Tra ieri ed oggi, s’è scatenata una polemica, prevedibile quanto tardiva, e, dopo giorni e giorni di incomprensibile silenzio, s’è finalmente udita la voce di chi contesta il tanto atteso “Decreto Tax Credit Produzione” per il settore cine-audiovisivo, che IsICult e Key4biz hanno pubblicato in assoluta anteprima lunedì scorso, registrandosi l’indomani una assoluta assenza di reazioni (si veda “Key4biz” del 29 luglio 2024, “Dossier esclusivo IsICult & Key4biz: in anteprima, il tanto atteso Decreto “Tax Credit” di riforma del settore cine-audiovisivo”)…
Era giunta voce di agitate riunioni, ovviamente non affollate né e granché partecipate a causa dell’imminente agosto, ma nulla era emerso a livello di media, né sulle agenzie stampa né sui quotidiani, tra lunedì e martedì…
Ieri pomeriggio, mercoledì 31 luglio, è stato il quotidiano “La Repubblica” ad aprire le danze, con un articolo pubblicato alle 17.52 sull’edizione digitale, a firma di Arianna Finos, che intervistava Corrado Azzolini, Presidente di Confartigianato Cinema e Audiovisivo, e già dal titolo emergeva la protesta: “Piccoli produttori in ginocchio, la riforma favorisce solo i grandi player”.
Questa mattina, lo stesso quotidiano spara a pagina intera un articolo di Lorenzo De Cicco, intitolato “Stretta di Sangiuliano sugli aiuti al cinema. ‘Un regalo alle major’”, nel quale viene rilanciata la tesi di Azzolini, ma viene al contempo dato ampio spazio all’avvocato Michele Lo Foco, membro del Consiglio Superiore del Cinema e Audiovisivo (Csca), le cui tesi controcorrente siamo stati tra i primi a rilanciare anche sulle colonne di “Key4biz”: come scrive De Cicco, l’avvocato Lo Foco è stato nominato nel Csca (presieduto dall’avvocatessa Francesca Assumma) dal Ministro Sangiuliano, e quindi non è “tacciabile di faziosità”… E sostiene anche lui che il decreto “aiuterà solo le grandi case di distribuzione, spesso straniere, stritolando i film “difficili”, ma di grande qualità”. L’articolo registra anche la presa di posizione di Angelo Bonelli, leader di Alleanza Verdi Sinistra (Avs), il quale sostiene che “il decreto Sangiuliano ammazza la produzione culturale cinematografica italiana, favorendo le multinazionali. È l’unica realtà italiana che avrà le caratteristiche per le facilitazioni è Mediaset… con questi criteri, metà dei film italiani presentati a Venezia non sarebbero stati realizzati”.
Oggi stesso interviene anche “Il Sole 24 Ore” che propone invece una lettura neutra, tendenzialmente positiva (d’altronde, si ricordi che le due maggiori lobby del settore, la cinematografica Anica e la televisiva Apa, aderiscono a Confindustria Cultura), auspicando che la “finestra” per avviare la presentazione delle domande per accedere al credito di imposta possa essere aperta a metà settembre… La questione se la pone, ma come quesito, oggi anche Cristiano Bollo sulla testata specializzata “Box Office”, rilanciando la domanda: “tax credit produzione, quando verranno aperte le domande?”.
Ottimista la previsione che il settore si rimetta in moto a settembre… Francesco Verducci (Partito Democratico): “un attacco del Governo che mette a rischio il settore”
La previsione di settembre appare per alcuni aspetti ottimista: dal decreto ministeriale “barocco” del 10 luglio 2024 (si ricordi: 57 pagine di testo…) emerge l’esigenza di un discreto numero di “decreti direttoriali”, alla firma del Dg Nicola Borrelli, e peraltro dovrà essere anche adeguata ovvero implementata la piattaforma web della Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero…
In sostanza, il settore cine-audiovisivo potrà sperare in un rinnovato flusso di sostegno pubblico solo verso novembre o dicembre di quest’anno, e quindi sarà nei fatti confermata quella “sospensione” di un anno intero, ovvero tutto il 2023…
Con le conseguenze in atto e le ulteriori prevedibili.
