Il caldo torrido indebolisce le resistenze? La imminente pausa agostana allenta le preoccupazioni?!
Da molti giorni, non si registra una voce una di critica o dissenso rispetto alla perdurante “stagnazione” nella quale versa, ormai da oltre metà anno, il settore cinematografico e audiovisivo italiano, nell’attesa – ormai divenuta estenuante – dei nuovi decreti ministeriali che andranno ad apportare modifiche all’assetto della “Legge Franceschini” del 2016: l’attesa è, in particolare, focalizzata sul decreto cosiddetto “tax credit”, che andrà a riformare l’intervento dello Stato attraverso lo strumento del credito di imposta…
Secondo il “piano di riparto” dei fondi cinema e audiovisivo per l’anno 2024, si tratta di ben 412,7 milioni di euro, a fronte dei 541 milioni di euro dell’anno 2023 (questo “riparto” è stato sottoposto all’approvazione del Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo il 3 aprile 2024 – con 3 voti contrari su 11, manifestati dai consiglieri Michele Lo Foco, Giuseppe Zonno e Tommaso Sacchi – ed è stato firmato dal Ministro Gennaro Sangiuliano il 12 aprile 2024, ma pubblicato soltanto il 14 maggio 2024): è evidente che l’attesa per questo decreto è tanta, trattandosi comunque di una dotazione che assorbe quasi il 60 % del totale dell’intervento dello Stato nel settore (per la precisione, si tratta del 59,3 %) che è di 696 milioni di euro (a fronte dei 746 milioni di euro dell’anno 2023, ovvero con una riduzione nel 2024 del 7 % rispetto all’anno precedente, da attribuire ai cosiddetti “tagli lineari” imposti dalla Legge di Bilancio 2024 a tutti i ministeri)… Dal 2023 al 2024, la dotazione per il Tax Credit è stata tagliata del 24%.
Il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, ieri in Aula a Montecitorio: “le commissioni, che esistono da decenni saranno composte da professionalità di comprovata qualità, autonomia e indipendenza”
Cresce l’attesa, e si ha notizia (questione di giorni) che sia imminente la pubblicazione di un altro decreto importante, quello relativo ai cosiddetti “aiuti selettivi”, ovvero il sostegno dello Stato che è sottoposto non a meccanismi più o meno automatici, ma alla valutazione delle “commissioni di esperti”: anche rispetto a queste commissioni, silenzio e nebbia, anche se va segnalato che ieri (mercoledì 24 luglio) il Ministro Gennaro Sangiuliano, intervenendo nell’aula di Montecitorio per il “Question Time”, ha precisato che “quanto alle commissioni, che esistono da decenni saranno composte da professionalità di comprovata qualità, autonomia e indipendenza”.
Il Ministro ha anche concluso il suo intervento con una battuta, ricordando come non fosse stata nominata da lui la “commissione esperti” che a suo tempo bocciò il contributo al film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani”…
Sangiuliano non ha però chiarito con quale modalità queste due nuove commissioni (una focalizzata sulla “produzione” e l’altra sulla “promozione”) verranno costituite, e come saranno organizzate. Si ricorda che il suo predecessore, Dario Franceschini, pubblicò un invito a presentare candidature: finora nessuna traccia di bando…
In risposta ad un’interrogazione a prima firma di Valentina Grippo (Azione, Vice Presidente Commissione Cultura, Scienza, Istruzione) tesa a ricevere chiarimenti in merito ai criteri contenuti nel prossimo decreto ministeriale per l’applicazione della disciplina del tax credit a favore delle imprese di produzione cinematografica e audiovisiva, ha così risposto il Ministro, telegraficamente: “i meccanismi di erogazione di contributo al cinema, a cominciare dal tax credit, necessitavano di un intervento riformatore teso a evitare comprovati sprechi, a moralizzare il settore ed evitare abusi tenendo presente che si tratta di risorse pubbliche. Ci sono oltre 200 film che sono stati finanziati ma mai resi fruibili al pubblico. Nel 2017, l’ammontare del fondo era di 400 milioni di euro, nel 2022 il fondo aveva raggiunto la cifra di 858 milioni di euro… non c’è stato nessun taglio, se non quello dettato da politiche di bilancio generali che hanno toccato tutti i ministeri”.
