Un cambiamento epocale per la policy in Telegram, piattaforma che finora non aveva mai cooperato con le autorità giudiziarie per perseguire i crimini compiuti tramite l’app (di cui è emerso il lato oscuro con indagini per fake news e porno deepfake). Ebbene, come ha comunicato Pavel Durov in un post sul proprio canale, l’applicazione di messaggistica Telegram consegnerà alle autorità competenti – dunque, in risposta a una richiesta valida – gli indirizzi IP delle connessioni per risalire all’identità delle persone e ai numeri telefonici degli utenti nel caso di procedimenti legali contro di loro.
Un’iniziativa che, secondo il 39enne fondatore e Ceo di Telegram, sarà utile a scoraggiare le attività illegali; in precedenza, infatti, le regole dell’app alla quale il presidente francese Emmanuel Macron ha dedicato particolare attenzione, prevedevano che i dati degli utenti potessero essere forniti alle autorità giudiziarie esclusivamente nel caso in cui su questi ci fosse il sospetto di attività terroristiche). Una modifica che, nella visione di Durov, serve a “scoraggiare i criminali dall’abusare” della funzione di ricerca dell’applicazione, che è stata usata per “vendere beni illegali”. Sottolineando che Telegram non consentirà a “malintenzionati” di compromettere l’integrità della piattaforma per quasi un miliardo di utenti.
I moderatori di Telegram utilizzano l’AI
Oltre alla notizia che, da questo momento, la privacy in Telegram estende la possibilità di collaborazione con la legge (è bene precisarlo: a ogni caso nel quale le autorità competenti presentino una richiesta valida relativa ad attività criminali che violano i termini di servizio della piattaforma), Durov ha comunicato che i moderatori dell’app impiegano l’intelligenza artificiale per identificare e rimuovere contenuti critici dalla funzione di ricerca. Senza tralasciare il fatto che, di recente, Telegram ha mutato il suo approccio alla moderazione delle chat private eha disabilitato alcune funzionalità “fruite in maniera impropria”.
L’arresto di Durov, di fatto, ha cambiato le politiche di Telegram contro le fake news: da qui, l’aggiornamento della sezione FAQ di Telegram, che adesso indica in modo chiaro come segnalare all’amministrazione i contenuti illegittimi e le fake news. E ancora, la disattivazione del caricamento di nuovi contenuti multimediali sulla piattaforma di blogging Telegraph (“che pare essere stata utilizzata impropriamente da attori anonimi”), le modifiche alla moderazione (che muta “da un ambito di critica ad uno di lode”), l’opportunità (per i titolari di canali e gruppi) di organizzare giveaway per promuovere le proprie community premiando membri casuali.
La Russia non rimane a guardare
Originario di Leningrado ma cresciuto a Torino (dove lavorava il padre) fino alla prima adolescenza, a soli 22 anni Durov ha fondato VKontakte, il Facebook russo che è divenuto nell’arco di pochi anni il social network più diffuso nel Paese e in tutte le realtà paesi russofone (dall’Ucraina alla Bielorussia, dall’Armenia al Kazakistan). Come scrive la BBC, Durov ha dovuto subire pressioni politiche da parte di collaboratori vicini al presidente russo, Vladimir Putin e il 21 marzo 2014 ha ceduto VKontakte per una cifra mai resa nota.
A distanza di dieci anni, a San Pietroburgo (il territorio dell’Oblast’ circonda completamente la città federale, che rappresenta un’entità amministrativa autonoma di pari livello), i funzionari hanno ricevuto l’istruzione di vietare l’uso di Telegram e WhatsApp per veicolare le informazioni ufficiali. Nella missiva che coinvolge le due app di messaggistica, firmata dal responsabile del Comitato, si precisa che il blocco viene fissato per prevenire situazioni di “compromissione, distruzione oppure modifica di informazioni ad accesso limitato”.