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“Il flop delle auto elettriche”, anatomia di una caduta in Italia e in Europa

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In Italia, le nuove immatricolazioni di auto elettriche a batteria sono praticamente crollate nel mese di agosto 2024, con un -36% su base annuale. In Europa, con i dati di luglio, già si registrava un calo dell’11%. La proposta di Urso all’UE. Cosa sta accadendo ad una delle industrie più rivelanti dell’economia continentale? Perché la transizione non funziona?

Un mercato in crisi? Quali i fattori che pesano di più sui numeri dell’auto elettrica

L’auto elettrica ci interessa ancora? Il mercato è davvero in crisi? Che ruolo hanno i consumatori, i produttori e la politica in questa fase così critica della transizione energetica dell’automobile? Sappiamo tutti che questa industria occupa un ruolo a dir poco vitale nella nostra economia, sia nazionale, sia europea (per non dire mondiale), ma sappiamo anche che il cambiamento è necessario e che a conti fatti è già iniziato.

Ora si deve capire come procedere per completarlo e non è una questione da poco, a sentire tutti gli attori in gioco.

In Italia, le nuove immatricolazioni di auto elettriche a batteria sono praticamente crollate nel mese di agosto 2024, con un -36% su base annuale, secondo gli ultimi dati dell’Unrae.

In Europa, con i dati di luglio, già si registrava un calo dell’11%.

Se guardiamo invece alle auto elettriche ibride, il discorso cambia, con un dato opposto nel nostro Paese, dove si è stimato un incremento delle nuove immatricolazioni attorno al +40% nel mese di agosto.

Le ibride in Europa vedono crescere le nuove immatricolazioni del 25%.

Sono segmenti dell’elettrico da tenere ben distinti, ma è chiaro che i consumatori stanno facendo delle scelte chiare, anche in considerazione dei fattori negativi che accompagnano il mercato e non da ora: prezzi troppo elevati, incentivi insufficienti, scarsità dei punti di ricarica, un mercato dell’energia che rimane incerto, solo per citare i più discussi.

25 settembre vertice UE sul futuro dell’elettrificazione dell’auto

Se non tutta, una gran parte della corsa all’elettrificazione dell’automobile si giocherà il prossimo 25 settembre a Bruxelles, in occasione di un vertice dell’Unione europea sul settore promosso dall’Ungheria.

Fin qui i numeri, che già ci dicono molto. Poi c’è la politica nazionale, che non da l’impressione di aver trovato la strada giusta per affrontare la transizione energetica dell’auto e allo stesso tempo punta (giustamente) a sollevare il problema direttamente a Bruxelles.

Giustamente, perché l’auto elettrica è frutto di linee politiche decise a Bruxelles e perché è ormai acclarata la crisi economica dell’ormai ex locomotiva dell’economia europea, la Germania.

Su questo il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha annunciato la presentazione di una proposta per anticipare alla prima parte del 2025 la revisione dello stop alla produzione di auto termiche entro il 2035: “Ho intenzione di parlarne nel meeting che la presidenza di turno ungherese ha organizzato per il 25 settembre a Bruxelles sul settore e il giorno successivo la presenterò al consiglio sulla competitività che si terrà sempre a Bruxelles”.

L’annuncio è arrivato al Forum Ambrosetti di Cernobbio, con la proposta del ministro di anticipare alla prima parte del 2025 la revisione sullo stop alla produzione di veicoli endotermici al 2035, prevista originariamente per il 2026 nell’ambito del ‘Green Deal’ europeo.

Urso chiede di anticipare la clausola di revisione al 2025

Il Green Deal, ha detto Urso, “lo fai con il cambio di modalità operativa e lavorativa“, aggiungendo che “il processo del green deal prevede una clausola di revisione entro la fine del 2026, ma chiunque conosca il sistema produttivo sa che gli investimenti si fanno se c’è certezza“. Avanti di questo passo, a suo dire, diventa un problema la sopravvivenza dell’intera industria automobilistica europea, “incapace di sostenere il rischio che le è stato imposto senza adeguate risorse e investimenti pubblici”. “Chiedo di anticipare questa decisione – ha sottolineato – perché se lasciamo l’incertezza fino al 2026, si rischia un’ondata di scioperi e proteste europee come hanno fatto gli agricoltori e rischiamo il collasso dell’industria“. 

Urso dovrebbe rilanciare la proposta il giorno successivo al consiglio dell’Ue sulla competitività e prevede di contattare gli altri ministri europei, ma prima si deve insediare il nuovo governo francese.

La chiave incentivi

Il problema è però anche legato alla domanda che finché è stata sostenuta dagli incentivi ha fatto lievitare le nuove immatricolazioni di motori elettrici. Incentivi che sono decisi dal ministero guidato da Urso e che nell’ultima tranche sono stati esauriti in meno di 24 ore.

Il ministro delle imprese su questo ha già detto che non si deve fare troppo affidamento sugli incentivi, ma sostenere il made in Italy, lavorando sul lato dell’offerta nazionale (un percorso certamente virtuoso, ma dai tempi incerti vista la leadership cinese nel settore e la nostra dipendenza dagli approvvigionamenti esteri di batterie, componentistica e materie prime).

Secondo quanto dichiarato dal presidente di Motus-E, Fabio Pressi: “I dati indicano nuovamente un andamento molto confuso del mercato, con gli straordinari picchi seguiti alla messa a terra dell’Ecobonus alternati a momenti di apparente stallo, in cui gli automobilisti interessati a passare all’elettrico restano alla finestra per comprendere l’evoluzione dello scenario”.

In quest’ottica – ha precisato Pressi – per evitare un pericoloso andamento a strappi del mercato diventa fondamentale una rapida e chiara pianificazione degli strumenti incentivanti discussi nell’ultima riunione del Tavolo Automotive, per i quali sarà indispensabile anche la massima cautela nelle comunicazioni ai cittadini, che con l’esaurimento in un solo giorno dei bonus per le auto elettriche hanno già dimostrato una grande attenzione verso questa tecnologia”.

Sulle pagine del Mimit si legge che “per quanto riguarda la programmazione degli incentivi, il fondo automotive può contare ancora su una dotazione di 750 milioni per il 2025 e di un miliardo annuo dal 2026 al 2030. In parallelo al concretizzarsi della politica di attrazione di nuovi player e alla necessità di accompagnare il processo di riqualificazione della componentistica italiana verrà incrementata la quota destinata all’offerta pari a 50 milioni nel 2022 e 350 milioni annui nel successivo biennio”.

Un destino in bilico, in attesa dei nuovi commissari europei

Siamo in grado come Paese e come Unione europea di realizzare una nuova industria automobilistica orientata alle zero emissioni, made in EU e in grado di creare occupazione?
La politica riuscirà a dare risposte puntuali e tempestive su questo tema così centrale per l’economia continentale?

Sappiamo solo che l’industria automobilistica, che impiega 12 milioni di persone e rappresenta circa il 4% del PIL dell’UE, rappresentando il più grande investitore privato in ricerca e sviluppo dell’UE, secondo la Commissione europea deve sottoporsi a cambiamenti rapidi e profondi per restare competitiva sul mercato mondiale, riconoscendo l’importanza della transizione verso tecnologie più sostenibili e nuovi modelli imprenditoriali.

Per saperne di più sui futuri sviluppi della transizione energetica dell’automobile in Europa sicuramente bisognerà attendere il prossimo 11 settembre, quando Ursula von der Leyen, presenterà la sua lista dei commissari europei (nomi e portafogli) per la nuova Commissione europea, che potrebbe insediarsi già a novembre.

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