Che questo risponda semplicemente alla annunciata esigenza di “razionalizzare” ed “efficientare” l’intervento della “mano pubblica” sarà quindi da dimostrare, allorquando la “macchina ministeriale” si andrà a rimettere in moto, concretamente ad inizio 2025… Sarà interessante conoscere i “consuntivi” per l’anno 2024 del “Fondo Cinema e Audiovisivo”…
Da segnalare che, dopo un inspiegabile silenzio, ieri sera è emersa una voce dal Partito Democratico, anche se “uti singuli”, nelle parole del membro della Commissione Cultura del Senato, Francesco Verducci, secondo il quale il decreto rappresenterebbe “un attacco del Governo che mette a rischio il settore: “il Decreto governativo sul Tax Credit è un colpo durissimo per tutto il Cinema italiano. Soprattutto è un decreto che, così com’è scritto, taglia le gambe alla quasi totalità delle imprese indipendenti, in favore di fatto delle multinazionali straniere. Mette a rischio migliaia di posti di lavoro, mentre solo pochi giorni fa il decreto sulla ripartizione dei fondi esplicitava il vero obiettivo della destra: mettere sotto controllo i contenuti, quindi l’autonomia e la libertà degli autori, con un dirigismo editoriale inquietante. Da una parte il taglio dei contributi, dall’altra l’obbligo di sottostare a un diktat ideologico per potervi accedere. È un attacco frontale e pericoloso che stravolge, snatura e mortifica un settore decisivo per il nostro Paese. Questo provvedimento è un punto di non ritorno per il Cinema e l’audiovisivo italiano. Il Governo si fermi e ascolti le istanze dei soggetti del settore”.
Invocare che il “governo si fermi”, allorquando si tratta di un decreto interministeriale, firmato, protocollato, bollinato, è richiesta ardita. Forse sarebbe stato meglio se il Pd si fosse mosso attivamente prima – ovvero per tempo – se cotanta è la preoccupazione che ora improvvisamente emerge.
Gaetano Amato (M5s): “il Governo svende il cinema alle multinazionali straniere”
Questa mattina emerge anche la reazione del Movimento 5 Stelle, con una presa di posizione, anche in questo caso – si noti – “individuale”, ovvero del deputato Gaetano Amato, che denuncia come “il governo svende il cinema alle multinazionali straniere, tradendo pmi italiane”. Il parlamentare grillino ironizza, domandando: “Gennaro Sangiuliano ha letto il decreto sul tax credit o lo ha scambiato per un libro da giudicare? Se non lo ha letto gli consigliamo di farlo quanto prima, perché si sta assumendo la paternità di una dei più grossi tradimenti nei confronti delle piccole e medie imprese cinematografiche italiane”.
Ulteriore ironia di Gaetano Amato nei confronti della Sottosegretaria delegata Lucia Borgonzoni: “parliamo di un provvedimento che porta la firma della stratega leghista Borgonzoni a cui Sangiuliano ha affidato – ahinoi – le sorti del Cinema italiano svendendolo alle multinazionali straniere… Il tax credit, da automatismo di legge e primaria risorse di piccoli e medi produttori che riuscivano a dare una chance ai giovani autori, diventerà muro invalicabile per chi non ha di suo i capitali delle major. Come può una piccola impresa offrire una garanzia del 40 per cento del costo di un film da 1 milione e mezzo? Come fa ad assicurare 240 proiezioni un produttore che finanzia un’opera prima di un giovane e magari promettente autore, senza avere alle spalle una multinazionale? Il 65 per cento dei lavoratori dello spettacolo è totalmente fermo, e la situazione è destinata a peggiorare grazie a questo attacco frontale ad una grande e storica industria culturale del nostro Paese, che ha regalato maestri e capolavori ineguagliabili alla storia del Cinema mondiale”. E conclude con uno sdegnato: “che vergogna!”.
Il deputato Amato evidenzia senza dubbio una qualche asintonia tra la “teoria” e la “pratica”: se è vero che la riforma è stata fortemente voluta dal Ministro Sangiuliano, è evidente che la messa a terra della stessa è stata gestita dalla sua Sottosegretaria. Ed in effetti qualche “contraddizione” tra il “dire” ed il “fare” emerge, studiando attentamente il decreto del 10 luglio 2024 (ci torneremo nei prossimi giorni).
Nessuna altra voce dalla politica, né “contro” il Decreto (da parte di altri esponenti delle opposizioni) né “pro” (da parte del centro-destra).
