Telecom Italia: comincia l’era Telco. Si complica intanto la disputa col governo boliviano su Entel

di Alessandra Talarico |

Italia


Telecom Italia

Telecom Italia è passata ufficialmente sotto il controllo di Telco, la società controllata da Telefonica, Assicurazioni Generali, Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Sintonia, che controllerà il 23,6% della società telefonica.

   

Il perfezionamento dell’accordo da 4,1 miliardi di euro sottoscritto lo scorso 4 maggio è stato confermato da una nota congiunta Pirelli & C., Sintonia SpA e Sintonia SA, che sottolineano che “l’operazione determina un impatto positivo sulla posizione finanziaria netta di Pirelli di 3,3 miliardi di euro.

  

Le grandi manovre su Telco sono iniziate in mattinata, con il conferimento a Telco delle partecipazioni di Mediobanca e Generali: ai blocchi sono infatti passate di mano 749.827.264 azioni Telecom – pari al 5,6% del capitale (corrispondente all’1,56% e al 4,06% del capitale in mano ai due istituti finanziari) – in sei pacchetti dal prezzo unitario di 2,53 euro.

  

I nuovi soci,  lo annuncia una nota congiunta, sono giunti a un accordo sulle nomine del consiglio di amministrazione di Telco e Olimpia, indicando alla presidenza di entrambe Aldo Minucci, vicedirettore di Generali.  Del consiglio Telco faranno parte anche Filippo Maria Bruno, Enrico Giliberti, Clemente Rebecchini, Gustave Stoffel, Maurizio Verbich, Angel Vilà Boic, Ramiro Sanchez de Lerin Garcia-Ovies, Miguel Escrig Melia e Sohail Qadri

  

Il gruppo ha quindi ufficializzato le dimissioni con effetto immediato dalla carica di consigliere di amministrazione di Telecom Italia di Carlo Alessandro Puri Negri e Claudio De Conto.

  

Solo ieri era arrivato l’atteso via libera dell’Autorità brasiliana per le tlc – Anatel – chiamata a giudicare l’impatto dell’operazione sul mercato mobile dell’importante Paese sudamericano.

Telecom Italia e Telefonica, infatti, controllano due importanti operatori attivi nel mercato brasiliano – Tim Brasil e Vivo – e il miliardario messicano Carlos Slim, patron a sua volta del quarto maggiore operatore del Paese, Claro, ha fin da subito tentato di opporsi all’operazione, che ora dovrà comunque ricevere una altro via libera, quello del Cade, l’Antitrust brasiliano.

  

L’Anatel non ha imposto alle società di cedere asset, ma ha fissato molti paletti al passaggio della quota di Olimpia a Telco, stabilendo innanzitutto che le due società controllate da Telefonica e Telecom Italia in Brasile dovranno mantenersi completamente indipendenti al fine di “preservare la competitività del mercato brasiliano delle comunicazioni mobili”.

A Telefonica è quindi fatto espresso divieto di “partecipare, votare o apporre veti alle delibere di Telco, Olimpia e Telecom Italia o di qualsiasi altra impresa direttamente o indirettamente controllata da telecom Italia”, nonché di “esercitare controllo – diretto o indiretto – su qualsiasi impresa del gruppo Tim in Brasile”.

Alla società spagnola sarà altresì vietato indicare membri per i consigli di amministrazione e di direzione, o di qualsiasi altro organo equivalente.

   

Restando in Sud America, intanto, Telecom Italia – attraverso la società di diritto olandese Euro Telecom International – ha presentato una richiesta di arbitrato contro lo Stato Boliviano davanti al Centro internazionale per la risoluzione delle controversie sugli investimenti, che dipende dalla Banca mondiale.

  

Lo scorso aprile, il presidente boliviano Evo Morales ha emesso un decreto ad aprile con l’ordine a Telecom Italia di vendere allo stato boliviano parte o tutta la sua quota del 50% in Entel Bolivia, acquisita nel 1995 attraverso la controllata ETI.

  

Telecom Italia definì questa operazione un vero e proprio “esproprio” e decise di interrompere le trattative avviate per giungere a un accordo quando il governò rifiutò la richiesta del gruppo di spostare i negoziati in un altro paese.

  

Il governo Morales, in un decreto emanato lo scorso 28 marzo, ha accusato Telecom di aver commesso irregolarità nella gestione e nell’amministrazione della società e ha istituito una commissione ministeriale volta a ‘recuperare’ Entel, visto che ETI non avrebbe rispettato gli impegni presi in termini di investimenti e avrebbe effettuato nel 2005 una riduzione di capitale di Entel, giudicata illegittima.

  

Secondo Telecom Italia, queste accuse sono infondate e pretestuose dal momento che ETI – controllata al 100% dalla società italiana – ha portato a termine tutti gli impegni presi col governo boliviano al momento della privatizzazione, realizzando investimenti pari a 720 milioni di dollari. Importo – sottolinea Telecom – “superiore all’impegno contrattuale di 610 milioni di dollari assunto da ETI con il governo boliviano all’atto della privatizzazione”.

Che la società abbia ottemperato ai suoi impegni è però stato certificato anche una risoluzione ministeriale dell’agosto 2005 che è stata però abrogata con effetto retroattivo il 23 aprile.

  

Con un secondo decreto, emesso sempre lo stesso giorno, il governo boliviano ha quindi trasferito, a titolo gratuito, la quota del 47% di Entel gestita da due fondi privati e annullato altri provvedimenti, tra cui quelli del 1995 relativi alla privatizzazione di Entel, “togliendo di mezzo con un colpo solo – si legge in una nota – e sempre con effetto retroattivo, la base normativa con cui dodici anni fa veniva avviata la privatizzazione di Entel” e collocando “nei fatti, l’operazione sul capitale fuori dal contesto legale in vigore nel 2005”, spiega ancora Telecom.

  

Il gruppo telefonico italiano, che ha portato il caso all’attenzione del governo italiano e della Commissione europea, ricorda altresì che la riduzione di capitale sotto accusa ha ottenuto una certificazione indipendente da parte della società KPMG che ha riconosciuto valida la “percorribilità legale, contabile e fiscale dell’operazione”, che venne tra l’altro approvata anche dai soci locali all’unanimità.

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