Grippo ha domandato ieri: “Ministro, sono mesi che parliamo del tax credit e di come il Governo intende riformularlo. Ahimè, ne parliamo leggendo i giornali, vedendo riunioni, non nelle sedi istituzionali. Invece, ci sarebbe piaciuto poter dare un contributo e vedere l’evoluzione e le bozze di quello che arriva. Quello che arriva, però, ci preoccupa non poco. Da una parte, perché si tagliano 130 milioni di contributi automatici, il 47 per cento sugli anni precedenti, da ciò che ci è dato sapere, e speriamo che lei ci conforti in senso opposto. Inoltre, ci viene segnalato, a differenza di quanto hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto (Grippo si riferisce alla deputata di Forza Italia Patrizia Marrocco, n.d.r.), dal settore produttivo che questa crisi nel ritardo di attuazione delle misure di sostegno pubblico sta rallentando moltissimo le produzioni e, inoltre, che ci sarà un aspetto totalmente discrezionale nella valutazione dei contributi erogati. Vogliamo sapere da lei quanto di questo quadro sia vero e cosa intende fare”.
La replica di Valentina Grippo (Azione) alla risposta del Ministro Gennaro Sangiuliano alla sua interrogazione sul Tax Credit
La replica di Grippo non ha evidenziato – ovviamente – soddisfazione: “Ministro, ci ha confermato che verrà tagliato l’investimento sul cinema, quindi siamo preoccupati. Siamo anche preoccupati dal suo impianto, che è del tutto diverso dal nostro. Noi non riteniamo che un Ministro della Cultura debba moralizzare, né decidere la linea editoriale degli investimenti privati in ambito audiovisivo. Mentre noi decidiamo di finanziare solo alcuni film, togliamo l’automatismo inserito dal Ministro Franceschini e lo subordiniamo alla valutazione di una fantomatica commissione, la Spagna decide di aumentare l’investimento cercando di diventare l’hub europeo dell’audiovisivo, l’Arabia Saudita costruisce Neom per farci film, Dublino diventa la capitale dell’innovazione e tantissime altre capitali europee decidono di investire sull’audiovisivo… L’Italia, che ha Cinecittà, che ha i più grandi studios e che ha una tradizione di cinema invidiabile a tutti, diventa il fanalino di coda. Lo diventa perché noi non diamo l’unica cosa che chi investe nel cinema vuole: possibilità di pianificare, risposte automatiche e celeri, semplificazione. Questo deve fare un Ministero, non deve decidere quale film è bello e quale film è brutto; quello lo decidono i produttori, lo decidono i registi, lo decide l’industria. Il Ministero faccia il suo lavoro, che è già sufficientemente difficile”.
Senza dubbio, il “taglio” al Fondo Cinema e Audiovisivo è stato contenuto, anche se si tratta di pur sempre 50 milioni di euro in meno, nel 2024, rispetto al 2023, ma la riduzione del “tax credit” è comunque consistente, perché si passa dai 541 milioni di euro del 2023 ai 412 milioni del 2024, con un inequivocabile -129 milioni di euro (si tratta di quella riduzione di un quarto già segnalata)..
Va anche osservato che questa “ripartizione” del Fondo Cinema e Audiovisivo andrebbe analizzata meglio, perché non è ben chiaro se i “consuntivi” per l’anno 2023 siano coerenti con i “preventivi” per lo stesso anno: la ripartizione per l’anno 2024 (sottoposta in gran fretta al Consiglio Superiore del Cinema e Audiovisivo – presieduto dall’avvocato Francesca Assumma – il 3 aprile 2024) ha infatti messo a confronto la colonna “preventivo” 2023 con la colonna “preventivo” 2024. Ma siamo sicuri che il consuntivo per l’anno 2023 sia stato coerente con la previsione dello stesso anno???
Validazione dei dati a parte (questione delicata che merita essere approfondita), il Ministro Sangiuliano, nell’esercizio della sua discrezionalità nella definizione della “politica culturale” nazionale, ha comunque deciso di assegnare una notevole quantità di risorse a favore degli aiuti “selettivi”, che richiedono una valutazione da parte delle commissioni di esperti…
I decreti “tax credit” ed i decreti “selettivi” vedranno la luce prima dell’inizio di agosto?!
Sarebbe assolutamente auspicabile, per (ri)dare un minimo di certezza giuridica al settore, che è in “sospensione” ormai da un anno.
Lo stesso Direttore della Mostra del Cinema di Venezia, Alberto Barbera, in occasione della presentazione del programma dei titoli della edizione n° 81 del festival, avvenuta ieri l’altro martedì 23 luglio, ha detto: “si è continuato a produrre, spesso anche molto e non sempre alla quantità è corrisposta la qualità, ma bisognerà vedere cosa accadrà il prossimo anno, se non si sblocca il tax credit. Perché il sostegno pubblico è necessario”.
Nelle more, silenzio assoluto da parte delle associazioni, sia degli autori sia degli imprenditori, sia delle varie categorie professionali del settore: un silenzio per alcuni aspetti surreale.