Qual è la vera verità?! Le “correzioni” alla Legge Franceschini erano certamente necessarie, ma si è proceduto con approssimazione e rozzezza
Come abbiamo dimostrato – anche su queste colonne, in numerosi interventi tecnici – naturale e sana era (e resta) l’esigenza di razionalizzare l’intervento dello Stato nel settore, perché la “Legge Franceschini” ha prodotto un boom produttivo in buona parte artificiale, grazie alle dimensioni crescenti della manna statale. E ci sono stati anche non pochi imprenditori – come dire?! – malandrini…
Lo strumento che è stato privilegiato è quel “tax credit” (una sorta di meccanismo automatico suddito comunque delle logiche di mercato), la cui applicazione non è mai stata oggetto di adeguato controllo e quindi il sistema è andato “in tilt”.
Si ricordi peraltro che l’avvio della riforma è stato caratterizzato anche da un parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che segnalava alcuni aspetti critici della normativa in essere (si tratta del parere del 27 giugno 2023 reso pubblico il 7 luglio, con il quale Agcom rimarcava l’esigenza di revisionare il quadro normativo in materia di opere europee, produttori indipendenti e tax credit giustappunto…), tra i quali lo strapotere venutosi a determinare da parte di un manipolo di imprese controllate da multinazionali straniere: esemplare il caso di una società di produzione come Wildside, controllata dalla multinazionale tedesca-lussemburghese Fremantle alias Bertelsmann… È stata Agcom a denunciarlo, si noti bene.
Questa società, in particolare, ha beneficiato di decine e decine di milioni di euro di aiuti dello Stato italiano, allorquando non potevano fino ad oggi essere beneficiate società controllate e comunque legate – per esempio – al gruppo Mediaset, a causa di una controversa interpretazione del concetto di “produttore indipendente” (questione che – come abbiamo segnalato – non è stata oggetto di “revisione” alcuna, nel decreto interministeriale del 10 luglio).
Che la discriminazione nei confronti del maggiore gruppo mediale privato italiano dovesse essere corretta è indubbio: quel che appare però evidente è che coloro che hanno impostato il decreto “Tax Credit Produzione” del 10 luglio 2024 hanno voluto imporre una serie di “paletti”, che limitano l’accesso ai benefici statali, ma con una logica piuttosto bislacca, che sembra sfuggire ad una impostazione di estensione della pluralità imprenditoriale e del pluralismo culturale-espressivo.
In sostanza, sono state alzate “barriere all’entrata” (come direbbe un esperto di economia dei settori industriali) che non sono il risultato di una analisi critica adeguata delle caratteristiche del settore: si tratta quindi di interventi “inevitabilmente” approssimativi, anzi rozzi, deficitari della necessaria tecnicalità.
D’altronde – come abbiamo denunciato da anni – paradossalmente il Ministero non dispone ancora di strumenti di conoscenza adeguati: la stessa “valutazione di impatto” (prevista anch’essa dalla Legge Franceschini, e mantenuta in semi-clandestinità) non ha mai messo a disposizione della comunità professionale l’elenco dei film cinematografici e delle opere audiovisive sostenute dallo Stato, illustrando – titolo per titolo – la circuitazione concreta, dalle sale cinematografiche alle piattaforme passando per le emittenti televisive… Soltanto così, sarebbe (stato) possibile comprendere la “vera verità” del sistema cinematografico e audiovisivo italiano.
In assenza di dati, la “manna” statale è stata assegnata, per anni ed anni, a centinaia di titoli che “improvvisamente” si scopre essere stati per lo più… fantasma!
Chi ha impostato il nuovo “Tax Credit Cinema” disponeva di questi dati? Temiamo di no, se è vero che nel decreto del 10 luglio vengono previsti obblighi di informazione e documentazione e trasparenza – da parte dei beneficiari – i produttori e dei distributori (esercenti, emittenti tv, piattaforme) – che erano stati finora sostanzialmente ignorati.
Quindi, come abbiamo già scritto più volte anche su Key4biz, ad una gestione approssimativa della Legge Franceschini (che ha portato al crash ormai evidente), si corre il rischio che faccia seguito una riforma approssimativa della legge stessa, con i risultati che emergono in questi giorni (le proteste delle associazioni dei produttori indipendenti, in primis), e che prevedibilmente ancor più emergeranno nelle prossime settimane…
Si ha notizia che la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni abbia convocato “d’urgenza” oggi stesso i rappresentanti di alcune associazioni: da Confartigianato Cinema e Audiovisivo ad Agici passando per Cna Cinema e Audiovisivo e Doc.it…
Tentativo di arginare la protesta montante, che potrebbe arrivare a salire sul “red carpet” del Festival di Venezia?!
