l’evoluzione delle piattaforme digitali e l’avvento di potenti algoritmi basati sull’intelligenza artificiale, il potere di controllare ciò che diventa visibile online è ormai concentrato nelle mani di poche grandi aziende tecnologiche come Google, Meta (Facebook, Instagram) e OpenAI. Queste piattaforme già possiedono la capacità di determinare quali contenuti diventano virali e quali restano sepolti nell’oscurità digitale. Questo controllo si esercita attraverso gli algoritmi che regolano la visibilità dei post, la distribuzione dei contenuti nei feed, e la promozione di certi trend o notizie rispetto ad altri. Google, con il suo motore di ricerca, può indirizzare miliardi di persone verso determinate fonti, influenzando direttamente l’accesso all’informazione. Analogamente, Meta decide quali contenuti raggiungono gli utenti attraverso i suoi feed personalizzati su Instagram e Facebook. Questo controllo della viralità dà a queste aziende un ruolo significativo nella costruzione della narrativa globale.

Ogni sistema AI viene addestrato su dati raccolti da persone, e questi dati contengono inevitabilmente bias culturali, sociali e politici. In tal senso, gli algoritmi di AI possono amplificare pregiudizi preesistenti, e questo rende necessario un controllo rigoroso e la trasparenza nella progettazione e nel monitoraggio di questi algoritmi, per garantire che la verità non venga distorta o manipolata per fini commerciali o politici​.

Fonti: https://www.socialai.co/

https://www.ansa.it/canale_tecnologia/notizie/web_social/2024/09/20/esperimento-socialai-piattaforma-dove-si-parla-solo-con-i-bot_75e06954-7496-4b23-9b4d-3e3373c51e3b.html

https://www.arkoselabs.com/latest-news/bad-bot-traffic-continues-to-surge-across-the-internet-in-2024

https://redline.digital/fake-news-statistics

Leggi le altre notizie sull’home page di Key4biz