Ed Antonietta De Lillo va al Festival di Venezia con il suo film-denuncia “L’Occhio della Gallina”…
Forse la settimana prossima (da lunedì 29 luglio a venerdì 2 agosto), ci saranno varie “sorprese”: alcuni prevedono che i decreti usciranno tutti assieme… c’è chi prevede usciranno soltanto i decreti per il “tax credit” e quello per le commissioni… ma ormai anche gli scommettitori sono veramente esausti.
Nelle more, merita essere segnalata un’iniziativa che si pone come operazione creativa ed al tempo stesso giuridica, artistica e politica: martedì sera è stato presentato a Roma – ma in una proiezione di cortesia, riservata a pochi amici ed altri eletti – il film di Antonietta De Lillo intitolato “L’Occhio della Gallina”, che merita attenzione, perché si pone come opera di denuncia delle storture del sistema di sostegno del cinema e dell’audiovisivo in Italia.
Una premessa: chi redige queste note non ha visto il film (e comunque, anche se lo avesse visto, non lo andrebbe a recensire, dato che è classificato come in “embargo” fino alla proiezione a Venezia il 2 settembre prossimo, nell’ambito delle “Giornate degli Autori”), e quindi non andrà qui ad esprimersi dal punto di vista “estetologico”.
Quel che qui si ritiene opportuno segnalare è l’iniziativa in sé: una autrice, una regista, che ritiene lesi i propri diritti, come cittadina nei confronti del “sistema” – così inteso come apparato normativo e regolamentativo che definisce i criteri di sostegno pubblico al cinema e l’audiovisivo – indossa le vesti del “resistente”, di colui/colei che non si adatta alle “regole” del sistema. L’invocazione e la speranza è quella di sempre, incarnata da Bertold Brecht: “ci sarà un giudice a Berlino…”.
Non sappiamo se “L’Occhio della Gallina” si rivelerà semplicemente una operazione autobiografica narcisistica (il rischio è certamente latente)… non sappiamo se il film mette sul banco degli accusati alcune specifiche persone (dirigenti del Ministero della Cultura piuttosto che dell’Istituto Luce ovvero Cinecittà?) o se le accuse saranno generali e generiche (al “sistema” – anzi “il Sistema” – inteso tout-court?!)… ma riteniamo che si tratti comunque – quale che sia l’esito estetico – di una operazione interessante, provocatoria, coraggiosa…
Una operazione politica, ovvero di politica culturale.
Quel che Antonietta De Lillo annuncia è stimolante ed intrigante, ma anche – al tempo stesso – deprimente e preoccupante: secondo la sua tesi… chi si mette “contro” le regole del sistema corre il rischio di vedersi emarginato, anzi completamente tagliato fuori.
Tutto da studiare, questo territorio incerto, di cui quasi nessuno scrive, di cui qualcuno parla ma sussurrando, con il sempre latente timore di ritorsioni…
Questa la sinossi del film: “‘L’Occhio della gallina’ è l’autoritratto cinematografico della regista Antonietta De Lillo, relegata ai margini dell’industria cinematografica dopo un contenzioso giudiziario legato alla distribuzione del suo film di maggior successo, che avrebbe potuto consacrarla al grande pubblico. Il racconto della vita pubblica e privata della protagonista, attraverso interviste, ricostruzioni e archivi personali, cinematografici e televisivi, mostra le difficoltà di chi va controcorrente e la creatività e la resistenza necessarie a reinventarsi con i mezzi a propria disposizione. Il film è un racconto che suggerisce metodi per superare l’isolamento celebrando il cinema nel suo ruolo comunitario, culturale e politico”.
Si legge nelle note di regia del film: “La strada scorre veloce dietro di me, poi il buio. Guidavo il motorino quando un ufficiale giudiziario mi investì con la sua auto. Avevo 23 anni. È stato in quel momento che la mia storia con il cinema e con la giustizia è iniziata. Pensai che dai soldi dell’assicurazione avrei potuto fare un film e, insieme al mio compagno dell’epoca (Giorgio Magliulo, n.d.r.), decidemmo di organizzarlo. In realtà il risarcimento non arrivò mai, ma riuscimmo lo stesso a realizzare nel 1985 il nostro primo lungometraggio (si tratta di “Una casa in bilico”, n.d.r.), esordio felice, premio speciale ai Nastri d’Argento e candidato ai David di Donatello e ai Nastri d’Argento come migliore opera prima. Così è cominciata la mia carriera come regista e produttrice, caratterizzata dalla creazione di film liberi e indipendenti, ma con l’inizio del nuovo millennio è cambiato tutto. Mi sono trovata in un mondo per me completamente alieno e da allora, per tutto questo tempo, ho avuto una sola frase in testa, suggeritami da un’amica per me molto cara: Non fermarti mai!”.