Anche la Cgil interviene e lamenta “rischi disoccupazione di lunga durata” ed “impoverimento della sperimentazione”
Deficit di conoscenza ed approssimazione prevalgono, e ciò rende tutto più sfuggente, scivoloso, controvertibile, confuso, nebbioso…
In quest’ottica, anche la odierna presa di posizione del maggiore sindacato italiano emerge nella sua imprecisione. In un comunicato intitolato “Tax Credit: rischi disoccupazione di lunga durata in assenza di un sistema di welfare adeguato e impoverimento della sperimentazione”, diramato dalla Segreteria Nazionale Slc Cgil (Sindacato Lavoratori della Comunicazione), si ipotizza che i “decreti direttoriali” in gestazione possano apportare correttivi (?!) al “decreto interministeriale”. Il che è tecnicamente (giuridicamente) impossibile, trattandosi di livelli di regolamentazione differenti (sarebbe come pretendere che un “regolamento” di attuazione “corregga” una norma primaria…).
Sostiene Cgil: “in attesa del testo definitivo che consentirà finalmente alle imprese del cineaudiovisivo di usufruire del tax credit, strumento essenziale per promuovere le produzioni cineaudiovisive italiane, ci riserviamo di sollevare alcune questioni che attraversano con preoccupazione il mondo del lavoro del settore in queste ore”.
Quale attesa per il testo “definitivo?” Quello del 10 luglio 2024 è bello che… definitivo.
E continua Cgil: “le misure che sono state introdotte e che necessitano di Decreti direttoriali che ne consentano l’attuazione, se non corrette, possono mettere a rischio nella lunga durata l’occupazione del settore che già oggi si registra in flessione, peraltro a fronte di un sistema di welfare che non vede ancora luce”.
E ancora: “l’altra preoccupazione che attraversa le lavoratrici ed i lavoratori; maestranze, tecnici, artisti del settore è che si rischi l’eliminazione di prodotti indipendenti realizzati da piccole e medie imprese e di veder appiattita la produzione alle grandi produzioni e spesso di carattere internazionale, marginalizzando i talenti giovani e la sperimentazione nel nostro paese. Le piccole e medie imprese sono state il luogo della sperimentazione creativa e fonte di nuova autorialità”.
Condivisibile, assolutamente, la tesi seguente: “procedendo non in maniera selettiva e puntuale si rischia “di buttare il bambino con l’acqua sporca”, eliminando non solo la parte di produzioni che utilizza i finanziamenti in maniera distorta o addirittura dolosa senza alcuna funzione di sviluppo per il settore, ma cancellando il lavoro legato alla sperimentazione in un sistema culturale attraversato da grandi cambiamenti sociali, tecnologici e nelle professioni”…
Il fondatore del Festival di Giffoni promuove un sit-in di fronte alla sede del Ministero della Cultura: umanamente comprensibile la sua lamentazione, ma tecnicamente e culturalmente infondata. I danari pubblici che il Ministero gli “sottrae” vanno a vantaggio di centinaia di altri festival
Il “caso Giffoni Festival” conferma le contraddizioni del sistema italiano: il festival maggiormente privilegiato dal sostegno del Ministero della Cultura si lamenta se Sangiuliano decide di allocare meglio le risorse per la promozione, dando ossigeno ad un maggior numero di manifestazioni…
Anche la vicenda del “caso Giffoni Festival” conferma questo “deficit di conoscenza” nella gestione della politica culturale italiana: come abbiamo già ben dimostrato due giorni fa su queste colonne, il fondatore e “dominus” Claudio Gubitosi si lamenta in modo “spettacolare” (oggi ha organizzato un “sit-in” di fronte alla sede del Ministero al Collegio Romano) del presunto “taglio” che la sua kermesse avrebbe subito da parte del Ministero. In verità, Giffoni è stato un soggetto privilegiato nel corso dei decenni, ed ha acquisito una “fetta” sempre crescente della “torta” dei (pochi) danari che il Ministero della Cultura assegna ai festival: nel 2023, quasi 1 milione di euro sul totale di 7 milioni destinati a centinaia di festival. Si rimanda a quel che abbiamo scritto martedì, dati alla mano: vedi “Key4biz” del 30 luglio 2024, “Il “caso Giffoni Festival”, ecco il perché del taglio di circa 600mila euro del contributo ministeriale”.
Anche in questo caso, la Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero si è posta, nel corso degli anni, l’arduo quesito se non fosse necessario “misurare” in qualche modo l’efficacia del proprio intervento nell’ambito della “promozione”, utilizzando un dataset adeguato e realizzando autentiche valutazioni di impatto?