Così De Lillo descrive il suo nuovo film: “‘L’Occhio della Gallina’ vive dell’emozione di trovarmi dall’altra parte della telecamera per la prima volta nella mia carriera. La narrazione è in bilico tra memoria e presente, realtà e immaginario, per questo ho scelto un linguaggio ibrido tra finzione e cinema del reale. La forma cinematografica dell’autoritratto mi permette di porre l’emotività in primo piano, anche rispetto ai fatti, seppur violenti e unici nel panorama cinematografico, che hanno caratterizzato i miei ultimi vent’anni di carriera. La particolarità del film è da una parte la ricostruzione delle tappe più importanti di una lunga battaglia giudiziaria che si è svolta dentro e fuori le aule del tribunale, dall’altra la forza di un racconto dal vero, che non è una storia chiusa ma ancora in divenire, dove tutto ancora sta accadendo e può accadere, davanti allo sguardo dello spettatore”.
“La cultura finisce in Tribunale”?! Una cronistoria giudiziaria, dal 2005 al 2024 (vent’anni!)
Questa la ricostruzione proposta dalla regista: nel 1995, Antonietta De Lillo opziona i diritti del romanzo “Il Resto di Niente” di Enzo Striano. Nonostante un finanziamento pubblico di 5,5 miliardi di lire (una somma non indifferente, anche per l’epoca). Le riprese del film omonimo iniziano solo nel 2002. Presentato alla Mostra di Venezia nel 2004, “Il Resto di Niente” esce in sala in sole 20 copie, la metà pattuita, senza pubblicità. Nel 2005, la regista cita per cattiva distribuzione la produzione, i distributori e l’Istituto Luce, che a sua volta la cita per diffamazione. Nel 2013, la causa per cattiva distribuzione viene respinta. Il Tribunale Civile di Roma rigetta anche la richiesta di risarcimento danni da parte dell’Istituto Luce. L’Istituto Luce non si ferma e va in appello. Nel 2016, la Corte d’Appello di Roma rigetta anche in secondo grado la richiesta di risarcimento danni per diffamazione da parte dell’Istituto Luce.
La regista è finalmente libera dall’incubo di una “spada di Damocle” da 250.000 euro, che da 10 anni pendeva sulla sua testa. Nel 2010, il contenzioso si allarga al Ministero della Cultura, e, nello stesso anno, il nuovo lungometraggio di De Lillo prodotto da marechiarofilm, “Morta di Soap”, viene rinviato inspiegabilmente nonostante abbia ottenuto un punteggio sufficiente per il finanziamento.
Sulla mancata valutazione di “Morta di Soap”, 9 sentenze (3 del Tar e 6 del Consiglio di Stato), di cui 1 sola in favore del Ministero della Cultura, annullata in secondo grado dal Consiglio di Stato
Incredibile ma vero: sulla mancata valutazione del film “Morta di Soap” ci sono state, ad oggi, 9 sentenze, 3 del Tar e 6 del Consiglio di Stato, di cui 1 soltanto in favore del Ministero, annullata in secondo grado dal Consiglio di Stato.
Nel dicembre 2023, il Ministero applica l’ennesima sentenza a favore della marechiarofilm e concede un contributo di 500.000 euro…
Nel febbraio 2024, la società è costretta a iniziare un nuovo ricorso poiché il finanziamento concesso è stato assegnato a una sceneggiatura e a un cast artistico cristallizzato a 14 anni fa (quattordici anni!) e sul la base di una legge “in disuso” dal 2016 (in effetti, la “Legge Franceschini” è entrata in vigore a fine 2016 ed operativa dal 2017)…
Conclude Antonietta De Lillo: “la mia è una storia di ordinaria ingiustizia, ma non ho mai smesso di desiderare che si possa trasformare in una storia di straordinaria giustizia”.
Non possiamo “a priori” sposare la causa di De Lillo, attendiamo di vedere il film, e naturalmente – come suol dirsi – attendiamo l’esito dell’ennesima puntata della sua battaglia giudiziaria.
Eppure va segnalato che non soltanto Antonietta De Lillo ha imbracciato le armi del ricorso al Tribunale Amministrativo e/o del Consiglio di Stato: ci sono altri “casi” che meritano attenzione, che hanno visto “il cittadino” vincente contro “il Sistema”.
Basti citare il caso – sul quale torneremo – di Marco Filiberti e del suo film “Parsifal” del 2021…
Cittadino “versus” Stato?! Cittadino vincente e Pubblica Amministrazione perdente.
Si tratta di casi isolati, o semplicemente di iniziative di persone che non si sono date… per vinte, a fronte di uno Stato… burocratico prevaricatore?!
Le nuove regole annunciate dal Ministro Gennaro Sangiuliano e dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni ridurranno anche il rischio di queste derive, rendendo il sistema più trasparente e meritocratico?!
Attendiamo di leggere i mitici decreti…
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.