No. Ed oggi Gubitosi reagisce piccato, allorquando la “razionalizzazione” messa in atto dal Ministro (il decreto direttoriale del 21 giugno, con il nuovo bando “Bando per la concessione di contributi ad attività ed iniziative di promozione cinematografica ed audiovisiva – Anno 2024”), ha imposto saggiamente un “tetto” di 400.000 euro per singola manifestazione sostenuta dallo Stato.
In questo caso, Gubitosi ha proprio torto: è comprensibile la sua umana lamentazione, ma si tratta di un “paletto” che è sano imporre, per estendere la pluralità di soggetti che potranno accedere al fondo ministeriale, estendendo così il pluralismo espressivo. E questo dovrebbe essere il compito di uno Stato lungimirante in materia di politica culturale.
Di fronte al fatto che il Ministro Sangiuliano non ha concesso “udienza”, quest’oggi (almeno fino alle ore 17) al “protestatario” Gubitosi, è emersa esplicita solidarietà da parte del succitato parlamentare Gaetano Amato e delle sue colleghe deputate del M5s Anna Laura Orrico (“da Mic atteggiamento incomprensibilmente punitivo”) ed Anna Bilotti (che si è oggi associata fisicamente al sit-in) (“taglio al finanziamento sconsiderato, chiediamo chiarezza”)…
Riteniamo che le proteste degli esponenti del Movimento 5 Stelle e degli altri esponenti partitici sono sostanzialmente infondate: perché la “difesa” a priori del Festival di Giffoni cozza con l’esigenza di razionalizzare l’intervento dello Stato a favore di centinaia di altre manifestazioni, che meritano anch’essa l’attenzione del sostegno pubblico.
Infuoca anche la polemica tra Gubitosi e i senatori Antonio Iannone e Domenico Matera (Fratelli d’Italia) che hanno accusato il fondatore del Giffoni di poca trasparenza e finanche di rendite di posizione: “chiediamo di verifica se tra le consulenze ci sono politici o parenti di politici e se le procedure, visto che si usano soldi pubblici, rispettino criteri di trasparenza”. Gubitosi risponde piccato: “per l’ennesima volta rispondo al caro amico senatore Antonio Iannone che, nelle ultime ore, insieme al suo collega Matera, che non ho il piacere di conoscere, si sono prodotti in illazioni scomposte che la mia persona, la mia storia e quello che sono stato capace di fare in oltre mezzo secolo di attività non meritano. Stanno provando a fare le pulci a me, a Giffoni, ma voglio rassicurarli: non troverete niente. Sui temi della legalità, della lealtà e della legittimità potrei tenere lezioni magistrali in tutte le università del mondo. D’altronde, i documenti sono in possesso del Ministero della Cultura, quelli che attestano la totale trasparenza con la quale agiamo”. Qui ci limitiamo a segnalare che, comunque, sul sito web di “Giffoni Film Festival”, non risulta ad oggi pubblicato né il bilancio economico né il bilancio sociale della manifestazione dell’organizzatore Ente Autonomo Giffoni Experience. Gubitosi insiste nella sua protesta, di fronte all’ingresso del Collegio Romano: “resto, perciò, qui, al caldo torrido di queste ore, davanti alla sede del Mic, per difendere un percorso di civiltà istituzionale, aspettando che il Ministro decida di aprire questo dialogo con noi”.
Come dire?! Riprova che, in assenza di un sistema informativo completo e di adeguata trasparenza, ognuno… se la può “cantare” e se la può “suonare” (per restare in tema di iniziative “folkloristiche” à la Vincenzo De Luca)…
L’italico Stato dovrebbe veramente attrezzarsi con una strumentazione tecnica adeguata alle dimensioni del suo intervento (stiamo parlando di 800 milioni di euro l’anno di danari del contribuente allocati a favore del cinema e audiovisivo) e – soprattutto – adeguata all’importanza socio-culturale di quest’azione della “mano pubblica” (la delicatezza dell’intervento pubblico nelle industrie culturali e creative).
E le polemiche che si scatenano… peccano tutte – da una parte o dall’altra (“conservatori” o “riformisti”) – di deficit di conoscenza: “no data” = “mal governo” (comunque, quale che sia la maggioranza al governo).
Anche se – in questo specifico caso, la Cgil ha comunque ragione – così operando si corre veramente il rischio di “buttare il bambino, insieme all’acqua sporca”.
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.